Informatici Senza Frontiere: l’informatica no profit

L’informatica non è solo tecnologia, ma come dimostra l’esperienza di ISF anche cuore e speranza. Le competenze ed il know how nel campo dei sistemi informativi se ben usati possono contribuire ad aiutare chi è in difficoltà, possono contribuire a realizzare progetti importanti come la costruzione di un ospedale o magari la ricostruzione dell’Università dell’Aquila. Di questo abbiamo parlato con Girolamo BotterPresidente di Informatici Senza Frontiere 

Quando nasce l’idea di ISF, quale è la sua genesi e soprattutto di cosa si occupa? 

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Informatici Senza Frontiere nasce nel 2005 dall’idea di alcuni manager del settore informatico della zona di Treviso.

In seguito all’incontro con il medico Mario Marsjai, si è concretizzata l’esigenza di mettere a disposizione di realtà disagiate la competenza e l’esperienza maturata in molti anni di lavoro nel settore. Consapevoli di non essere né medici, né ingegneri, i soci fondatori si sono chiesti: cosa possiamo fare noi, con le nostre competenze così specifiche? Da qui, nasce l’associazione, che si occupa principalmente di due filoni di progetti. Da una parte, la realizzazione di supporti ITC (sistemi informativi, sviluppo software, realizzazione di reti) in realtà disagiate come ospedali, carceri, case di accoglienza: realtà nelle quali le risorse sono poche, e un piccolo aiuto di tipo informatico può migliorare di molto la qualità dei servizi.

Dall’altra, ISF si impegna in attività di formazione informatica, realizzando corsi ed esperienze formative per soggetti marginalizzati, come i carcerati, ma anche per utenti che non hanno mai avuto esperienze informatiche. È il caso, ad esempio, degli operatori (infermieri, medici, assistenti), dei vari ospedali africani nei quali ISF ha portato sistemi informativi che rendano la gestione complessiva dei pazienti e dei medicinali molto più snella e più efficace. Ad oggi ISF conta circa 150 soci da tutta Italia, nonché 6 sezioni regionali che si occupano di progetto a livello locale. 

Quali sono stati i progetti più importanti realizzati? 

L’attività di ISF è iniziata con la realizzazione di Open Hospital, un software, chiaramente open source, che permette a piccole realtà ospedaliere di gestire il flusso dei pazienti e dei medicinali con una certa sistematicità: OH è stato installato la prima volta ad Angal, in Uganda, e poi in moltissimi altri ospedali africani e non solo. L’installazione è seguita dai volontari di ISF, che si occupano di creare piccoli sistemi informativi nell’ospedale e della formazione del personale.  

Un altro importante progetto è quello realizzato all’Ospedale di Brescia, dove, al reparto di oncologia pediatrica, è stato installato un sistema informativo che permette ai piccoli pazienti, ricoverati per lunghi periodi, di comunicare con le loro famiglie, giocare, e seguire un percorso scolastico.

Inoltre, presso il Carcere di Treviso, è stato realizzato un laboratorio di riparazione hardware, in cui i carcerati hanno la possibilità di lavorare; vengono inoltre offerti periodici corsi di alfabetizzazione informatica. 

Come vengono finanziate le attività?

L’associazione, in quanto ONLUS, vive esclusivamente del contributo di soci e donatori. La quota associativa annuale è di 50,00 €. Numerose aziende di informatica, tra cui Adobe, SAP, Fujitsu-Siemens, si sono molto interessate all’attività di ISF, contribuendo con sostanziose donazioni monetarie ma anche di materiali hardware. Tutti i progetti vengono quindi realizzati attraverso il contributo volontario dei soci, e molto spesso attraverso il riciclo di materiale hardware. 

Qual è il contributo del software open source?

L’uso dei sw open source è sicuramente preferibile quando si opera nel campo della solidarietà: in primis, perché si va ad intervenire su situazioni a scarso budget, e vengono così azzerati i costi di licenze e proprietà. In secondo luogo, il sw open source permette di essere aggiornato e modificato a seconda delle esigenze specifiche delle realtà coinvolte: è il caso, ad esempio, di un software per il microcredito, che alcuni soci di ISF hanno adottato, apportando delle modifiche per renderlo più adatto alle esigenze di un’associazione che opera nel campo in Madagascar. L’open source quindi non è solo una scelta data dagli aspetti economici, ma porta con sé anche numerosi aspetti ‘etici’, che si inseriscono nei valori dell’associazioni.

Quali sono i prossimi impegni, qual è il prossimo sogno da realizzare?

L’attività dell’Associazione è più che mai vivace e in crescita. Da una parte, ci auguriamo che i progetti già avviati, come Open Hospital e la rete all’interno dell’ospedale di Brescia, possano avere sempre più ‘repliche’ in contesti simili, cosa che in parte sta già avvenendo. ‘Centospedali‘, in particolare, è un progetto in fase di avvio che si propone di far adottare a cento aziende altrettanti ospedali della zone sub-sahariana per permettere l’installazione di OH e di supporto informatico. Dall’altra, ISF sta stringendo numerose collaborazioni per essere più attiva anche sul campo locale: stanno partendo progetti che coinvolgono alcune Università italiane. Nelle scorse settimane, inoltre, è stato attivato un intervento nelle zone terremotate dell’Abruzzo, che prevede l’installazione e il supporto di strumenti informatici nei campi della Protezione Civile e nell’Università.