Con i piedi …sulla nuvola

Ormai è tanto che si parla e si scrive di Cloud. È giunto il momento di andare sul concreto, di scendere con i piedi per terra (…o sulla nuvola, appunto), di passare “dalla teoria alla pratica”. E proprio questo, “Cloud dalla teoria alla pratica”, è il titolo del Dossier che in questo numero di Data Manager sviscera il Cloud computing in tutte le sue sfaccettature e affronta il tema di come arrivare a metterlo in pratica, dopo tanto parlare e teorizzare. Un’analisi dei pro e dei contro, dei come e dei dove, infarcito da alcune voci di Cio che l’esperienza l’hanno fatta o si accingono a farla.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Per introdurre l’argomento voglio accennarvi a una tavola rotonda, organizzata da IDC, in occasione dell’Energy & Utility Forum, in cui alcuni Cio si confrontano con le parole Cloud, Big Data e Analytics, mobilità. Ma, per motivi di spazio vedremo solamente gli spunti relativi al Cloud.

Cinque responsabili IT (Gloria Gazzano, Cio di Snam, Giuseppe Canto, IT business solution manager di Erg Power & Gas, Gianluca Fusco, Cio Edipower, Luciano Caroti, Cio di Publiacqua, Massimo Pernigotti, Cio di Edison), sono chiamati da Roberta Bigliani, head of Emea, IDC Energy Insights, a scrivere, di getto, una parola che associano a Cloud e poi, ovviamente, a spiegarla.

Gloria Gazzano scrive: “Ce l’ha ordinato il dottore?”. E spiega: «Si continua a parlare di Cloud, è un po’ un “tormentone”, si prova un senso di fastidio a essere “schiacciati” dai discorsi di fornitori e analisti e non si riesce a stare al passo di queste sollecitazioni. Noi al momento ci siamo orientati al private Cloud nell’ambito di sviluppo e test in azienda, ora ci sono un centinaio di test attivi».

Per Giuseppe Canto l’associazione è “standard”. Così chiarisce: «Il Cloud è un po’ bloccato dalla poca diffusione degli standard, noi abbiamo applicazioni molto verticali che rendono più difficoltosa la strada per il Cloud».

Leggi anche:  OVHcloud amplia la propria strategia SecNumCloud con la certificazione SecNumCloud 3.2 in tre data center differenti

“Consapevolezza” è la parola che scrive Gianluca Fusco. Il Cloud offre opportunità, ma anche imprevisti, spiega Fusco, bisogna avere una strategia comprensibile. La consapevolezza consiste nel comprendere le diverse tipologie di Cloud (privato, pubblico e ibrido) e i diversi aspetti qualitativi in modo da capire su quale modello lavorare per rendere i sistemi informativi flessibili e adattabili alle necessità di business.

Per Luciano Caroti la parola da associare a Cloud è “provisioning”, fornitura, servizio. «Alcune commodity si possono “buttare” fuori, nel Cloud pubblico, ma i servizi core è meglio tenerli all’interno per problemi di contrattualistica e sicurezza». Insomma, il meglio è un Cloud ibrido, perché «per il public Cloud i tempi non sono ancora maturi. È difficile declinare in Cloud alcuni sistemi IT, ci sono problematiche ancora non risolte».

“Allegro ma non troppo” è ciò che scrive Massimo Pernigotti riferendosi al Cloud e «significa che ci sono due aspetti: il vantaggio e lo svantaggio. Per quanto riguarda l’Application-as-a-Service (per esempio Saleforce.com), su applicazioni piccole è positivo (costa meno, dà meno problemi e ci sono meno problematiche di gestione), mentre l’aspetto “non troppo” positivo riguarda la gestione dei dati e la normativa legata alla privacy dei Paesi che ospitano i data center. Parlando invece di IaaS, noi da diversi anni non abbiamo un Ced, non siamo proprietari di server e Pc che ci vengono invece forniti come servizio. I vantaggi sono i costi, il tempo di approvvigionamento e la flessibilità. Gli svantaggi sono da ricondurre a un’offerta non ancora completamente matura».