Verso l’azienda liquida

A qualcuno sembrerà presuntuoso, ma siamo bravi a fare cose difficili. Abbiamo 17 centri di R&D, investiamo una quota importante del nostro fatturato in attività di ricerca. Siamo una multinazionale a tutti gli effetti con headquarter a Milano. Il nostro elemento differenziante sono i cavi ad alto contenuto tecnologico, quelli dove non basta un filo di rame e una guaina isolante a fare il prodotto.

 

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Parliamo di cavi in grado di sopportare tensioni da 625mila volt, di cavi submariner che connettono parchi eolici offshore del Mare del Nord alle coste tedesche. Sui nostri cavi a fibra ottica viaggiano i dati dei più grandi ISP e telco internazionali. In un’azienda con le caratteristiche di Prysmian, all’IT viene richiesto di giocare diversi ruoli. Nell’area delle commodity per esempio, la vera sfida è vincere la competizione nella logica dei servizi. Uno dei temi su cui i CIO dovrebbero focalizzare l’attenzione è proprio la servitization, favorendo l’evoluzione del modello di business di aziende tradizionali. Come azienda manufacturing la nostra anima è la produzione. Velocità e disponibilità delle informazioni sono elementi chiave. Il CIO di una azienda manifatturiera non deve dimenticare la centralità del prodotto, ma deve muoversi come il CIO di un’azienda di largo consumo, e pensare all’installatore come se fosse il suo consumer. Io credo molto nella trasformazione digitale come un’occasione per fare un salto in avanti sia a livello di singola impresa sia a livello di sistema Paese.

In azienda siamo impegnati su diversi fronti. Per l’automazione degli inventari di magazzino stiamo lavorando sull’ipotesi di utilizzo di droni. La realtà aumentata ci permetterà di migliorare i processi di formazione e di assistenza remota in fabbrica. E per le attività di progettazione, stiamo valutando l’integrazione di stampanti 3D per lo sviluppo di connettori di rete. I chatbot ci permettono di sperimentare le potenzialità dell’intelligenza artificiale e del cognitive computing per raggiungere in modo mirato segmenti specifici della domanda. Cloud, IoT e Big Data ci daranno la possibilità di trasformare i nostri cavi in una grande piattaforma attiva per l’erogazione di un universo di nuove applicazioni tutte ancora da pensare. Anche l’integrazione dei nuovi processi gestionali, in seguito alle acquisizioni, dovrebbe essere “trasformata” con un approccio più agile. E per questo stiamo lavorando a un “integration kit” in grado di integrare nuove realtà industriali con poche azioni mirate, dando al tempo stesso una risposta di agilità alle nostre operations. Non possiamo più permetterci di impiegare due anni per l’armonizzazione dei sistemi. Nello stabilimento di Calais in Francia, abbiamo lanciato il primo progetto pilota di Industry 4.0 con l’obiettivo di assicurare la piena tracciabilità delle attività produttive e dei materiali impiegati, gestendo al contempo gli eventi che potrebbero pregiudicare i processi produttivi e fornendo in tempo reale tutte le informazioni rilevanti necessarie a identificare le cause a monte e le possibili soluzioni. Quello che mi piace dell’approccio “agile” è che il successo non arriva al primo tentativo, ma è il risultato di un intenso lavoro di adeguamento, esattamente il contrario di quello che accade con metodologie tradizionali.

Il CIO del futuro farà accettare alle aziende di successo la cultura positiva del learning-by-doing.

La generazione prima di noi ha costruito i mainfraime in camice bianco. Sull’onda dell’anno Duemila e dell’euro, abbiamo vissuto il sogno dei grandi progetti ERP guidati dall’idea che le best practices fossero la risposta a ogni problema. Oggi, il concetto di IT ha molti significati. L’IT è service provider, business partner e anche digital leader. Il CIO tradizionale è un panda o un dinosauro destinato a scomparire nei prossimi dieci anni. Probabilmente, l’organizzazione IT si spezzerà in due, con una parte di mantenimento dell’infrastruttura che potrà essere assorbita dai system integrator alla ricerca di nuove aree di business, e una parte di innovazione che evolverà verso un ruolo di scouting di startup e orchestratore delle funzioni aziendali. Le organizzazioni diventeranno sempre più liquide e i CIO dovranno essere come l’acqua: essenziali per la sopravvivenza e in grado di cambiare forma per adattarsi al cambiamento.

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Stefano Brandinali, group CIO di Prysmian Group