Una nuova legge sulla sicurezza informatica spaventa la Thailandia

Una nuova legge sulla sicurezza informatica spaventa la Thailandia

Secondo una norma appena varata, il governo può accedere ai dati e ai dispositivi dei cittadini, per motivi di sicurezza nazionale

Il governo della Thailandia, arrivato al potere attraverso un colpo di stato militare nel 2014, ha appena approvato una legge capace di allarmare gli attivisti per i diritti umani. Pensate per scopi di cybersecurity, la normativa, alquanto vaga, consente di sequestrare i dati e i dispositivi dei cittadini in caso di “emergenza nazionale”, che può significare tutto o niente. Tramite la norma, la polizia può monitorare il traffico Internet e le informazioni dei privati ​​senza un ordine del tribunale.

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Il progetto di legge è passato con 133 voti favorevoli e zero contrari, frutto però dell’assenza di 16 legislatori. Se un modus operandi del genere preoccuperebbe qualsiasi nazione, sapere che verrà messa in atto in Thailandia è anche peggio, vista la situazione ben poco democratica in cui si trova il paese.

Cosa succede

Basti pensare che un cittadino thailandese sta attualmente scontando 35 anni di carcere per aver criticato la famiglia reale sui social media. L’Asia Internet Coalition, un’alleanza di aziende tecnologiche tra cui Facebook, Google e Apple, ha già suonato il campanello d’allarme e Jeff Paine, amministratore delegato del gruppo, ha affermato che “è profondamente deluso dal fatto che l’assemblea nazionale thailandese abbia votato a favore di una legge sulla sicurezza informatica che si basa su un programma generico, anziché salvaguardare i residenti dai veri rischi del digitale.

“Proteggere la sicurezza online è una priorità assoluta, tuttavia, l’ambito indefinito dalla legge, il linguaggio vago e la mancanza di salvaguardie, sollevano seri problemi di privacy sia per le persone che per le imprese, in particolare nel merito delle disposizioni che permettono alle autorità di cercare e sequestrare dati e apparecchiature elettroniche senza un’adeguata supervisione. Ciò darebbe al regime ampi poteri in nome di un’emergenza preventiva, potenzialmente contro ogni riservatezza” – ha spiegato Paine. È difficile immaginare che la Thailandia possa cambiare idea ma gli attivisti si appellano al diritto internazionale per far valere le ragioni del pensiero democratico.

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