Perché Twitter rischia una multa per violazione del GDPR

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Il microblog avrebbe utilizzato il servizio per accorciare gli URL, t.co, per tracciare gli utenti in giro per la rete. Ecco cosa sappiamo

Gli utilizzatori di Twitter sanno quanto sforza si faccia per comprimere lunghe idee in pochi caratteri. Seppur il limite sia raddoppiato qualche mese fa, e il caricamento di foto e video escluso dal conteggio totale, resta ancora la necessità di risparmiare battute, con tutti gli stratagemmi possibili.

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Uno di questi viene abilitato dallo stesso Twitter e riguarda il servizio t.co. Con tale piattaforma, il microblog permette di accorciare gli indirizzi web postati per limitare lo spazio e sfruttare il resto per il proprio pensiero. Lo stesso t.co però è adesso sotto inchiesta da parte della commissione irlandese del GDPR per il dubbio che l’opzione abbia tracciato gli utenti in giro per la rete senza averlo mai comunicato.

Cosa succede

Tutto è partito dal ricercatore Michael Veale, che aveva sospettato sul fatto che Twitter potesse ottenere maggiori informazioni quando le persone cliccano sui collegamenti accorciati tramite t.co, monitorando i loro indirizzi IP e i dispositivi utilizzati. In base al nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, si tratta di una violazione che potrebbe fare da esempio come pratica da delegittimare e vietare.

A questo punto, la Irish Data Privacy Commissioner, che si occupa del GDPR in Europa, ha chiesto formalmente a Twitter di concedere informazioni ulteriori sul funzionamento dell’abbreviatore di URL, ma pare che il social non abbia ancora risposto. Se non lo farà nei tempi prestabiliti dai regolatori, la multinazionale statunitense rischia una multa pari al 4% delle sue entrate globali annuali, ovvero circa 20 milioni di euro.

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