Fermentation Lab, fermenti innovativi

Fermentation Lab, fermenti innovativi

La startup calabrese vuole personalizzare e valorizzare la produzione vinicola su base territoriale con un kit di autocampionamento e un servizio per la caratterizzazione degli agenti di fermentazione

Tipicità, terreni, vitigni storici. In un mercato dei prodotti agroalimentari che sembra apprezzare ogni giorno di più la territorialità del cibo, valorizzando l’impatto di variabili come la qualità del terreno e delle colture sulle “nuances” dei sapori e dei profumi, una startup creata da tre giovani calabresi mette la chimica e la biologia al servizio di un fattore identitario finora trascurato: i lieviti che sono alla base del processo di fermentazione. Per ora – spiega dalla Calabria, Angela Iacoviello, che in Bocconi a Milano si è laureata in Economia per le arti, la cultura e la comunicazione – Fermentation Lab si concentra in modo particolare sul vino e sulla birra, ma il suo business case si adatta anche a prodotti come il formaggio. L’idea – continua Angela Iacoviello – nasce da una constatazione. «Quasi il 90% dei vini e birre prodotti in Italia, pur utilizzando vitigni o malti che possono essere definiti “locali”, non sono veramente autoctoni perché utilizzano lieviti commerciali standard che provengono soprattutto da Stati Uniti e Australia per i vini e da Germania e Belgio per la birra». E per questo, i tre fondatori del laboratorio – insieme ad Angela c’è un biologo-genetista che vanta un’esperienza di studio e ricerca negli Stati Uniti, dove ha acquisito il PhD, Luigi Citrigno; e un esperto sommelier e assaggiatorer di whisky, Rodrigo Cerminara – hanno deciso di porre rimedio a una lacuna con il progetto, R.Y.N.S (Region specific yeast, naturally selected) presentato in anteprima a Smau Milano 2018. Un approccio che potrebbe determinare una svolta significativa nel modo di produrre queste bevande alcoliche. La sfida è chiara: «Perché non offrire all’enologo o al mastro birraio la possibilità di autocampionare i lieviti che abitano naturalmente i luoghi di coltivazione e le cantine, per riuscire a determinare, grazie a una procedura scientifica certificata da noi, il proprio “best yeast”, un agente di fermentazione ottimale»?

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A CIASCUNO IL SUO LIEVITO

R.Y.N.S si occupa di rilevamento e caratterizzazione molecolare dei lieviti nei processi agro-alimentari di fermentazione. I neoimprenditori sono personalmente coinvolti. A tutti piace partecipare alle degustazioni e se il sommelier è anche un produttore vinicolo a livello amatoriale, il biologo è invece un fan della birra fatta in casa. «Il nostro progetto – spiega ancora Angela Iacoviello – vuole avere anche una funzione educativa nel settore. Servirà a convincere il produttore che utilizza lieviti standard della possibilità di ricorrere a fermenti che sono propri dell’ambiente di vinificazione e possono in questo modo venire meglio incontro alle esigenze di un mercato sempre più attento alla territorialità». Ci potranno essere ricadute positive anche nel mondo, molto più ristretto dei cosiddetti vini naturali, un segmento che estremizza i principi del vino biologico e rifiuta sia di utilizzare fertilizzanti e diserbanti chimici durante la coltivazione, sia di ricorrere all’inoculazione manuale di lieviti “esterni”, lasciando che il processo di fermentazione del mosto avvenga unicamente tramite esposizione ai microorganismi già presenti nell’ambiente. «I lieviti da noi selezionati sono del tutto naturali. E il ricorso ai ceppi di “best yeast” può evitare che in fase di fermentazione entrino in gioco i lieviti “cattivi”, che in certe dosi possono conferire al vino sentori sgradevoli».

L’attenzione dei consumatori si concentra di solito su vitigno, terreno, esposizione, ma i lieviti giocano un ruolo fondamentale nel “trasformare” il mosto e hanno caratteristiche bio-tecnologiche molto complesse, che permettono per esempio di conferire maggiore stabilità e resistenza ai solfiti, o di resistere agli attacchi di altri lieviti. Il lievito è insomma imprescindibile, anche per conferire al vino le sue caratteristiche organolettiche. A certi lieviti corrispondono certi aromi, alcuni sono adatti alla vinificazione di bianchi e rosati, altri ai rossi più corposi. E allora perché si tende a utilizzare un lievito standard, addirittura proveniente da oltre oceano? «Non dobbiamo dimenticare che USA e Australia vantano una lunga tradizione, e in molti casi le aziende hanno dimensioni molto maggiori rispetto alle aziende europee, riuscendo a imporre le loro procedure» – risponde Angela Iacoviello. «Ultimamente, anche in Europa stanno nascendo imprese orientate alla selezione di lieviti autoctoni, ma anche qui si lavora in modo standardizzato, con lieviti comuni in aree molto estese. Il vantaggio del nostro kit di autocampionatura sta proprio nella capacità di dare a ciascun produttore il suo lievito, così come può avvenire solo per le grandi marche di vino e birra, che hanno la forza economica di “firmare” il proprio best yeast».

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PIÙ VALORE AL TERRITORIO

I primi test commerciali sembrano dimostrare la validità di un approccio che si basa su un servizio offerto, grazie al famoso kit, in forma molto personalizzata. Anche i produttori più piccoli possono investire in questo strumento e nelle conoscenze di base che li aiuteranno a ottenere vini ancora più pregiati, proprio perché in grado di esprimere al meglio l’unicità dei singoli territori. In linea con i trend di mercato che da oggi, oltre che al recupero di “ingredienti” come i vitigni storici, tendono a puntare anche su un fattore-chiave come il lievito per valorizzare ulteriormente le loro bottiglie. «In regioni come la nostra Calabria, dove sono stati censiti tanti vigneti e cantine, potremmo contribuire a una maggiore identificazione territoriale e questo varrebbe in tante altre regioni e nazioni produttrici» – conclude Angela Iacoviello. Il primo successo ottenuto da Fermentation Lab riguarda la partecipazione al primo bando del programma TalentLab promosso da regione Calabria per la selezione di startup e spinoff universitari innovativi. Con la selezione è arrivata lo scorso anno la possibilità di seguire dei corsi di formazione organizzati con l’incubatore del Politecnico di Torino e con PWC Europe. Nella prima parte del 2019, gli startupper contano di strutturare il loro laboratorio per dar luogo, entro la fine dell’anno, a una prima “market replication”. Il modello di business si basa sulla commercializzazione del kit di autocampionamento e sulla produzione in serie del lievito personalizzato, che successivamente verrà rivenduto all’azienda che lo ha commissionato. Nel radar dei nostri cacciatori di lievito ci sono, come si è detto, altri tipi di produzione. Analoghi microorganismi entrano in gioco anche negli stadi di maturazione del formaggio, o dei salumi stagionati. Il team calabrese deve anche tener conto dei primi concorrenti nazionali, negli ambienti della ricerca universitaria e nella realtà del mercato. Per questo, un altro obiettivo immediato è quello della visibilità da conquistare partecipando a fiere ed eventi di settore. Se il lievito è buono, il business crescerà.

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