CIO italiani più maturi sul cloud

Questo in estrema sintesi il risultato della seconda edizione della ricerca Nextvalue sullo stato del cloud computing in Italia. Il confronto con l’Europa

 

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Nextvalue ha presentato i risultati della ricerca “Cloud Computing un anno dopo. Cio italiani e Cio europei a confronto” che, come ha messo in evidenza illustrandoli Alfredo Gatti, managing partner di Nextvalue, rispetto a un anno fa (epoca della prima edizione) si riscontra l’inizio di un trend di maturazione del cloud computing in Italia, che però è «connotato soprattutto da una maggiore conoscenza degli strumenti e delle practice a disposizione, mentre ancora non ha innescato un fenomeno di adozione massiva».

Ciò è spiegato dalle persistenti restrizioni dei budget (secondo l’84% degli intervistati), che fanno sì che domini un atteggiamento di estrema prudenza nei riguardi di iniziative concrete, «al contrario della situazione che invece descrivono i Cio europei messi a confronto». In positiva controtendenza sono soprattutto quelle realtà italiane che operano in contesti complessi e internazionali, dove la leadership dell’It come fattore strategico per il business è compresa dalla cultura aziendale.

Per l’Italia, Nextvalue ha preso in esame un panel di 100 chief information officer di medio-grandi aziende italiane intervistati direttamente, mentre la parte europea della ricerca ha visto il coinvolgimento delle stesse figure manageriali tramite CIOnet, il social network internazionale di responsabili dei sistemi informativi, per le nazioni (esclusa l’Italia) in cui è attivo, ovvero Belgio, Francia, Spagna, Olanda e Gran Bretagna.

Per quanto riguarda più in dettaglio i risultati dall’indagine scaturisce che nel nostro Paese le tecnologie più strategiche per i prossimi 12 mesi sono, nell’ordine: il Web 2.0 (business network e social media) con il 44% delle risposte, la virtualizzazione (42%) e il cloud computing (41%). In Europa le priorità sono diverse: Business intelligence e Performance management (68%), unified communications, collaboration e mobile (51%), cloud computing (38%), vitualizzazione (30%), Web 2.0 (29%).

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Dal punto di vista dell’adozione solo il 16% degli italiani dichiara di essere impegnato o in procinto di sviluppare progetti di cloud computing, contro il 61% degli europei.

Il quadro delle risposte muta quando si indaga l’opinione che gli intervistati italiani hanno sul potenziale futuro del cloud: il 41% ritiene che possa avere uno sviluppo diffuso in azienda (a fronte del 12% registrato nel 2009), mentre solo il 18% del panel afferma che non ha possibilità di crescita a livello aziendale. Italiani ed europei divisi anche sulla visione dell’offerta, matura per gli intervistati del nostro Paese (33%), non ancora sufficientemente per i colleghi esteri (62%).

Gli elementi di spinta verso il cloud per i Cio nazionali sono principalmente la riduzione dei costi dell’infrastruttura hardware (57%) e la scalabilità della domanda (22%), per gli europei la scalabilità è la prima (73%) seguita dai costi (62%).

Riguardo ai vantaggi il principale è rappresentato da una precisa valutazione del Roi (52%, era il 9% nel 2009), cui segue la riduzione e la variabilità dei costi correlati al software, alle infrastrutture e al personale (42% a differenza dell’80% rilevato nel 2009). Gli altri vantaggi individuati sono connessi ad una maggiore elasticità operativa (33%) e all’automazione degli aggiornamenti (18%). Per gli altri Paesi europei l’elasticità operativa è al primo posto (81%) seguita dal calo e dalla variabilità dei costi (71%).

Infine per quanto riguarda gli ostacoli all’implementazione per gli europei invece la questione è legata alla mancanza di competenze, all’immaturità delle tecnologie (56%) e alle perplessità circa i temi della sicurezza e della privacy (53%), mentre per gli italiani è determinante la carenza di cultura aziendale (66%).

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