Il paradigma olivettiano, l’impresa nel terzo millennio

“Olivetti Adriano di Camillo: Sovversivo”. Così scriveva un oscuro funzionario sulla copertina del dossier che la questura di Aosta aprì su Adriano Olivetti nel giugno 1931.

Forse, perché in ogni società che rifiuta il cambiamento per paura di essere cancellata, anche le idee “buone” possono spaventare. Quella di Adriano Olivetti fu un’esperienza unica nel capitalismo italiano e internazionale perché si basò su una concezione del lavoro che metteva al centro gli aspetti sociali in luogo del profitto. Il paradigma olivettiano è anche il fulcro della riflessione di due volumi della collana Piccola Biblioteca d’Impresa di Inaz e rappresenta un punto di partenza obbligato per tutti coloro che concepiscono l’imprenditorialità come un fattore essenziale per il progresso di una società aperta e giusta. Ma che cos’è il “bene dell’azienda”? Per Vittorio Coda, professore emerito dell’Univeristà Bocconi, esperto di strategia e politica aziendale, si identifica con il suo sviluppo duraturo. «Ma si badi bene, non crescita quantitativa».

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Per l’economista d’impresa, Marco Vitale, che punta il dito contro «la peste della finanziarizzazione del mondo», l’impresa non deve essere autoreferenziale. «La legittimazione dell’impresa è nell’essere utile alla collettività e al suo sviluppo». Ali Reza Arabnia, presidente e AD del Gruppo Geico (geicotaikisha.com), è convinto assertore dell’innovazione e della responsabilità sociale di chi fa impresa. Persiano d’origine vive e lavora in Italia dal 1980. «Nel periodo più brutto della nostra vita aziendale nel 2009, abbiamo investito senza paura. Mentre tutti i nostri concorrenti tagliavano il personale e bloccavano gli investimenti, noi puntavamo sull’innovazione e i giovani talenti».

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E del resto, come ricorda Carlo G. Lacaita, ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano, la prima fabbrica di Camillo Olivetti a Ivrea aveva il suo cuore proprio nel laboratorio. (nella foto da sinistra, Ali Reza Arabnia, Marco Vitale, Linda Gilli, AD di Inaz, Carlo G. Lacaita e Vittorio Coda)