COVID-19: per uscire dalla crisi mettere al centro della Fase 2 la Sostenibilità

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Il decalogo del Digital Transformation Institute

Quali sono le azioni da sviluppare nella Fase 2 dell’emergenza COVID-19 per essere efficaci e avere un senso? E come le tecnologie digitali potranno contribuire alla ri-costruzione del sistema economico e della società in ottica di sostenibilità? “Non servono solo analisi tecniche, provvedimenti coercitivi o norme stringenti. Serve mettere a valore quella cultura civica che i cittadini nella Fase 1 hanno dimostrato di avere e che mostra come l’attivazione individuale e la responsabilità che viene dalla consapevolezza rappresentano la condizione necessaria che consentirà a qualsiasi strategia futura di avere possibilità di successo”. Questa una possibile risposta contenuta nel documento Uscire dall’emergenza COVID-19: 10 elementi di riflessione per dare senso al cambiamento che ci attende, elaborato da Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute e consulente delle Nazioni Unite sui temi connessi allo sviluppo urbano sostenibile, ed Alberto Marinelli, Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza.

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“Dobbiamo tornare a parlare di futuro” sottolinea Stefano Epifani, che in questo periodo sta affiancando UN Habitat in America Latina nella gestione dell’emergenza Covid-19. “E questo vuol dire iniziare a parlare seriamente della Fase 2, e di come gestirla. Per questo come Istituto abbiamo voluto produrre questo manifesto, che si propone di fornire degli spunti di riflessione sui livelli di complessità che dovranno essere affrontati in questo momento storico. Nello sviluppo delle strategie che verranno non si può non considerare il ruolo della complessità e della multidimensionalità del problema, oltre che la necessità di guardarlo nella sua dimensione di rete. Serviranno strumenti di analisi complessi, rispetto ai quali il ricorso alle tecnologie andrà fatto in un’ottica di sostenibilità per evitare che – come è successo come il contact tracing – ci si riduca ad un confronto focalizzato su tutela della salute pubblica contro privacy, che è un modo sbagliato di impostare e porre il tema, che impedisce di porlo nel modo corretto e, di conseguenza, di identificare soluzioni adatte a gestirlo. Dobbiamo sempre tener presente la sostenibilità digitale come guida nella gestione di questo tipo di tematiche, nelle quali la tecnologia diventa un abilitatore di percorsi di sostenibilità economica e sociale”.

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App contact tracing sì o no?

In questi giorni il dibattito è molto orientato a questo: app sì o no e soprattutto con quali tutele e con quale sicurezza per chi la installerà. Ma sin dal primo punto del documento redatto dal DTI si legge che “L’uso delle tecnologie di contact tracing, da solo, non è la risposta. Il contact tracing è piuttosto uno strumento per avviare una strategia differenziata che tenga conto delle numerose variabili che devono essere considerate in maniera coordinata per affrontare la Fase 2”.

Contact tracing non come unica risposta tecnologica al contenimento del virus, e soprattutto necessità per i cittadini di acquisire consapevolezza in merito al funzionamento dell’app e soprattutto all’uso che si farà dei dati raccolti. “Nella Fase 2 in cui stiamo entrando – spiega Alberto Marinelli – dobbiamo mettere a valore quella cultura civica che i cittadini in grande parte nella Fase 1 hanno dimostrato di possedere. L’adesione su base volontaria ai sistemi di contact tracing, che potranno consentire quei livelli di libertà percepiti ora come indispensabili dopo 50 giorni di lockdown, potrà riguardare una quota rilevante della popolazione solo se sarà sostenuta da un’attivazione consapevole e responsabile dei singoli cittadini. La gestione di situazioni oggettivamente complesse richiede un sforzo di intelligenza distribuita, che fa perno sulla partecipazione individuale e sul senso civico”.

Quale la strada da percorrere fin da adesso?

La costruzione di una Fase 2, secondo quanto riportato nel documento, non può essere figlia di valutazioni che siano fatte solo in uno degli ambiti di riferimento del problema, visto che gli approcci esclusivamente epidemiologici cozzano con quelli econometrici, che a loro volta – se considerati con un approccio monadico – rischiano di escludere quelli che considerano le dinamiche sociali. Per questo è necessario sposare un modello diverso, multidimensionale, nel quale ognuno degli approcci succitati rappresenti la modalità di lettura di un sottosistema che interagisce con gli altri sulla base di regole che non sempre possono essere descritte esplicitamente, in quanto non sempre sono immediatamente visibili all’osservatore.

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Affrontare la complessità nel quadro della sostenibilità

Occorre “un argine alle demagogiche contrapposizioni esibite nelle rappresentazioni mediatiche, per passare ad una dimensione di ricostruzione di senso comprensibile e condivisa che parta dalla presa d’atto del fatto che ci troviamo di fronte ad una trasformazione sociale epocale”. Il documento sottolinea la necessità di “ridisegnare mobilità, lavoro, istruzione, turismo, tempo libero, occasioni collettive di svago e di cultura”, costruendo “modelli complessi, basati su approcci sociali, economici ed ambientali sostenibili che tengano insieme scelte economiche e loro impatto sociale ed ambientale, facendo ricorso alla sostenibilità digitale come strumento trasversale e abilitante”.

COVID-19 non è da considerarsi un “nemico da sconfiggere” quanto “una realtà con la quale convivere per un periodo di tempo che sarà presumibilmente lungo e che ridisegnerà il nostro modo di relazionarci e di vivere”. Una emergenza che, secondo il documento elaborato da Marinelli ed Epifani, dovrebbe evidenziare come “la configurazione complessa della società ci porrà sempre più frequentemente di fronte a sfide impreviste da gestire”. Sfide che non potranno essere gestite esclusivamente con approcci emergenziali, “con il rischio di agire nell’urgenza del momento e di mettere ogni volta in discussione le libertà individuali”. Sfide da affrontare e vincere utilizzando le tecnologie digitali nel quadro interpretativo della sostenibilità, declinata nei 17 obiettivi di Agenda 2030, che mai come in questo periodo hanno dimostrato di essere attuali e universalmente validi.