Veeam, all’attacco anche in Italia

Un nuovo country manager per la filiale italiana della società che ha fatto della disponibilità “always on” del data center la propria bandiera, e che miete successi in continuazione

Forse c’entra la proverbiale crisi del settimo anno. Ma più probabilmente la vera motivazione è quella di unirsi a un’azienda in forte crescita. È così che Albert Zammar, dopo importanti esperienze nell’IT, l’ultima delle quali a capo per sette anni della filiale italiana del leader dell’IT performance, ha assunto ai primi di dicembre l’incarico di country manager per il nostro Paese di Veeam, il fornitore di soluzioni di backup e soprattutto di availability dei data center. “Se l’IT performance rappresenta un aspetto importante nel panorama tecnologico, quello che però oggi conta sempre di più è che le infrastrutture informatiche siano costantemente operative, dato il loro strumento essenziale di abilitatori del business”, sottolinea Zammar. Da qui l’importanza del concetto di “business always on”, che per Veeam significa tempi di recupero da eventuali interruzioni nell’ordine dei minuti, con un concetto di alta disponibilità del data center che ha fatto la fortuna della società. Le soluzioni Veeam, integrandosi con la virtualizzazione, lo storage e le tecnologie cloud, si pongono lo scopo di assicurare recovery time and point objectives (RTPO, nel gergo dell’azienda) inferiori ai 15 minuti per tutte le applicazioni e i dati.

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Il business in Italia

Pur avendo meno di dieci anni, essendo nata nel 2006, Veeam ha già messo a segno traguardi di rilievo, con una crescita ininterrotta del fatturato da oltre venticinque trimestri consecutivi, con incrementi medi del 50% anno su anno e oltre 3.000 clienti nuovi al mese, per un totale attuale di 120.000 clienti in tutto il mondo, di cui quasi 6.500 in Italia. “In generale, il nostro Paese non vede molti ‘early adopter’ di nuove tecnologie, ma nei quattro anni di presenza su questo mercato Veeam ha già raggiunto un buon livello di penetrazione, con un crescendo che ha visto, solo nei primi nove mesi del 2014, un incremento del 54% negli ordini e del 43% nei nuovi clienti,”, fa notare Zammar, precisando che “la quantità maggiore di clienti Veeam si riscontra nell’ambito delle aziende di medie dimensioni, che poi sono quelle che hanno adottato la virtualizzazione in misura più spinta”. Ma per le soluzioni Veeam in Italia “c’è ancora molto terreno da conquistare, anche alla luce del fatto che è in crescita il numero di data center in trasformazione verso il paradigma del software defined, nel quale preponderà il pool di risorse invece dei classici silos tecnologici”, prosegue Zammar.

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Ridurre l’availability gap

Le conseguenze della mancata disponibilità dei sistemi possono essere anche notevoli, come ha ancora una volta dimostrato il Data Center Availability Report 2014 di Veeam, il quarto condotto fin qui, illustrato da Luca Dell’Oca, evangelist EMEA della società. L’indagine ha interpellato 760 Cio di aziende con più di 1.000 dipendenti in dieci Paesi, tra cui l’Italia. “La scelta delle aziende di dimensioni comparabili aveva lo scopo di avere un buon grado di omogeneità nelle risposte, ma nonostante questo si sono avute molte differenze tra i vari Paesi”, ha fatto notare Dell’Oca. Per fare un solo esempio, è emerso che in Italia la perdita economica derivante dalla mancata disponibilità dei sistemi è più elevata che in altri Paesi, dove l’availability gap implica mediamente costi nell’ordine dei 2 milioni di dollari all’anno in perdita di ricavi, produttività, opportunità e in dati irrimediabilmente persi a causa del fallimento nelle operazioni di ripristino. Da qui, l’importanza della prevenzione, realizzando sistemi in cui i fermi sono ridotti al minimo, mentre vengono massimizzati i ripristini, per avere un data center davvero “always on”.