Stefania Operto. La signora dei numeri

La sfida dei sondaggi al tempo dei big data e dei social network
«La cosa più importante è fare centro»

Stefania Operto. La signora dei numeriIl 2013 sarà l’anno internazionale della statistica e la prima parte dell’anno sarà caratterizzata dai sondaggi politici in previsione del prossimo voto. La campagna elettorale del 2006 vide la sconfitta per un pugno di voti dell’Unione di Romano Prodi. A uscirne sconfitti – però – furono soprattutto i sondaggi commissionati dai quotidiani nazionali, che attribuivano per certo, fino all’ultimo, la vittoria della coalizione di centro-sinistra. Solo tre sondaggi elaborati su commissione da Berlusconi a una società statunitense davano un lieve vantaggio alla Casa delle Libertà.

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Nella storia dei sondaggi, anche gli esperti a “stelle e strisce” hanno commesso errori che hanno fatto scuola. «Le elezioni del 1936 – ci spiega Stefania Operto, sociologa ed esperta in analisi della pubblica opinione e dei fenomeni sociali – furono caratterizzate da un evento centrale nella storia della statistica e dei sondaggi. La rivista Literary Digest, che aveva centrato i risultati delle quattro elezioni presidenziali precedenti, condusse un sondaggio elettorale inviando un questionario a 10 milioni di elettori, che fu compilato da un campione di 2,4 milioni di rispondenti. La lista della popolazione era stata selezionata in base a fonti quali elenchi del telefono, registro automobilistico, elenchi di abbonati a riviste, membri di alcuni club. Servendosi di questi elenchi, il Digest aveva commesso una distorsione nella selezione, scegliendo una lista che sovra-rappresentava le persone di status medio-alto, per la maggior parte repubblicane, e che escludeva gran parte della popolazione». Risultato? «Il Digest dichiarò che le elezioni sarebbero state vinte dal candidato repubblicano Landon. George Gallup predisse invece la vittoria di Roosevelt utilizzando un campione molto più ristretto. Due anni dopo, la rivista Literary Digest chiuse e la lezione di Gallup fu fondamentale negli anni successivi, dimostrando la scarsa importanza della sola dimensione del campione statistico rispetto alla sua composizione e ai criteri con cui deve essere selezionato».

Stefania Operto si occupa di molte cose, alternando l’attività di docenza a quella di consulenza. Specializzata in metodologia delle scienze umane, ricerca sociale e applicata, teoria e tecniche del sondaggio demoscopico, CRM e data processing, tra le varie cose ha scritto con Renato Mannheimer, il libro “Occhio alla borsa” (ed. Franco Angeli). Appassionata di tecnologia e scienza, da un po’ di tempo si dedica anche al tiro dinamico sportivo e sta lavorando alla sua prossima pubblicazione sulle dinamiche di genere nel mondo dello sport. Per Stefania Operto la cosa più importante è fare centro.

 

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In Italia, la storia dell’utilizzo dei sondaggi è stata abbastanza veloce, se si considera che fino alla fine degli anni Ottanta le aziende, i media, le istituzioni e i partiti politici non utilizzavano, a parte alcuni casi isolati, le tecniche demoscopiche per analizzare la portata di un fenomeno o rilevare la diffusione di determinati atteggiamenti. Poi, in modo quasi improvviso, i sondaggi hanno cominciato a diffondersi senza, forse, un’adeguata formazione e informazione per poterli riconoscere e interpretare correttamente. Alla fine degli anni Ottanta, la diffusione del telefono in Italia ha raggiunto livelli tali da garantire campioni di popolazione plausibili e questo ha permesso la diffusione del sondaggio sia nella ricerca di mercato, orientata al marketing, sia nel settore delle ricerche sulla pubblica opinione.

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Oggi con la diffusione del web e dei social network che cosa è cambiato?

Dal recente rapporto diffuso dalla World Wide Web Foundation (www.webfoundation.org), che elabora il Web Index (www.thewebindex.org), l’indicatore che esprime sinteticamente il grado di sviluppo del web, emerge come l’Italia si attesti al ventitreesimo posto, contro la quattordicesima

posizione della Francia, sedicesima della Germania e diciottesima della Spagna. 

Il problema legato alle modalità di rilevazione telematica investe diversi aspetti. Da una parte, la penetrazione informatica in Italia è ancora bassa, rispetto ad altri Paesi. Il digital divide nella popolazione crea problemi di rappresentatività. Secondo i dati più recenti di Audiweb Trends, nel primo semestre 2012, le famiglie italiane che dichiarano di accedere a Internet da casa attraverso un computer di proprietà sono 14 milioni, pari al 64,7% delle famiglie con almeno un componente fino a 74 anni, un dato in crescita ma più basso rispetto ad altri Paesi europei. 

 

C’è ancora un problema di accesso?

Pensare che tutti abbiano analoghe possibilità di accedere al web può derivare dalla tendenza, fisiologica, di generalizzare all’universo l’esperienza del proprio contesto sociale con il rischio di sovrastimare o sottostimare il potenziale economico e sociale del web. Naturalmente, questo è il quadro attuale e in futuro sarà molto diverso, soprattutto con il ricambio generazionale. 

Ovviamente non è obbligatorio fare ricorso sempre a campioni rappresentativi, ancora una volta dipende dagli obiettivi di ricerca e dal target. Tuttavia, esiste un altro fattore che può influenzare l’esito di un sondaggio: la presenza o meno di un intervistatore, l’interazione con il soggetto che propone lo stimolo, sia per telefono sia in presenza, che, in determinati casi è essenziale e che le ricerche realizzate tramite web non permettono, perlomeno, non nello stesso modo. 

 

Che cosa è lecito chiedere a un sondaggio?

Non tutti i sondaggi sono uguali. Ci sono sondaggi e pseudo-sondaggi. Intanto occorre chiarire che il sondaggio non rileva comportamenti, ma opinioni, atteggiamenti, predisposizioni. Per realizzare un sondaggio bisogna superare alcuni passaggi obbligati, come nei videogiochi, ognuno dei quali ha delle insidie, degli ostacoli che, se non affrontati in modo corretto, possono anche portare a distorsioni molto gravi. 

 

Quali sono le difficoltà legate alla realizzazione di un sondaggio? 

Da una parte non è possibile intervistare tutti i soggetti della popolazione, e questo rende necessario ricorrere ad un campione, e, dall’altra, la complessità di rilevare con precisione l’opinione pubblica, elemento che rimanda alla necessita di formulare le domande cercando di evitare possibili distorsioni nel processo di risposta. Gregg Easterbrook dice che se torturi i numeri abbastanza a lungo confesseranno qualsiasi cosa. Tra noi ricercatori c’e un acronimo diffuso: “GIGO”, “Garbage In, Garbage Out”, spazzatura dentro, spazzatura fuori. In altre parole, se la qualità del processo di produzione dei dati non è ottimale otterrai dei risultati incompleti e, nel peggiore dei casi, inattendibili. 

 

Qual è l’obiettivo di un sondaggio?

Se l’obiettivo del sondaggio è cercare di conoscere, attraverso uno stimolo rappresentato da una domanda, l’opinione dei cittadini su un tema, occorre cercare di evitare formulazioni cariche di emotività perché queste possono generare quelli che noi chiamiamo “effetti di risposta” e di cui è piena la letteratura in materia. Ci sono sondaggi corretti e sondaggi manipolativi, il cui obiettivo è orientare la risposta verso l’obiettivo che vuoi raggiungere. Ad esempio, per le domande delicate si possono usare le tecniche proiettive: se chiedi a una persona – “È giusto tradire la moglie o il marito?” – molto probabilmente polarizzerai la risposta e avrai una percentuale elevata di risposte negative. Se, invece, poni la domanda nei termini di – “Alcuni pensano che tradire la propria moglie o il proprio marito sia sbagliato, altri, al contrario, che in alcune circostanze sia comprensibile. Lei con chi pensa di essere più d’accordo?” – otterrai risposte diverse. 

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Questione di metodo?

Il mio approccio è assolutamente scientifico: se i sondaggi sono uno strumento per conoscere e analizzare l’opinione pubblica, rappresentano anche uno strumento di democrazia, poiché è attraverso il sondaggio che il cittadino ha la possibilità di esprimere la propria opinione su tematiche di interesse generale. In più, in una democrazia nella quale il confronto si è spostato sempre più dalle arene pubbliche a quelle mediatiche, i sondaggi corretti permettono di conoscere l’andamento della pubblica opinione. Credo che l’approccio di chi fa il mio mestiere debba essere analogo a quello di un fisico che misura con uno strumento di precisione la quantità di pioggia caduta in un determinato momento in una determinata zona. Se lo strumento è valido e attendibile e l’approccio è sincero il dato che ne scaturirà sarà utile in termini di produzione di conoscenza.  

 

Con l’elaborazione in-memory di una enorme quantità di dati e l’utilizzo di strumenti di data mining i sondaggi a campione sono destinati ad andare in soffitta?

Non credo che il sondaggio basato su campioni probabilistici sparirà. Credo, invece, che le tecniche demoscopiche si modificheranno con l’evoluzione tecnologica e, parallelamente, con le modalità con cui questa cambierà la forma delle città e le modalità di vita quotidiana delle persone. Già adesso, ad esempio, molte persone non hanno più il telefono fisso, ma solo quello cellulare, di cui sono disponibili solo elenchi limitati e questo crea molti problemi in termini di possibilità di contattare determinati strati di popolazione e, quindi, di copertura con la necessità di trovare nuove forme di contatto, pensiamo ai panel telematici o alle ricerche realizzate tramite web. 

 

Come le imprese possono interrogare i numeri senza torturarli?

Le imprese, soprattutto di dimensioni non elevate, fanno fatica a seguire i flussi delle aspettative dei consumatori che sono sempre più mutevoli e meno prevedibili, a maggior ragione da quando alcune variabili che spiegavano il comportamento sono venute meno. Chi si occupa di ricerche di mercato e di marketing sa bene che è in un momento di crisi che occorre fare ricerca per restare sul mercato, poiché se è facile entrare è altrettanto facile uscirne. Il problema di oggi non è, ovviamente, la carenza di informazioni: big data, analytics, banche dati di dimensioni enormi hanno creato una vera e propria esplosione dei dati. La questione è legata alla capacità di aiutare le aziende a selezionare, orientarsi e trovare le informazioni utili per poterle utilizzare con la massima precisione e velocità. Non è, infatti, così automatico estrarre conoscenza dai dati. Le possibilità di elaborazione si sono amplificate in pochissimo tempo, ma il fattore umano in termini di capacità di percepire “il profumo dei dati” resta, a mio parere, imprescindibile a maggior ragione in un momento in cui la sfida è, appunto, selezionare i dati più utili per raggiungere gli obiettivi di business prefissati. I confini temporali si sono ridotti e le decisioni devono essere prese sempre più in fretta. I numeri, se estratti e utilizzati in questo senso, possono offrire alle imprese il faro per orientarsi.  

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La politica e i sondaggi. Un rapporto di amore e odio…

Il settore politico e elettorale è sicuramente uno dei pochi ambiti dove esiste la possibilità di controllare nel breve periodo la bontà di un sondaggio. È indubitabile che in Italia la relazione tra politica e sondaggi si sia modificata con Berlusconi che negli anni Novanta comincia a usare i sondaggi non solo come strumento conoscitivo ma anche di comunicazione politica. Al di là dei giudizi che ne possono scaturire, la conseguenza di questo è stata che anche le altre forze politiche hanno cominciato ad utilizzare il sondaggio come strumento di interrogazione della realtà. Oggi, buona parte dei sondaggi di opinione realizzati e pubblicati in Italia riguarda temi politici. In più, in poco tempo l’elettorato è cambiato, sono spariti i partiti storici, alcuni nascono, altri muoiono, il voto di appartenenza si è fortemente attenuato, cresce la mobilita elettorale e tutto questo riduce le certezze che i partiti avevano sul proprio elettorato potenziale. 

In Italia, se negli ultimi anni si registra una certa stabilita e polarizzazione, poiché l’elettorato italiano tende a porsi in modo bipolare, aumentano anche altre forme di mobilitazione o smobilitazione quali astensionismo, ricorso alla scheda bianca o nulla. In più, gli effetti di underdog, che consiste nel dare supporto attraverso il voto al candidato o al partito dato per perdente, o, viceversa, bandwagon, cioè la tendenza a salire sul carro del vincitore, possono talvolta influenzare gli esiti elettorali negli ultimi giorni rispetto alle previsioni. 

 

Qual è il tuo rapporto con la tecnologia?

Il mio rapporto con la tecnologia è onnivoro, anche se non sono una nativa digitale e, forse, a maggior ragione proprio per questo sono affascinata dalle novità. Mi piace considerarmi un po’ presuntuosamente una “early adopter”, Mi piace provare, sperimentare. La tecnologia, naturalmente, ha anche un ruolo fortemente sociale. Credo, infatti, che la tecnologia abbia cambiato molto la forma delle città e la vita delle persone e ancor più in futuro potrà contribuire a migliorare la qualità della vita soprattutto di certe fasce della popolazione.     

 

Perché ci sono poche signore tra i numeri?

È indubitabile che in Italia, in alcuni settori in particolare, il fenomeno della segregazione di genere sia molto forte. Ci sono donne bravissime, analiste fenomenali che, tuttavia, non riescono a raggiungere livelli decisionali e di esposizione mediatica analoghi a quelli dei colleghi uomini. In altri Paesi è molto diverso e i dati, non a caso, lo dimostrano ancora una volta con chiarezza. 

 

Le quote rosa ci sono in azienda e in politica, ma non nello sport. Tu frequenti i poligoni di tiro per fare centro anche con la pistola?

Le donne nello sport sono spesso oggetto di stereotipi e barriere simboliche e culturali, a maggior ragione quando praticano sport considerati maschili. Ed è proprio su questo tema che sto lavorando per mio interesse scientifico a una ricerca specifica che, mi auguro, sarà oggetto di una prossima pubblicazione.