Primo trapianto di mandibola artificiale in Italia, a Padova

L’intervento è stato effettuato dai chirurghi dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Padova su un paziente affetto da osteonecrosi

Il trapianto ha messo fine a alla continua serie di infezioni che avevano danneggiato le capacità funzionali del malato, causandogli fortissimi dolori. Un calvario che è terminato grazie all’intervento, della durata di 4 ore, eseguito da chirurghi e ingegneri medici della divisione di Chirurgia maxillo-facciale diretta da Giuseppe Ferronato.

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Come si realizza la protesi

Al paziente è stata inserita una mandibola artificiale in titanio del peso di 26 grammi, che è andata a sostituire la parte di volto compromessa dalla malattia, compresi il mento e il condilo, fondamentali per masticare e articolare le parole.

La protesi è il risultato del lavoro di un team di bio-ingegneri di un’azienda italiana, leader nel settore della ricerca e della produzione di device medici. Si è partiti dall’elaborazione al computer, poi dal calco si è creata la protesi attraverso un modello virtuale in 3D della mandibola, con la tecnica del mirroring: è stato specchiato il lato sano sulla mandibola mancante e ricostruita la forma finale.

Infine un raggio laser ha fuso per strati la polvere di titanio creando la protesi pronta per essere impiantata.

Ridotte le possibilità di rigetto

Tra i vantaggi di questa mandibola artificiale c’è anche la riduzione del rischio di complicanze e di possibilità di rigetto. Il paziente tollera così bene la nuova protesi che può alimentarsi da solo già il giorno dopo l’operazione.

«Il paziente ora può masticare, parlare, respirare e deglutire normalmente e soprattutto non ha più dolori. È tornato a una normalità di vita», si legge nella nota.

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«Le nuove protesi progettate – spiega il professor Giuseppe Ferronato – hanno dimostrato anche una buona resistenza al trattamento chemio-radioterapico e potrebbero essere utilizzate nella cura dei tumori maligni del cavo orale aprendo così la strada ai pazienti oncologici critici che non sopporterebbero altrimenti interventi ricostruttivi complessi».