Dalla Germania il primo si alla Google Link Tax

Passa ad una delle Camere la proposta di legge modificata che mette in guardia il gigante di Mountain View

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293 voti contro 243, tanto è bastato per far passare ad una delle due camere tedesche il provvedimento “Google Link Tax”. Si tratta della possibilità, paventata circa un anno fa, di tassare Google per i suoi servizi di aggregazione notizie. Fino ad oggi Bi G può permettersi il lusso di offrire ai navigatori piattaforme che pescano link dagli articoli pubblicati in rete da quotidiani e blog. Con la proposta tedesca i produttori di notizie e gli editori avranno l’assoluta esclusiva sulla disponibilità di ciò che viene scritto e quindi il diritto di percepire un compenso nel caso i propri link vengano utilizzati esternamente, come può avvenire per Google News o Google Reader. C’è da dire che la proposta accolta da una delle Camere è una versione modificata e più “light” dell’originale. Non tutti i link sono passabili di tassazione, dovrebbero essere esclusi, grazie alla recente modifica, i link di citazione incollati all’interno di blog e social network e frase o parole non lunghe, come i virgolettati. Nel caso Google dovesse utilizzare porzioni di testo più ampie dovrà corrispondere un indennizzo alla fonte originaria della notizia.

Chi è a favore

Il testo è passato alla Bundestag (una delle due Camere) e gode del favore dei grandi editori tedeschi. Proprio questi ultimi hanno accolto con soddisfazione il primo sì del Parlamento. “Con questa legge sul copyright accessorio – ha commentato il portavoce della Federation of German Newspaper Publishers – le case editrici hanno ora un diritto che gli altri intermediari hanno avuto per lungo tempo”. Sulla stessa falsariga i membri dell’European Publishers Council che si sono espressi sul passo avanti fatto verso il riconoscimento dei costi e degli investimenti che sostengono le testate per produrre giornalismo di qualità.

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Chi è contro

Ovviamente Google, anche se con la modifica della settimana scorsa la posizione si è certamente alleggerita. L’azienda statunitense già quando venne presentata la proposta originaria aveva avviato la campagna “Defend Your Net” dove sosteneva la libertà di espressione e condivisione all’interno della Rete e a tal proposito aveva trovato un primo accordo con gli editori belgi per i contenuti. La questione più annosa riguarderebbe la necessità di tassare aziende straniere che guadagnano sulla produzione di contenuti di Paesi dove non sono, fiscalmente, presenti. A questo si aggiunge il problema della proprietà intellettuale dei giornalisti che frutta un introito solo per le opere pubblicitarie dirette e non accessorie, come quelle degli aggregatori di notizie e la loro fruizione.