Ictus e infarto, come prevenirli con l’apparecchio per misurare la pressione

Nasce da un’innovativa idea sviluppata dal Policlinico Gemelli di Roma la procedura che potrebbe consentire di ridurre alcune potenziali complicazioni conseguenti a delicati interventi chirurgici come aritmie cardiache e ictus, solo grazie alla misurazione della pressione mediante l’apparecchio comunemente utilizzato per questo scopo.

Il sistema risulta semplice ma molto efficace: gonfiare e sgonfiare per tre volte il manicotto dell’apparecchio sul braccio del paziente, prima dell’intervento. 

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Testata prima su animali, la procedura si basa sull’osservazione di persone reduci da infarto con prognosi favorevole; gli studiosi hanno intuito che inducendo lievi ischemie ripetute a livello periferico, ovvero sui vasi del braccio a cui è applicato l’apparecchio della pressione, si evita la cosiddetta “attivazione piastrinica”, che è spesso responsabile di decorsi post-operatori negativi nei casi di interventi per rimuovere cellule cardiache responsabili di un’aritmia.

Tre piccole ischemie che salvano il cuore

La procedura dunque consiste nell’indurre tre brevi episodi di ischemia nell’avambraccio, gonfiando il bracciale dell’apparecchio per misurare la pressione in modo da bloccare provvisoriamente l’afflusso del sangue. E’ quanto spiega il professor Gaetano Lanza del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, che ha diretto il gruppo di lavoro:

«Nello studio che ha coinvolto 19 pazienti dimostriamo che, applicando prima della chirurgia contro le aritmie il cosiddetto “precondizionamento ischemico remoto”, possiamo ridurre significativamente l’attivazione e l’incremento della reattività delle piastrine che si verificano durante l’intervento che contribuiscono verosimilmente a causare un aumento del rischio di episodi ischemici. Questa possibilità, tuttavia, ha ovviamente bisogno di un altro e molto più ampio studio per essere dimostrata».

L’importanza del precondizionamento ischemico 

Si tratta di uno studio molto importante per la prevenzione di ictus e infarto, il cui rischio di insorgenza secondo recenti ricerche potrebbe aumentare a causa di attacchi di rabbia frequenti e di infiammazioni intestinali; l’indagine è stata premiata come migliore lavoro scientifico pubblicato su Circulation nel 2013 nella sezione «Clinical Science».

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Il fenomeno indotto dai cardiologi, detto anche “precondizionamento ischemico miocardico”, dimostra come i danni miocardici con ischemie miocardiche prolungate risultino superiori rispetto a quelli determinati da un’ischemia prolungata preceduta da brevi episodi ischemici. Quella che viene messa in luce quindi è la funzione di protezione sul cuore da parte delle ischemie transitorie.

«Attualmente – precisa il professor Lanza – non c’è una codificazione dell’utilizzo del precondizionamento ischemico nella pratica clinica. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che se si applicano stimoli ischemici precondizionanti prima di un’angioplastica coronarica, eseguita per riaprire il vaso occluso che causa l’infarto, il danno miocardico potrebbe essere ridotto».