Negli Stati Uniti non è più illegale accedere e modificare il firmware di smartphone e tablet per correggere errori e migliorare l’esperienza
Un passo verso la libertà. Così le associazioni che hanno spinto per l’approvazione della norma del “diritto di riparazione” considerano la decisione presa dallo US Library of Congress e dal Copyright Office. I due organi hanno emesso nuove regole che rendono del tutto legale per i consumatori e le terze parti aggirare i programmi di gestione dei diritti digitali (DRM) o i firmware installati sui dispositivi hi-tech, per caricarne dei personalizzati con il fine di correggere errori e malfunzionamenti. Fino ad ora, esistevano a bordo dei software protezioni legate al singolo hardware, ora ampliate per consentire a smartphone, tablet, IoT, persino agli elettrodomestici, di beneficiare di versioni dei sistemi operativi non ufficiali.
Problema sicurezza
Stando agli organi competenti, ogni consumatore ha il “diritto” di accedere a tutto ciò che vuole a bordo del prodotto che ha acquistato se ha lo scopo di migliorarlo. Ciò non vuol dire che le compagnie renderanno più semplice valicare le difesa dei propri software, anzi. È probabile che queste diventino ancora più forti, per proteggere i meno avvezzi da eventuali problemi di sicurezza. Ad esempio, nel panorama iOS e Android, per cambiare firmware c’è bisogno di eludere le difese imposte da Apple e dai singoli OEM che adottano l’OS di Google.
Questo implica un abbassamento della soglia di attenzione da parte dei controlli automatici e dunque il rischio che si apra la strada ad hacker e cybercriminali. Serve, come al solito, una corretta educazione in materia, per rendere il “right to repair” un bene per la massa e non un boomerang per gli utenti.