Come è fatto A12 Bionic, il primo chip al mondo a 7nm

A12 Bionic chip a 7nm
Come è fatto A12 Bionic, il primo chip al mondo a 7nm

Non un aggiornamento banale quello che Apple ha portato a bordo degli ultimi iPhone XS, vista la promessa di potenziare le operazioni e renderle ancora più smart

Da quando Apple si è inventata il suffisso “s” da legare alle generazioni numeriche dei propri iPhone, questo si è tradotto in aggiornamenti non così evidenti nelle forme e nei contenuti. Lo stesso concetto può valere, almeno in parte, per gli XS e XS Max, ma non sotto la scocca. Qui infatti batte un processore A12 Bionic, il primo al mondo prodotto con tecnologia a 7nm. Cosa comporta? Prima di tutto un’ulteriore riduzione nelle dimensioni del SoC e poi tanta potenza, ottimizzazione dell’autonomia e, soprattutto, operazioni smart che aprono a scenari ulteriori nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

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In verità, ogni generazione di chip della serie A ha offerto incrementi prestazionali evidenti rispetto ai predecessori ma è stato con l’A10 Fusion SoC che Apple ha davvero intensificato il suo gioco. Il processore, basato sull’architettura big.LITTLE di ARM, aveva quattro core di cui due dedicati alle performance due all’ottimizzazione dei processi. Con l’A10X si è passati a sei core e a una fabbricazione a 10nm mentre, nell’A11 Bionic abbiamo visto lo stesso hardware affiancato da una GPU specifica per l’AI.

Cosa cambia

L’A12 Bionic potrebbe sembrare un semplice aggiornamento del suo vecchio fratello in silicio. Ma c’è una differenza fondamentale col predecessore ed è il passaggio dalle 600 miliardi ai 5 miliardi di miliardi di operazioni (5 trilioni) gestibili ogni secondo. Si tratta di numeri che per i più avranno poco senso ma che spingono la Mela ad affermare che A12 Bionic è il chip per smartphone più “smart” di sempre. Si tratta probabilmente di un’iperbole ma la presentazione di alcune funzionalità dedicate può essere un ottimo esempio per capire in cosa si tradurrà la AI per tutti. A Cupertino è stata mostrata un’app chiamata Homecourt, in grado di catturare filmati di un utente che gioca a basket e, contemporaneamente, analizzare il numero di tiri andati a canestro e non, in tempo reale. Tutto ciò grazie all’integrazione di machine learning e framework dedicati che presto, si spera, permetteranno agli sviluppatori di creare progetti molto più interessanti di quelli odierni, in termini di interattività e comprensione del mondo circostante.

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Poter beneficiare di un processore all-in-one, che contiene già gli elementi hardware per l’apprendimento automatico, piuttosto che richiedere una connessione a un sistema centrale o basato su cloud, potrebbe motivare la realizzazione di molte più app con funzionalità avanzate, grazie ad una più semplice implementazione del codice in kit preconfigurati di intelligenza artificiale, che è un po’ il futuro già puntellato dalle varie Huawei, Samsung e Google.