Capgemini: così il mondo connesso ha cambiato il prodotto assicurativo

Mobilità e tecnologia indossabile sono i paradigmi che hanno dato vita a una rivoluzione nel mercato delle assicurazioni. I risultati della ricerca condotta con il CeTIF

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Spesso si parla di mobilità e tecnologie indossabili come strumenti dedicati quasi interamente a un ambito consumer. Eppure il successo negli anni del BYOD ha posto un’evidenza fondamentale: il confine tra tech enterprise e di consumo è sempre più labile, totalmente assente in alcuni casi. Capita quindi che soggetti immersi da sempre nel mondo dell’innovazione, abbiano accolto le sfide della modernità per dare vita a contesti comunicativi originali e del tutto inaspettati. Da questa premessa è partita un’interessante ricerca condotta da Capgemini e CeTIF, volta a studiare in che modo le nuove tecnologie hanno impattato su un contesto particolare come quello delle assicurazioni. Per studiare i trend, i due promotori hanno fondato un “Insurance Innovation Center”, un osservatorio che mira a promuovere l’innovazione in ambito assicurativo, supportando le compagnie interessate, sia in termini strategici che operativi. L’analisi ha interessato un campione di dodici compagnie che rappresentano più del 50% del totale della raccolta premi in Italia.

Capire oggi per accogliere il domani

“Che il mondo delle assicurazioni sia cambiato è chiaro. Quello che abbiamo voluto fare, come Capgemini Italia, è stato capire in che direzione si stava muovendo e come avesse integrato le novità tecnologiche sia dal lato della proposta che della fruizione – spiega Raffaele Guerra, Senior Vice President, Insurance Practice Leader di Capgemini Italia – il nostro compito non è stato solo quello di disegnare un panorama di ciò che il mondo assicurativo è oggi, ma anche creare un gruppo di lavoro che punti a migliorare il settore di riferimento, integrando soluzioni all’avanguardia”.

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Mondo connesso

È evidente che se gran parte delle attenzioni di chi produce tecnologia (hardware e software) va alle tecnologie indossabili, chi offre servizi punterà sempre più a soddisfare alcuni bisogni utilizzando le piattaforme più in voga tra gli utenti. Un esempio concreto di quanto i wearable abbiano cambiato il modo che ci circonda ci viene dato da Michele Inglese, Principal Consultant di Capgemini Italia: “Molti forecast ci dicono che nel 2020 avremo 20 miliardi di oggetti connessi al mondo ma il dato interessante è quello che riguarda i tempi odierni: nel 2015 avevamo più di 8 miliardi di dispositivi connessi, con una crescita annuale di oltre 3 miliardi. Questo vuol dire che nei prossimi 5 anni il 33% delle persone indosserà almeno un oggetto connesso rispetto all’attuale 13%”.

Il concetto di cambiamento non è assolutamente estraneo al mondo assicurativo. “Negli USA ci sono già i primi esempi che mostrano come i soggetti assicurativi sfruttino gli oggetti connessi per migliorare l’offerta ai loro clienti. Qualche esempio? Humana ha piazzato nelle case di alcuni tester delle telecamere che controllano quello che ingeriscono, così da modellare l’offerta assicurativa su tipologie diverse di clienti. Oppure le società che erogano energia, che hanno cominciato a sfruttare la domotica per analizzare il consumo energetico di una famiglia, così da proporre canoni adatti a stili di vita differenti.

capgemini e cetif

Il modello di business

L’evidenza dei dati presentati dalla ricerca ha posto un quesito fondamentale: come cambia il modello di business alla luce dei nuovi strumenti di monitoraggio? “Sono emersi una serie di archetipi che spiegano in che modo le aziende ripensano i loro prodotti e stringono accordi per mettere in piedi una proposta che soddisfi vecchie necessità ma sulla base di nuove metodologie di raccolta – continua Paolo Gatelli, Senior Research Manager CeTIF –. E’ la conseguenza dell’adozione dell’IoT, che spinge le imprese assicuratrici a tessere rapporti con altri produttori, allungando sia le scelte strategiche che la catena di valore”.

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Gli archetipi

Capgemini e CeTIF hanno dunque individuato tre archetipi ben precisi, definiti in: Fabbrica Prodotto, Partnership e Full Liner. Il primo prevede che la compagnia offra esclusivamente il supporto assicurativo, lasciando che soggetti terzi si occupino di realizzare e commercializzare la componente tecnologica (wearable, black box, white box). Il modello partnership si basa sulla collaborazione tra l’assicuratrice e la società operante in settori diversi, con cui definisce la soluzione e stila le strategie commerciali e distributive. L’ultimo cluster, quello dei Full Liner include compagnie che gestiscono per intero i canali di progettazione, realizzazione e distribuzione, con prodotti in-house.

Sentiment italiano

Come da premessa, la ricerca di Capgemini e CeTIF non parla solo di tendenze universali ma della reale situazione italiana, almeno di quella vissuta dalle compagnie assicuratrici intervistate. La presentazione dei risultati è dunque l’occasione migliore per capire in che modo i principali player attivi in Italia pensano di adottare la “disruption” dell’IoT all’interno del loro business. Da Generali Business Solution ad Assimoco, Zurich Insurance Company PLC, Allianz e Aviva, il pensiero è che l’Internet delle Cose rappresenti ancora un punto interrogativo, non solo nel mondo delle assicurazioni ma in quello più generale della fornitura dei servizi. Ciò comporta un dubbio sistemico non da poco, vista l’assenza di linee guida comprovate e della comprensione che per cambiare l’assetto attuale bisogna scommettere sull’innovazione, magari senza ottenere risultati al primo colpo ma incentivando un’incoscienza positiva, senza la quale il business assicurativo rischia di rimanere arroccato a formule appartenenti oramai al passato.