Costa Concordia, un gigante in preda al mare

Sono stati giorni concitati questi ultimi, la tragedia del naufragio della Concordia ha sconvolto tutta l’Italia

Ho fatto il mio viaggio di nozze su una nave Costa alcuni anni fa e ricordo l’immensità degli spazi e i bellissimi paesaggi visti, su tutte le isole greche.

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Di questa storia di cui tutti stanno scrivendo, mi hanno colpito le seguenti cose:

1. Trasformazione della destinazione d’uso;

2. Fragilità della tecnologia;

3. Gestione della comunicazione di crisi.

Andiamo per ordine, cominciando dalla destinazione d’uso; le grandi navi da crociera nascono come evoluzione dei transatlantici con l’obiettivo di trasportare i passeggeri da un porto all’altro in giro per i posti oggetto del turismo con più alcuni servizi d’intrattenimento a bordo che allietano il viaggio a volte lungo.

“Il fatto è che oggi le navi da crociera non sono solo un posto dove i passeggeri trovano di tutto, ristoranti, piscine, centro benessere, shopping center, discoteche, casinò e così via. Ora sono anche un po’ come circhi, dove bisogna sempre inventare qualcosa per épater le bourgeois. E’ anche per questo che si deve passare a una distanza dalla costa che permetta a chi sta a bordo di guardare anche dentro le case illuminate che sono sulla riva, una specie di costumato voyeurismo. Se poi sulla riva ci sono meraviglie come San Marco e la Riva dei Schiavoni, allora ancora meglio. Al Giglio e’ successo quello che e’ successo, ma l’abitudine delle navi da crociera di uscire dal Canale della Giudecca passando vicino a San Marco e lasciando a dritta l’isola di San Giorgio e’ un’altra abitudine pericolosa” – come giustamente afferma Alessandro Napoli nel suo blog.

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Chissà forse anche questa è una deriva del consumismo più sfrenato, non ci basta più il lusso, ora vogliamo toccare San Marco dal ponte della Nave. Forse stiamo esagerando un po’ tutti e dovremmo ritornare con i piedi per terra e accontentarci delle cose più semplici.

Secondo punto la fragilità della tecnologia che seppur sia molta, spinta tra questi colossi del mare come ben descritto in quest’articolo su Repubblica, nulla ha potuto contro quello che sembra un errore umano o comunque contro la natura. Il progresso avanza, migliorano gli strumenti, nuove tecnologie diventano disponibili, ma ciò non basta ancora a preservarci da catastrofi come queste, al centro rimane ancora l’uomo con i suoi errori, le sue debolezze e la sua ragion d’essere e nulla possono nuovi radar o sistemi satellitari avanzati. La tecnologia sabato notte ha perso la sua partita, ora altro non può fare che aiutare gli inquirenti a stabilire la verità e le colpe.

Il terzo punto è quello a me più caro perché addetto ai lavori, in altre parole la gestione della comunicazione durante la crisi, una branca della comunicazione aziendale spesso ignorata o sottovalutata soprattutto in Italia.

La crisi è un evento o un’emergenza improvvisa che stravolge gli equilibri di un’azienda minacciandone gli obiettivi fondamentali e producendo gravi conseguenze. Un’adeguata attività di analisi e d’identificazione dei rischi, attraverso la costruzione di una scala di priorità che consente di valutare le più probabili o possibili e le più dannose e gravi, porta a una soluzione immediata del problema. La comunicazione di crisi, a questo punto, deve essere un processo interattivo di scambio che non può limitarsi a diffondere una corretta informazione sul rischio ma creare un rapporto di fiducia e di colloquio fra chi il rischio deve gestirlo e chi vi è esposto.- estratto da articolo sul sito di Comunitazione.

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La comunicazione spesso è considerata un servizio ausiliare e i budget si lesinano, eppure in casi come questi si capisce quanto sia una funzione fondamentale. In particolare dovrebbe essere di supporto al management per:

• Individuare le aree di potenziale crisi

• Training al management

• Predisporre piani d’azione per le diverse ipotesi di crisi

• Definire le strategie comunicative di prevenzione

• Attività di monitoraggio

• Analisi strategica della situazione

• Mappa degli interlocutori

• Creazione e regia di un comitato di crisi

• Definizione delle procedure e delle responsabilità

• Sviluppo preventivo del piano di comunicazione, coordinamento top management e legali

• Supporto operativo al management e ai legali

• Implementazione di azioni di comunicazione sui media e su pubblici mirati

• Attuazione di programmi di comunicazione successivi alla crisi

Fonte – Consilium Comunicazione Srl

Nel caos specifico ho seri dubbi che la Costa fosse preparata a gestire l’emergenza, molti colleghi hanno analizzato l’utilizzo dei Social Network ad es. Roberta Milano e di fatto sembrerebbe che questi nuovi mezzi abbiano funzionato: un po’ per informare e un po’ per aggregare persone, sentimenti, speranze. Il focus però secondo me è diverso e la domanda cui rispondere è: “L’azienda era preparata a gestire la crisi e la relativa attività di comunicazione?”.

Il problema non è solo dell’azienda oggi al centro delle cronache, ma piuttosto di approccio delle aziende italiane.

Ecco il punto di vista autorevole di Gianluca Comin, past president Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana – “Ci si accorge dell’importanza della comunicazione di crisi quasi sempre dopo che la crisi è avvenuta. E sono poche le organizzazioni, aziende o altre, che sono preparate ad affrontare un evento improvviso e catastrofico. Va considerato, poi, che nelle prime ore dell’evento si formano quasi sempre il tono e le considerazioni che poi i mezzi di informazione seguiranno nelle ore e giorni successivi. A una prima impressione di lettore, il caso Costa non è stato affrontato adeguatamente nelle prime fasi dell’incidente, lasciando spazio alla costruzione di ipotesi e di opinioni senza nessun contraddittorio con l’azienda. Non ci sono state voci organizzate dalla società, supporti tecnici o immagini. Mentre la situazione è andata un po’ meglio dalla conferenza stampa di lunedì in poi, che ha contestualizzato le responsabilità del capitano rispetto a quelle dell’azienda. Non è sembrato esserci un portavoce unico e autorevole, né una strategia di conduzione della comunicazione di crisi adeguata all’evento che, va comunque precisato, è stato di portata enorme sia per le vittime, sia per la spettacolarità”.

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Le imprese dedicano anni, se non decenni, alla costruzione del loro brand e alla definizione della loro reputazione. Inaspettatamente accade poi qualcosa: un disastro naturale, voce concernente una possibile instabilità finanziaria, un richiamo di prodotto e si perde tutto. Ciò non è giusto e non deve avvenire. E Voi siete pronti per la vostra prossima crisi?

Telefonata tra il Comandante della Concordia e la Capitaneria