Responsabili IT disposti a correre rischi legati alla sicurezza dei dati per garantire la business mobility

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VMware annuncia i risultati di un nuovo studio realizzato dalla società di ricerche di mercato Vanson Bourne che rivela che quasi la metà dei responsabili IT in Italia (46 per cento) è disposta a correre rischi legati alla sicurezza dei dati della propria organizzazione per garantire la business mobility.

Più della metà (54 per cento) ammette che i vantaggi di un business mobile superano i potenziali problemi di sicurezza, come ad esempio una violazione dei dati.

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In un momento in cui le imprese sono chiamate a innovare e cambiare i propri processi di lavoro con sempre più urgenza, i risultati dello studio commissionato da VMware mostrano che, per il 66 per cento della comunità IT in Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA) sono i dipendenti a spingere per una maggiore mobilità, un dato che in Italia si ferma al 55 per cento. Circa un terzo degli intervistati (29 per cento in EMEA, 32 per cento in Italia) ritiene che una mancanza di mobile working freni la produttività. Soddisfare la domanda di mobilità significa, naturalmente, rendere il personale più agile possibile, ma le organizzazioni hanno bisogno di trovare un modo per fare questo, al tempo stesso mantenendo il controllo dei processi di sicurezza.

La pressione per aumentare la produttività si fa sentire a tutti i livelli. Secondo la ricerca, quasi un quarto (22 per cento) dei dipendenti bypassa frequentemente le policy aziendali relative alla mobility per essere più produttivi. Una percentuale che nel nostro Paese raggiunge il 28 per cento.

Il 35 per cento dei responsabili IT in EMEA e ben il 44 per cento in Italia ha dichiarato di ricevere pressione dai C-level per accedere ai dati aziendali dai propri dispositivi mobili, anche quando questo accesso va contro le politiche aziendali. Il concedere l’accesso è al centro della questione: alla domanda “Perché la vostra organizzazione non adotta il BYOD o il CYOD”, il 42 per cento degli intervistati in EMEA e il 43 per cento in Italia ha risposto di essere preoccupato che vi sia un rischio aggiuntivo per la sicurezza aziendale, con più di un terzo (35 per cento in EMEA, 33 per cento in Italia) che considera il BYOD il rischio maggiore per un attacco informatico.

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“In poche parole, non ci può essere trasformazione digitale senza mobility. Ciò significa che le organizzazioni sono sempre più sotto pressione per innovare e stanno correndo dei rischi a breve termine in materia di sicurezza, al fine di rendere il personale e le operazioni più agili possibile”, ha commentato Ian Evans, Vice President End User Computing EMEA & Managing Director, AirWatch EMEA di VMware. “La buona notizia è che ci non deve essere un compromesso tra mobilità e la sicurezza, ma devono coesistere. Con un’architettura software-defined, la sicurezza può essere incorporata nell’applicazione, all’interno della rete, a livello di utente e di contenuto. Questo significa che le organizzazioni possono adottare un digital workspace sicuro, consentendo agli utenti di accedere ai dati di cui hanno bisogno, secondo il proprio ruolo, su qualsiasi dispositivo, in modo che le aziende possano lavorare in mobilità, senza compromettere la sicurezza.”

I dipendenti stessi ammettono che non sono altrettanto rigorosi nel proteggere i dati aziendali sui propri dispositivi quanto i dati personali. Un terzo (33 per cento) degli intervistati ha dichiarato di avere una maggiore cura nel proteggere i dati sul proprio dispositivo personale rispetto alle informazioni su quello aziendale. Quando si tratta di lavoro mobile, solo il 44 per cento dei dipendenti è a conoscenza delle policy per la mobility che la propria organizzazione ha in atto, con la conseguenza che più della metà non è neanche consapevole di una eventuale violazione.

“Con le sue innovative tecnologie di gestione di telefonia mobile, VMware dà ai dipendenti la possibilità di accedere ai dati aziendali necessari per svolgere il proprio lavoro da qualsiasi dispositivo, mentre il team IT ha una supervisione completa e il controllo di chi ha accesso a quali applicazioni, senza bisogno di scendere a compromessi per una vera business mobility”. Conclude Evans.

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