Alfabetizzazione Digitale dei vertici aziendali: requisito indispensabile per la crescita del business

Dallo studio di CA Technologies “Digital Literacy” emerge che all’interno delle aziende il potenziale innovativo delle tecnologie può essere vanificato da una scarsa consapevolezza, da parte del top management, del ruolo strategico dell’Information Technology

Il management aziendale deve saper cogliere il reale valore della tecnologia a supporto del business – lo afferma una recente ricerca intitolata ‘The Future Role of the CIO; Digital Literacy’ commissionata da CA Technologies, multinazionale specializzata nel settore del software per la gestione delle infrastrutture informatiche aziendali.

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Lo studio, condotto dalla società di analisi di mercato Vanson Bourne su un campione di 685 aziende in tutto il mondo, rivela che il 100% dei responsabili dei sistemi informativi intervistati in Italia ritiene che l’alfabetismo digitale del top management costituisca un requisito indispensabile per lo sviluppo e la crescita del business aziendale. Il ritardo di tipo culturale da parte della direzione aziendale – nel settore pubblico come nel privato – rispetto all’utilizzo strategico delle tecnologie informatiche può generare conseguenze importanti sul business: mancate opportunità di business, perdita di quote di mercato a fronte di una concorrenza più dinamica, disaffezione da parte dei clienti, scarsa reattività alle richieste del mercato e un time-to-market inadeguato.

Sebbene il top management dimostri una assoluta familiarità con i più sofisticati strumenti tecnologici, considerati ormai indispensabili nell’operatività quotidiana, dalla ricerca emerge che la capacità di intuire il potenziale innovativo dell’Information Technology per il business dell’impresa risulta ancora limitata.

L’utilizzo strategico delle soluzioni tecnologiche può contribuire a realizzare cambiamenti organizzativi significativi e migliorare i livelli di efficienza e produttività. Una sfida cruciale per il nostro Paese, come evidenziano recenti studi e statistiche, sia di carattere nazionale che internazionale.

Il “Global Competitiveness Index” (GDI), stilato dal World Economic Forum, considera il fattore “technological readiness” quale uno dei dodici pilastri alla base della competitività di ogni Paese. Secondo il GDI 2012-2013, l’Italia risulta essere quarantesima (su 144 nazioni) in termini di preparazione tecnologica, ovvero l’agilità con la quale l’economia è in grado di adottare le tecnologie esistenti per migliorare la produttività. Questo parametro consente di valutare la capacità di sfruttare le potenzialità offerte dall’Information and Communication Technology allo scopo di migliorare l’efficienza dei processi e liberare risorse da investire in progetti innovativi. Un altro dei parametri misurati dal GDI è il livello di assorbimento delle nuove tecnologie da parte delle imprese, in questa classifica l’Italia si posiziona al 104° posto.

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Lo studio condotto da CA Technologies evidenzia che il contributo delle nuove tecnologie ai cambiamenti auspicati trova molti ostacoli non solo finanziari, ma soprattutto di tipo culturale. Il potenziale innovativo delle tecnologie viene spesso vanificato da una serie di errate percezioni da parte del top management e dal mancato coinvolgimento dei responsabili informatici nella definizione delle strategie di business che nell’era della Digital Economy si intreccia in modo indissolubile con la disponibilità di soluzioni software, dispositivi mobili e reti tecnologicamente avanzate.

Il 47% dei responsabili dei sistemi informativi (Chief Information Officer – CIO) italiani intervistati ha dichiarato che i vertici aziendali non intuiscono il ruolo strategico dell’IT per sviluppare il business, migliorare l’efficienza dei processi e introdurre maggiore agilità e competitività in azienda.

Non sorprende quindi che, secondo quanto emerge dalle risposte fornite dagli intervistati, solo il 40% dei CIO che lavora in aziende italiane sia chiamato a partecipare alle decisioni del top management e conseguentemente a contribuire alla definizione del pensiero strategico digitale nel team dirigente.

Lo studio rivela che troppo spesso nell’organizzazione aziendale le figure dirigenziali destinate alla gestione dell’Information Technology vengono percepite come specialisti incaricati di “far funzionare la macchina”. Una percezione errata e controproducente, che nasce in un contesto storico ormai profondamente mutato. Il cambiamento che ha investito in questi anni la tecnologia è sfuggito all’attenzione di chi oggi ancora stenta a capire quanto l’innovazione sia critica per il successo di un’azienda e che innovazione e tecnologia procedono di pari passo.

Il 59% dei CIO interpellati nello studio per l’Italia, ritiene che nonostante il positivo impatto di tecnologie dirompenti, come il cloud computing, il management aziendale continua a non considerare l’IT come un asset autenticamente strategico ma piuttosto come uno dei tanti “costi di esercizio”. I vertici aziendali non sempre comprendono fino in fondo che al di là dei semplici effetti di razionalizzazione ed efficienza, la tecnologia può creare un radicale cambiamento nei processi interni e nel modo di lavorare delle persone. Questa scarsa percezione del valore dell’IT genera un effetto negativo in termini di produttività, flessibilità, tempestività su mercati particolarmente sensibili a servizi e prodotti ad alto contenuto tecnologico.

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Che cosa manca per avvicinare maggiormente il top management all’Information Technology, per restituire a chi gestisce un’azienda una visuale più corretta sull’impatto delle tecnologie e per convincere i vertici aziendali a coinvolgere i responsabili informatici nei processi decisionali? La risposta è una cultura digitale più costruttiva, che dia ai vertici aziendali la capacità di individuare, organizzare, comprendere, valutare e analizzare le informazioni utilizzando le nuove tecnologie.

In questo processo di trasformazione culturare, la missione fondamentale del CIO è cercare di trasferire all’interno dell’organizzazione – fino ai livelli manageriali più alti – i valori dell’innovazione tecnologica, contribuendo a creare una cultura digitale diffusa e la consapevolezza del ruolo strategico delle tecnologie informatiche verso il business aziendale.

Il prof. Joe Peppard, direttore dell’Information Systems Research Centre della Cranfield School of Management, ritiene che il management aziendale debba prendere atto che il valore dell’IT non proviene dalla tecnologia, bensì dalla capacità di gestire e sfruttare le informazioni. “Moltissime organizzazioni non riuscirebbero a sopravvivere a lungo senza i loro sistemi informatici,” osserva Peppard.

“I CIO stanno assumendo il ruolo di broker dei servizi informatici. Prossimamente si occuperanno sempre più di scelte riguardanti l’innovazione sostenuta dall’informatica, la compliance e le procedure, collaborando in modo più stretto con il management per trarre valore dalle strategie digitali”, ha continuato.

Peppard ritiene che operando in questo modo l’organizzazione IT e il ruolo del CIO si evolveranno, sviluppando la capacità di guidare le discussioni e gli orientamenti su come proiettare l’azienda verso il futuro per mezzo dell’innovazione informatica.

“Lavoriamo costantemente al fianco dei responsabili dei sistemi informativi affinché possano fare leva sugli strumenti necessari per comunicare efficacemente valore al business,” ha commentato Pierpaolo Taliento, Vice President Southern Europe di CA Technologies Italia. “Dal nostro punto di osservazione, i CIO collaborano sempre di più con i colleghi del top management e sono più consapevoli delle strategie aziendali di quanto non fossero dieci o vent’anni fa; eppure devono ancora lottare contro la convinzione che la tecnologia, pur creando efficienze nei processi, non è in grado, da sola, di generare valore. Le soluzioni di CA Technologies possono contribuire a cambiare questa percezione, liberando nuove risorse ed energie e innescando nell’azienda un ciclo virtuoso capace di stimolare crescita, produttività e competitività” ha concluso Taliento.

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