Pubblica Amministrazione: il rischio della burocrazia digitale

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C’è ancora molta, molta strada da fare per riuscire a riorganizzare la pubblica amministrazione in modo che possa acquisire un profilo sempre più digitale

L’investimento in ICT, è bene ricordarlo, non deve essere fine a sé stesso, ma implicare obiettivi di riduzione della spesa pubblica, conseguenti aumenti di produttività ed efficienza, semplificazione del rapporto tra cittadini e istituzioni.

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La valorizzazione dell’investimento informatico può concretizzarsi soltanto in presenza di una disponibilità a mettere in discussione l’esistente. L’efficienza è innanzitutto un problema di tipo organizzativo. Perché l’investimento sortisca un effetto benefico si dovrebbe puntare sulla razionalizzazione dei processi e poi, solo in un momento successivo, introdurre la tecnologia per assecondare la nuova organizzazione. La logica prevalente è invece l’esatto contrario. Esiste la tendenza a utilizzare la leva tecnologica, apparentemente più semplice, per poi forzare la componente organizzativa mentre, invece, è su quest’ultima che bisogna incidere perché gli investimenti possano essere ottimizzati e dare il risultato di qualità e di servizio che ci si aspetta.

Se non avviene una inversione di tendenza, e di prospettiva, la pubblica amministrazione continuerà a essere pesantemente condizionata e sopraffatta dalla burocrazia cartacea o digitale che sia. Perchè il tutto possa migliorare occorre avere il coraggio di mettere mano alle normative che impongono tuttora l’obbligo della carta in molte delle pratiche che definiscono il rapporto cittadini-istituzioni. Lo stesso dovrebbe avvenire anche in delicati settori privati, in particolare le banche.

E’ bene riaffermarlo, l’investimento Ict di per sé ha poco o nulla significato se non considerato in rapporto a una riorganizzazione dei processi e a una effettiva fruibilità dei servizi potenzialmente erogabili. Ancora, utilizzo della tecnologica significa semplificazione e risparmio. Se ciò non avviene l’informatica è solo un costo aggiuntivo che, nella sostanza, non permette di ottenere alcun vantaggio se non un automazione di processi ridondanti e inefficaci con il rischio di approdare a una burocrazia digitale, altrettanto odiosa quanto quella cartacea.

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Per favorire il cambiamento occorre avere un orizzonte culturale e politico ispirato a nuovi concetti che abbiano la forza di interrompere la logica dell’informatica come automatismo di procedure esistenti. La logica deve essere impronta alla ricerca di quei processi che possono essere rivisitati in un’ottica digitale, l’acquisizione tecnologica è un fatto secondario.

Sappiamo tutti che la burocrazia è un labirinto di leggi e regolamenti che servono soltanto a legittimare costi inutili. L’applicazione di una regolamentazione digitale implica una semplificazione delle strutture, anche in termini di risorse, poiché significa aumento di produttività.

Esiste un divario pericoloso, che indica arretratezza e inefficienza, tra pubblica amministrazione e potenzialità digitali del cittadino. Il rapporto è gestito secondo una logica ereditata dal passato e non concepita in base a una logica di processo digitale. Occorre fare tabula rasa di leggi e normative non più attuali, passare alla formulazione di processi coerenti con la modernità digitale. Servirebbe a noi tutti per risparmiare tempo e vivere meglio.