I CIO italiani non usano i social media

Come portare valore sviluppando le relazioni digitali? Tra i manager italiani però i social media sono un territorio ancora da esplorare

L’importanza dei social network come strumenti di relazione anche in ambito business è sempre più crescente. Una recente ricerca di Weber Shandwick dal titolo Socializing your CEO III: from marginal to mainstream evidenzia che l’uso di questi strumenti da parte dei dirigenti aziendali per curare le proprie relazioni anche in ambito business si sia affermato, almeno all’estero, come un’abitudine quotidiana.

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Se solo nel 2013 l’uso dei social media era percepito come rischioso e incapace di restituire valore tangibile per i CEO, in soli due anni questa iniziale convinzione si è decisamente ribaltata: oggi, otto dirigenti aziendali su dieci affermano che utilizzare attivamente i social media (con una strategia precisa, ovviamente) consente di rafforzare le relazioni con gli stakeholder aumentando contemporaneamente la awareness nei confronti della propria azienda.

La presenza dei dirigenti aziendali sui social implica profondi impatti sulla cultura organizzativa che non possono essere trascurati: la chiave di tutto sta nella capacità di pianificare e attuare strategie di executive branding capaci di generare valore, facendo leva sulla capacità di relazione del professionista, e sul suo network preesistente, per incrementare la visibilità e l’equity dell’azienda.

Le piattaforme social più utilizzate sono LinkedIn e Twitter.

I CIO “social” possono trasformare con successo organizzazioni e imprese, spostando la cultura informatica del comando e del controllo verso approcci collaborativi a sostegno della co-creazione di valore sostenibile. Il ruolo del chief information officer nel condurre la trasformazione del business verso il digitale è diventato ancora più importante.

Negli USA, Vala Afshar, noto blogger, ha pubblicato la classifica dei cento CIO più “social” su Twitter del 2015. Nell’elenco 2015, non sono presenti italiani e solo qualche europeo. La domanda è: forse non siamo veramente pronti? Abbiamo intervistato Stefano Tomasini, responsabile della direzione centrale per i servizi informativi e telecomunicazioni di Inail e Gianluca Giovannetti, group CIO e business process director di Amadori.

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Stefano Tomasini, responsabile della direzione centrale per i servizi informativi e telecomunicazioni di Inail

Stefano Tomasini «Stiamo lavorando al progetto Smart INAIL. In quest’ottica sono in fase di avvio due progetti: la revisione della intranet e l’implementazione della piattaforma di Enterprise Social Collaboration (ESC). La tecnologia a supporto del cambiamento esiste ormai da più di un decennio, infatti, la prima installazione di una piattaforma ESC risale al 2001. Anche nel settore pubblico le acque si stanno muovendo e più di una ventina di enti pubblici italiani, tra cui alcuni ministeri, hanno adottato questo modello di collaborazione e di lavoro. Possiamo, quindi, affermare con ragionevole certezza che, in termini tecnologici, il tempo delle sperimentazioni è finito e che questi progetti portano a risultati di business tangibili. L’istituto ha già provato sul campo, con successo, metodi di lavoro che, promuovendo la collaborazione tra i vari attori dei progetti, realizzassero un modello a rete e non gerarchico. Le indagini online, il card sorting e le interviste agli utenti, utilizzati durante la progettazione del portale, rappresentano una prima applicazione del modello di user centric design realizzato in modalità sociale e collaborativa. In questo senso, la riprogettazione della intranet e l’implementazione di uno strumento di Enterprise Social Collaboration rappresentano – da un lato – i fattori abilitanti del cambiamento culturale in atto e – dall’altro – i primi esempi del nuovo metodo di lavoro.

Le barriere che ostacolavano l’adozione del modello sono superate. Le persone lavoreranno in modo collaborativo se sarà dato loro lo strumento giusto. A parità di supporto tecnologico, il successo delle esperienze di trasformazione è stato determinato dalla corretta comunicazione e dalla percezione di un reale valore da parte degli utenti. Quindi, per garantire il successo delle iniziative è necessario innescare un cambiamento culturale nelle persone. La collaborazione è uno strumento potente e va controllata e gestita con strumenti opportuni e risorse adeguate. E risulta necessaria la strutturazione di un sistema di monitoraggio idoneo a tracciare l’adozione (tramite la definizione di opportuni KPI) e a supportare le attività di moderazione dei contenuti, eventualmente tramite strumenti di text analysis e big data. In un contesto organizzativo come quello dell’istituto, dovranno essere i manager a farsi promotori del cambiamento, cercando di organizzare il lavoro secondo il paradigma della social organization».

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Gianluca Giovannetti, group CIO e business process director di Amadori


Gianluca Giovannetti
– «Quella del Gruppo Amadori in ambito social network è un’esperienza che è partita dalla pianificazione di una digital strategy costruita a quattro mani dalle funzioni marketing e Ict. Per fare questo, sono state portate a fattor comune risorse economiche e persone, con l’obiettivo di formare giovani risorse che si occupano dei temi “social” e di inserirle in una task force dedicata. Lo abbiamo fatto seguendo la logica dell’alchimista, formando cioè i giovani su competenze che vanno ben oltre le classiche competenze tecniche e manageriali. Questo metodo ha ottenuto ottimi risultati, perché favorisce una sorta di “fertilizzazione” delle competenze tra i dipendenti (un mix tra tecnologia e marketing).

Abbiamo iniziato a innescare una serie di iniziative progettuali che individuavano nel digital marketing il loro fil rouge. Si è trattato di iniziative che hanno avuto diverse finalità: dall’ingaggio al dialogo, passando per il gioco. La nascita della community ci ha rivelato tutta l’importanza del rapporto diretto e bi-direzionale con il consumatore. Una svolta epocale per le aziende dell’industria, abituate da sempre a mantenere rapporti diretti solo con i propri fornitori o con il canale di distribuzione. Raggiunta la maturazione su queste tematiche, l’azienda ha deciso di far nascere (all’interno della funzione che rappresento) un nuovo team digital, che costituisce il punto di arrivo dell’esperienza fatta. Questo team ha l’obiettivo di consolidare i due anni di lavoro ed esperienza appena trascorsi e di supportare trasversalmente l’intera azienda nel percorso di adozione delle nuove tecnologie sociali e digitali.

È fondamentale inoltre il monitoraggio del ritorno degli investimenti altrimenti si rischia di essere travolti dall’euforia dei nuovi temi senza pianificare una strategia di intervento, e soprattutto si rischia di associare il fenomeno social network solo a un trend di comportamento degli utenti. I temi trattati nei social network rompono per definizione gli schemi, ribaltano i paradigmi, e proprio per questo hanno un forte impatto anche al di fuori di un perimetro di tematiche definite a priori. Bisogna accettare questa sfida lanciata dall’immenso volume di dati che ogni giorno troviamo in rete, una sfida che a mio avviso è tutta “culturale” perché bisogna essere capaci di integrare le informazioni presenti sul web con quelle che fanno già parte del patrimonio aziendale. A livello personale, utilizzo i social network, con una predilezione verso Twitter, che trovo uno strumento semplice e intelligente allo stesso tempo. Credo che Twitter mi dia la possibilità di crescere come individuo avendo il giusto mix di contenuti informativi, nonché la possibilità di interagire direttamente con chi si occupa degli stessi topics».

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Gianluca Giovannetti, 48 anni, background economico, è attualmente Group CIO e business process director di Amadori. In questo ruolo, ha l’obiettivo di garantire l’innovazione di processo e tecnologica, allineata all’evoluzione del business. A tal fine, ha realizzato progetti di Business Transformation, aventi come oggetto, oltre ai sistemi informativi, in particolare il cambiamento dei processi di business più critici. Nel suo percorso professionale, ha ideato e coordinato iniziative di Business Process Improvement, di ristrutturazioni e cambiamenti organizzativi in realtà complesse e internazionali. In precedenza, ha sviluppato una pluriennale esperienza nel settore industriale, ricoprendo fra gli altri, il ruolo di ICT director in Del Monte Foods Ltd.

Stefano Tomasini, laureato in Economia e Commercio a Roma, dopo un periodo in uno studio di commercialisti e in società del gruppo IRI/Italsiel, nel 1989 viene assunto come funzionario presso la Ragioneria Generale dello Stato. Nel 2000, dopo un periodo come dirigente ispettore dell’Inail, torna alla Ragioneria Generale dello Stato, occupandosi di analisi economico-statistica. Nel 2005, è direttore generale del personale della Ragioneria Generale dello Stato e nel 2009 direttore del sistema informativo della fiscalità, ministero dell’Economia e delle Finanze. Dall’ottobre 2011, ha l’incarico di direttore centrale dei servizi informativi e telecomunicazioni di INAIL, che dal 2014 ha assunto la denominazione di Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale.