Google rivela (senza volerlo) i dati sulle richieste di oblio

Il 95% riguarderebbe persone comuni che non vogliono più apparire nei risultati di ricerca mentre è minima la percentuale di personaggi pubblici e VIP

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La gente comune, dal vicino di casa al collega in ufficio rappresenta la fetta maggiore di utenti che chiedono a Google di applicare il “diritto all’oblio”. Secondo una scoperta fatta dal Guardian, ben il 95% di richieste di cancellazione dai risultati di ricerca non riguarda VIP o persone famose ma semplici cittadini, convinti che sia meglio non apparire sul web per i più vari motivi. La testa inglese ha infatti spulciato il codice sorgente dell’ultimo Rapporto di trasparenza di Google ricavandone dati mai pubblicati che mostrano alcuni dettagli sulle procedure adottata dall’azienda di Mountain View nell’ottica di rispondere ai canoni europei sull’oblio.

Sensibili ai dati

Delle circa 220.000 richieste ricevute fino a marzo, più del 95% si riferisce dunque a cittadini preoccupati delle informazioni personali ricercabili su internet, tra cui i casi in cui il nome di donne compare in articoli in ricordo del marito deceduto o in fatti di cronaca senza valore giudiziario. Questi ultimi invece rappresentano poco meno del 5% del totale di istante in cui sono incluse anche quelle avviate da personaggi e figure pubbliche, come politici, imprenditori e così via. I dati mostrano come Google abbia approvato circa la metà delle richieste, in crescita rispetto al 40% dello scorso maggio (mese in cui la Corte Europea sentenziò sul diritto all’oblio) e del 30% di ottobre 2014. Secondo una recente precisazione di Google, le informazioni ricavate dal Guardian non sarebbero veritiere perché riferite ad un test sulle modalità di categorizzazione delle domande.

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