Viaggio nell’innovazione dei CIO italiani

economia digitale

Aprire le imprese all’innovazione. Lavorare insieme per costruire il futuro. Sette regole per governare il cambiamento e tredici CIO per capire come fare. La frase più pericolosa in assoluto? «Abbiamo sempre fatto così»!

Indipendentemente dal settore e dalla dimensione, tutte le aziende stanno diventando aziende tecnologiche. Le divisioni IT sono in bilico tra vecchia IT e nuova IT, tra spinta alla conservazione e trasformazione. Secondo Gartner, entro il 2017, i CMO controlleranno più spesa IT dei CIO. E per gli analisti di IDC, c’è una spinta al cambiamento che nella maggior parte dei casi è guidata dalle Line of Business. E a questo punto, molti cominciano a chiedersi se i CIO siano più conservatori o innovatori.

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Quando IT e Business – però – sono capaci di lavorare insieme, nasce l’innovazione che serve alle aziende e che innesca quel processo di cambiamento capace di creare valore. Nella “terra di mezzo” di questa convergenza, i nuovi CIO – come leader della trasformazione tecnologica – guidano i progetti più innovativi che fanno crescere le imprese portandole al successo.

E forse, il potere dei CIO è destinato a crescere ancora nelle organizzazioni aziendali con una convergenza verso l’alto con una fusione tra CIO e CEO. Ma non solo. In questa fase di trasformazione, che non lascia intatti ruoli e competenze, ci saranno CIO a capo dei dipartimenti di ricerca, dei Cert nazionali, delle forze di polizia e chissà – forse – anche alla guida di ministeri come l’agricoltura, l’ambiente e le infrastrutture.

La ricetta dell’innovazione ha molti ingredienti. C’è chi parte dai dati grezzi chi dall’organizzazione. Chi dall’immaginazione e chi dalla capacità di realizzare. Chi dal software e chi dall’hardware. Poi c’è chi preferisce lasciare la cucina ad altri per concentrarsi sul proprio core business. Dimenticando che il lavoro sul campo è quello che fa la differenza. Per crescere è necessario conoscere il contesto e gli strumenti. Progettare l’innovazione significa coniugare pensiero e azione in un unico momento. Sul menu, ci sono IoT, Smart Fast Data, smart working, green data center, storage, virtualizzazione, dematerializzazione, dispositivi mobili, device connessi, microservices, Visual Analytics. La sicurezza è trasversale. L’innovazione – però – non è solo quella di tendenza, strillata dalle startup dal fiato corto. C’è l’innovazione che rilancia il saper fare delle imprese da Nord a Sud. C’è l’innovazione che non ti aspetti, silenziosa e normale, che fa funzionare meglio le imprese, dalla moda all’industria meccanica, rendendole più competitive e capaci di reagire ai cambiamenti del mercato. Se la vera sfida dei tempi moderni è la velocità, i CIO devono cogliere il vento dell’innovazione, sfruttandone l’energia per mettere in campo soluzioni che siano veramente capaci di produrre risultati misurabili.

Innovazione: sei regole, più una

La trasformazione digitale sta modificando velocemente l’organizzazione dei processi e del lavoro. Le resistenze e i contrasti tra le funzioni si alimentano soprattutto per la mancanza di una visione unica, trasparente e condivisa dell’organizzazione. Molti sono spaventati più che dall’innovazione in sé dalla velocità stessa del cambiamento. E se le imprese non vogliono perdere il treno dell’innovazione e ragionare non solo in termini di riduzione dei costi ma di produttività, solo una sinergia tra tutte le forze in campo permetterà di comprendere in tempo le dinamiche della trasformazione, evitando il rischio di farsi travolgere per eccesso di tempismo o mancanza di cautela.

Nessun settore industriale è immune dall’impatto della trasformazione digitale. Oggi, tutte le aziende hanno bisogno di intelligenza nella gestione dei dati, massima sicurezza, connettività e visibilità sui sistemi. Innovare significa eliminare i fattori che ostacolano l’efficienza, la flessibilità e la produttività. Ma se la tecnologia è soprattutto empowerment, non dobbiamo mai dimenticare che al centro ci sono le persone. Abbiamo incontrato tanti CIO e raccontato tante esperienze e casi di successo. Nessuno però ha mai pensato di essere infallibile. Ed ecco le sei regole (più una) che abbiamo imparato.
La prima: la semplicità è l’unico antidoto possibile alla complessità. Alzare la testa fuori dalle classiche “mura” e osservare l’ecosistema aziendale. La seconda: avere un piano di emergenza o una via di uscita a portata di mano può salvare l’azienda e anche il posto di lavoro. La terza: guardare avanti e ragionare a ritroso. Avere una strategia chiara e scegliere gli strumenti giusti. La quarta: soluzioni su misura. Non pensare all’IT come una taglia unica. Sperimentare e arrivare a un prototipo in tempi brevi e costi contenuti. La quinta: scommettere senza azzardare. Meglio imparare facendo, che aspettare l’evoluzione del mercato. La sesta: costruire ecosistemi, non barriere. Verificare l’efficacia del progetto pilota con il business e definire una piattaforma tecnologica robusta e scalabile. Ma la frase più pericolosa in assoluto resta per tutti una sola: «Abbiamo sempre fatto così»!

Dare un volto alle imprese che innovano

Trasformazione e innovazione vogliono dire molte cose diverse. Secondo la visione di IDC, Business e IT diventano terreni contigui con una contaminazione costante di reciproche competenze. La cultura dei dati entra nelle direzioni marketing. E la cultura informatica esce dai dipartimenti IT, che ormai non sono più, solo la “stanza dei bottoni” ma sono sempre più trasformazionali. La convergenza di cloud, social, mobile, big data e analytics, ha messo le aziende nella condizione di incrementare notevolmente le proprie capacità e potenzialità, rendendo accessibile everywhere and anytime le risorse ICT necessarie. Da un lato i mondi fisici e virtuali convergono. Dall’altro emerge il cosiddetto mesh digitale. In questo scenario, il software diventa il principio ordinatore alla base di molti modelli di business e i dati diventano i mattoni su cui fondare nuove strategie. Il problema dell’innovazione tecnologica (che non è solo information technology) è più ampio di quello che sembra. Ogni CIO ha una definizione diversa di innovazione e deve confrontarsi con ambienti di lavoro molto eterogenei per formazione, competenze, età e stili di lavoro. Per la prima volta nella storia delle imprese, infatti, molte generazioni diverse di lavoratori si trovano a lavorare fianco a fianco. E i CIO e direttori delle HR si trovano a confrontarsi con questa realtà che impatta moltissimo sulla trasformazione digitale delle imprese.

L’innovazione che non si vede

Secondo il Censis (dati 2014), sono 145mila, e cioè un quarto di tutte le aziende manifatturiere e informatiche con meno di 20 addetti, le realtà produttive italiane a tutti gli effetti impegnate in processi di profonda innovazione del proprio modo di fare impresa. E ciò senza passare attraverso i consueti canali della ricerca con la “R” maiuscola. Si può fare, sperimentare, introdurre innovazione, quindi, anche senza entrare in meccanismi troppo complessi e sovraordinati rispetto alle proprie dimensioni di impresa. In pratica, c’è una “forza trainante” rappresentata anche dalla piccola impresa, capace di innovare. E il più efficace stimolo all’innovazione resta sempre e comunque l’orientamento al mercato. Ma fare innovazione costa, comunque, anche senza entrare nei circuiti alti della ricerca, e soprattutto per le piccole imprese che devono finanziarla in massima parte per conto proprio, considerato che il 72% delle spese sostenute viene finanziato con mezzi propri, e solo il 2,5% con finanziamenti pubblici agevolati. In questo contesto, il super ammortamento e il piano di investimenti per il Sud, previsti dalla Legge di Stabilità 2016, possono rappresentare una boccata di ossigeno.

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Come aprire l’Italia al futuro

Dietro la crescita del cloud, dell’IoT, delle nuove applicazioni e soluzioni software, c’è la spinta digitale di tutti quei segmenti avanzati nei diversi settori dell’economia italiana, che hanno ripreso a investire nelle nuove tecnologie e stanno accelerando per recuperare efficienza e competitività. Per Agostino Santoni, presidente di Assinform – «creare valore con il digitale significa aprire l’Italia al futuro, costruendo un paese più efficiente, semplice, trasparente, competitivo, inclusivo, capace di offrire nuove opportunità di crescita e lavoro». Dai dati del ministero dello Sviluppo economico emerge che il “rinascimento” produttivo del nostro Paese può essere trainato dalle medie, piccole e microimprese. Questo tessuto imprenditoriale rappresenta una delle chiavi di volta del Made in Italy e contribuisce per oltre un quinto al valore aggiunto prodotto in Europa dalle imprese della manifattura fino a 50 addetti. Siamo il secondo paese in Europa, dopo la Germania, per numero di aziende che negli ultimi tre anni hanno introdotto innovazioni di processo o di prodotto, innalzando il loro livello qualitativo. E più dell’80% di queste aziende ha meno di 50 addetti: segno che, se un ostacolo alla capacità di innovare esiste, non sta nelle dimensioni delle nostre PMI. Anzi, come sottolinea Maria Rita Fiasco, vicepresidente di Assinform con delega alla Nuova Impresa – «questi dati sono frutto dei comportamenti virtuosi di quelle imprese che, malgrado la crisi, si sono internazionalizzate e hanno rafforzato le filiere produttive, innovando prodotti e generando brevetti. E questi dati dimostrano che la trasformazione digitale può offrire una grande opportunità a tutte le imprese. Occorre – però – l’impegno di istituzioni, imprese, associazioni per colmare il gap informativo. Servono strumenti specifici di supporto all’innovazione delle Pmi e, soprattutto, una nuova cultura digitale d’impresa capace di tenere insieme spirito imprenditoriale e innovazione».

Snam, l’IT bimodale

Secondo Gloria Gazzano, CIO di Snam e presidente del CIO AICA Forum, il gruppo di lavoro di AICA che riunisce i CIO delle più grandi organizzazioni pubbliche e private italiane, siamo entrati in un’era guidata dall’innovazione tecnologica e dai comportamenti sociali che in molti casi evolvono con una velocità superiore rispetto alla capacità di molte aziende di adattarsi. «Queste tecnologie danno luogo a trasformazioni radicali nei modelli di business. E da qui, il concetto di IT bimodale» – spiega Gazzano. Il processo di IT innovation management, di cui si è dotata Snam, ha l’obiettivo di facilitare l’individuazione delle disruptive technologies, che possono avere un impatto significativo sul business. «In tal senso, seppur con un diverso grado di maturità – continua Gazzano – stiamo lavorando all’inserimento di soluzioni mobile, IoT, augmented reality, big data e cognitive computing. Inoltre, stiamo esplorando un portafoglio di tecnologie che riteniamo possano rendere più efficaci le relazioni con i business partner, più efficienti i processi aziendali (in particolare di manutenzione per le operation) e che contestualmente ottimizzino la nostra capacità di prendere decisioni aumentandone la velocità, con la finalità ultima di supportare l’innovazione di prodotto e del servizio».

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Metropolitana Milanese, l’alleanza tra IT e business

Negli ultimi anni, abbiamo vissuto un forte cambiamento dovuto alla “consumerizzazione” delle soluzioni IT, che ha portato un nuovo scenario anche nelle aziende, con competenze IT diffuse, stravolgendo il vecchio paradigma di una funzione IT trincerata dietro le proprie conoscenze e dietro la gestione tecnologica. «Il processo è ancora in atto – afferma Nicola Rivezzi, CIO di Metropolitana Milanese – e comporterà una sempre più forte convergenza di IT e Business, mettendo in seria difficoltà le strutture che non riusciranno ad adeguarsi. Intanto un nuovo e interessante scenario sta emergendo, quello dell’Internet delle cose, che apre nuovi orizzonti sia nelle organizzazioni aziendali sia nel mondo consumer. Questo impatterà sull’organizzazione delle strutture IT, che avrà bisogno di nuove competenze. Già oggi, lungo la rete e gli impianti dell’acquedotto di Milano sono presenti circa un migliaio di sensori che monitorano diverse caratteristiche idrauliche ed elettriche, mentre per le Acque Reflue il solo depuratore di San Rocco è gestito tramite circa duecento sensori sparsi sulle componenti impiantistiche. Questa problematica intercetta sia l’IoT sia il tema dei big data, dato che questi sensori registrano e inviano dati ai nostri centri di controllo con periodi di campionamento di 3-5 secondi, generando una enorme mole di dati, che oggi viene utilizzata per le decisioni operative di esercizio degli impianti e della rete, ma che opportunamente analizzata potrà fornirci preziose indicazioni per migliorare ulteriormente le capacità prestazionali della nostra rete e dei nostri impianti».

Arbi, l’innovazione per la qualità

Per Roberto Nardi, IT manager di Arbi, trasformazione tecnologica, ma anche velocità di attuazione dei progetti sono i punti chiave della strategia aziendale. «Nel corso degli anni, abbiamo ampliato gli stabilimenti, virtualizzato il data base e adottato soluzioni gestionali che ci consentissero di integrare e visualizzare tutti i processi. Tra gli investimenti di prossima realizzazione ci sono il completamento dell’automatizzazione e della robotizzazione del magazzino e del sistema di confezionamento e pallettizzazione. Guardiamo al cloud come un’opportunità di sviluppo per un’IT sempre più su misura».

Canali, fashion intelligence

Le aziende del fashion retail necessitano di strumenti gestionali particolarmente sofisticati in quanto devono soddisfare elevati standard qualitativi. In Canali, «business strategy e data strategy sono di fatto un tutt’uno» – spiega il CIO, Giovanni Colzani. «L’organizzazione è molto snella e la direzione generale promuove lo scambio continuo di pareri su idee e progetti tra le varie linee di business e i sistemi informativi. Siamo fermamente convinti che in questa fase di sviluppo e trasformazione, l’IT deve svolgere un ruolo centrale nel ridisegno dei processi aziendali interni e delle relazioni con i soggetti esterni, siano essi clienti o fornitori. Per far questo, la completa integrazione tra ERP, CRM, retail e business intelligence diventa un requisito fondamentale».

ContactLab, visione e innovazione

Per Massimo Fubini, founder & CEO di ContactLab, il Made in Italy ha una brand awareness molto forte nel mondo, ma continua a perdere occasioni, per mancanza di visione e di innovazione. «In tutti i settori, anche brick and mortar, la digital transformation è una grande opportunità: non è sempre indolore e richiede uno sforzo culturale, ma è alla base del futuro delle nostre aziende».

Zanotti, l’IT pilastro del business

«L’IT è stato un pilastro fondamentale della crescita dell’azienda che ha investito sempre moltissimo in innovazione» – spiega Bruno Zanchetta, direttore sistemi informativi di Zanotti. «Nel 1984, siamo stati tra i primi in Italia ad adottare una soluzione ERP. Da anni, adottiamo un ciclo di progettazione 3D con gestione integrata dei dati di progetto. Zanotti compete sul mercato globale mantenendo le sue radici in Italia. L’innovazione ha fornito quel vantaggio competitivo in grado di fare la differenza. I sistemi informativi in un’azienda come Zanotti sono veramente strategici. L’innovazione di prodotto ci ha permesso di sviluppare la più ampia offerta sul mercato. L’innovazione di processo ci ha permesso di rispondere in tempi rapidi alle richieste e ai cambiamenti del mercato».

Rhiag, gestire la complessità

Per Cristiano Zambarbieri, supply chain customer service manager di Rhiag, la complessità dipende da molti fattori differenti e intrecciati tra loro: pressione competitiva, crescita lenta e numero degli operatori presenti nel mercato. «Grazie all’utilizzo di metodologie statistiche avanzate abbiamo scoperto trend e correlazioni tra le filiali e siamo in grado di cogliere in anticipo i possibili effetti di determinati interventi e di stimare la dinamica di vendita dei prodotti, riducendo al minimo i rischi».

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Brembo, L’IT che trasforma il business

Quando si parla di innovazione, vantaggio competitivo e crescita, per Paolo Crovetti, direttore ICT di Brembo valgono tre semplici punti: «Qualità e resilienza dei prodotti e servizi IT erogati in azienda. Sostenibilità della spesa IT. Definizione e implementazione di architetture IT che devono essere flessibili, pervasive, adattive e coerenti con la trasformazione dei processi aziendali». Ma è illusorio pensare che l’innovazione da sola possa assicurare un vantaggio competitivo destinato a durare per sempre. «Il vero vantaggio competitivo – afferma Crovetti – si costruisce giorno per giorno, con il lavoro duro, con la qualità dei dati, con la capacità di distribuire conoscenza e di ripensare i processi di deployment, ma soprattutto con le persone competenti. Si può comprimere qualsiasi cosa a livello tecnologico, ma non il tempo necessario alle persone per comprendere il cambiamento».

ManpowerGroup Italia, nuove sfide per le HR

Il tema della riduzione dei costi, al centro dell’attenzione dell’IT negli ultimi anni, ha contribuito non solo a rendere più efficienti i processi, ma ha spinto verso una maggiore efficacia. «Per ManpowerGroup – spiega Andrea Cervino, direttore IT di ManpowerGroup Italia – le risorse umane sono l’asset più strategico del processo di business e hanno la stessa importanza del cliente esterno. Il lavoro è sempre più liquido e rispetto al modello di “fabbrica” tradizionale – oggi – le prestazioni vengono erogate senza una postazione fissa e secondo tempi e modalità in continua evoluzione».

Grandi Navi Veloci – GNV, sulla rotta dell’innovazione

Tutte le compagnie di navigazione hanno ridisegnato i modelli di deployment delle flotte a cominciare dalla ridefinizione dei processi interni. «Per un lungo arco di tempo – racconta Paolo Beatini, CIO di Grandi Navi Veloci, GNV – il processo di revenue management che permetteva di ottimizzare la capacità nave attraverso la gestione della leva dei prezzi è stato il cuore della strategia di business nel settore dei trasporti. Oggi, questo approccio è mutato in maniera radicale e l’analisi dei dati ci ha portato a un cambiamento di tutta la struttura aziendale».

Vimar, La collaborazione intelligente

Per Francesco Pezzutto, CIO di Vimar, il percorso verso la smart collaboration può essere pieno di insidie tecnologiche, organizzative e culturali. Gli investimenti in smart working e UC&C consentono di avere un ROI tangibile in termini di aumento della produttività e di snellire i processi di business, riducendo i costi (spese per trasferte, spese di interconnessione), ma il beneficio più grande è la qualità del lavoro. Abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione, dotando l’azienda dei più evoluti strumenti di comunicazione per garantire non solo ai dipendenti la possibilità di accedere a dati e applicazioni aziendali in qualunque momento, senza vincoli di localizzazione, ma anche per abilitare nuovi modelli di gestione delle relazioni con stakeholder esterni all’impresa, a partire da clienti e fornitori. Le soluzioni di smart working abbattono le barrire culturali. La tecnologia deve essere cavalcata e governata per portare innovazione in azienda e dare vantaggio competitivo. Gli strumenti di collaborazione sono perfettamente integrabili con soluzioni di CRM ed Extended ERP. L’aspetto della sicurezza non è da trascurare, ma non deve essere un deterrente all’innovazione».

CIR food, storage più strategico

La filosofia di CIR Food Cooperativa Italiana di Ristorazione poggia su due pilastri: la massima soddisfazione del cliente e la promozione di una corretta cultura dell’alimentazione. «L’esplosione dei dati strutturati e non strutturati, e la corrispondente crescita esponenziale dei volumi di dati da archiviare e soprattutto da gestire, stanno determinando un mutamento di pelle delle infrastrutture IT» – racconta Luca Baccarini, direttore dei sistemi informativi di CIR Food. Lo storage è sottoposto a molte sfide che per i sistemi di tipo legacy sono difficili da indirizzare in termini di scalabilità, performance, agilità, resilienza e facilità di utilizzo».

Rulmeca, L’IT agile e “pensante”

Per essere un’azienda “pesante” in grado di reggere alla competizione internazionale bisogna essere anche un’azienda con un IT “pensante”. In Rulmeca, il primo passo di questa trasformazione è stato l’ERP di Gruppo, come ci spiega Andrea Brignoli, responsabile IT della società. «Il nuovo sistema gestionale è stato affiancato in tutte le filiali da un nuovo software BI per il monitoraggio e la reportistica, con alert e informazioni realtime. L’infrastruttura tecnologica è basata sui sistemi virtualizzati nella nuova server farm nata dal nulla in Italia. Adesso, stiamo erogando anche nuovi servizi in cloud privato alle consociate, come la posta di Gruppo. La voce si sta trasformando in video e chat. Quasi tutto l’hardware sta sparendo, convertito in servizi virtuali. La carta sta lasciando sempre più spazio alla dematerializzazione».