L’area dei sistemi di pagamento innovativi è in piena trasformazione. Tra standardizzazione, interoperabilità, sicurezza, nuove regole e l’arrivo di nuovi attori sul mercato, i pagamenti digitali rappresentano una sfida decisiva per le banche

L’area dei pagamenti digitali è sicuramente un territorio di elezione tra i più interessanti della digital transformation. Grazie alle nuove tecnologie anche il denaro si sta gradualmente digitalizzando e il mercato presenta nuove opzioni con l’avvento di nuovi attori. Da tempo, si è anche diffuso un cambiamento culturale dei consumatori che sta generando un vero salto di qualità. L’offerta di pagamenti elettronici, a livello internazionale, è caratterizzata da prodotti emergenti quali: Google Pay, Apple Pay, Samsung Pay, Alipay, Libra, M-Pesa, Paxos, Stablecoins, Swish, WeChat Pay, Zelle. Ampliare l’opportunità di scelta significa incoraggiare la competizione.

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NUMERI IN CRESCITA

Secondo i dati della Banca centrale europea il settore sta crescendo a livello globale del 10% l’anno. Le transazioni non-cash nell’Unione europea sono passate da 433 miliardi nel 2015 a oltre 644 nel 2019. L’Italia è in forte ritardo rispetto agli altri paesi e i pagamenti digitali rappresentano solo il 21% del totale contro una media europea del 39%, pur registrando una crescita sostenuta, con un CAGR del 10% dal 2012 al 2017 e una previsione del 7% dal 2018 al 2022. Secondo l’ABI il numero di operazioni da dispositivi mobili è salito in media del 71% nel 2018, i bonifici e i giroconti sono aumentati, nello stesso periodo, del 131% e i pagamenti diretti tra persone del 72%. L’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) conferma che i mobile proximity payment, in particolare, sono cresciuti nel 2018 del 650%, raggiungendo i 530 milioni di euro, a fronte dei 240 miliardi con carta e 80 miliardi in totale di pagamenti innovativi. È raddoppiato non solo il numero di persone che utilizzano il mobile per gli acquisti, oggi stimato in un milione, ma anche la spesa media annua pro-capite, valutata in 500 euro a persona. L’Osservatorio prevede anche che nel 2021 il valore complessivo di questi pagamenti in Italia potrebbe attestarsi tra i 5 e i 10 miliardi. Lo smartphone risulta sempre più utilizzato anche per fruire dei servizi bancari con il 21% dei clienti che oggi si connette al proprio conto (nel 2017 era al 17%).

MERCATO IN EVOLUZIONE

L’ultimo decennio ha visto una trasformazione notevole del modo in cui le imprese e i consumatori spostano denaro. «E i prossimi dieci anni promettono di essere ancora più dirompenti» – spiega Diego Pandolfi, research & consulting manager di IDC Italia. Le aspettative e la maggiore concorrenza, in gran parte al di fuori dello spazio finanziario, in effetti, svolgeranno un ruolo importante nel guidare questo cambiamento. L’uso della tecnologia mobile continuerà a espandere l’accesso ai servizi finanziari e – secondo IDC – entro il 2022, altri 250 milioni di persone (a livello globale) avranno accesso ai servizi di base. «Banche, reti, fornitori di tecnologia e operatori del settore stanno tutti cercando di anticipare lo scenario futuro» – continua Pandolfi. IDC prevede che entro il 2021, l’85% di tutti gli istituti finanziari utilizzerà soluzioni analitiche predittive abilitate dall’AI per la verifica dell’identità, per mitigare le frodi e favorire la riduzione dei falsi positivi su tutti i tipi di pagamento. Inoltre, entro il 2022, il 50% dei pagamenti richiederà l’autenticazione biometrica anziché PIN e password. «Quali saranno i nuovi sistemi di pagamento elettronico tra 5 o 10 anni non è ancora chiaro» – afferma Pandolfi. «Ma possiamo già individuarne alcune caratteristiche come il basso costo, l’uso su qualsiasi dispositivo o canale in qualsiasi momento, con regolamento istantaneo. Saranno, inoltre, gestiti non solo da istituti finanziari ma anche da terze parti». Con la diffusione delle tecnologie IoT e indossabili, IDC prevede che il numero di dispositivi connessi con accesso ai servizi finanziari si espanderà raggiungendo i 10 miliardi entro il 2024.

«Per i consumatori e le imprese – prosegue Pandolfi – i pagamenti significheranno un accesso sempre più economico e facile per movimentare denaro». Per le banche – invece –  il futuro sembra essere molto più complicato. «Queste devono capire come le loro attività si adatteranno al nuovo scenario». L’adozione rapida dei pagamenti elettronici dipenderà anche dall’ascesa di “portafogli digitali universali”, che consentiranno pagamenti sia online che in negozio, nonché funzionalità più ampie, come trasferimenti di denaro P2P e pagamento delle bollette. «I fornitori di portafogli digitali – precisa Pandolfi – si batteranno su chi fornirà P2P più veloci con altri servizi. Sia l’open banking sia l’emergere di modelli di pagamento alternativi stanno costringendo le banche a ripensare le strategie e la natura della loro relazione con le fintech e con i clienti». Inoltre, la direttiva PSD2 costringe le banche ad aprire le proprie API (Application Program Interface) anche ai fornitori di servizi complementari e questo supporterà la nascita di un nuovo ecosistema di servizi fintech. A tal proposito, IDC stima che entro il 2023, il 90% delle banche globali avrà completato la trasformazione dei propri sistemi di pagamento back-end e potrà aprirsi all’era dell’open banking, offrendo nuovi servizi ed estendendo il valore degli investimenti connessi. «La prossima fase – prosegue Pandolfi – arriverà anche dall’emergere di nuovi modelli abilitati all’instant payment. Inoltre, la ricerca di un’esperienza di pagamento semplice farà decollare i contactless payment». Secondo IDC, il 60% dei rivenditori in tutto il mondo accetterà tecnologie di pagamento “senza contatto” entro il 2023. «Gli effetti del cambiamento si stanno cominciando a vedere – conclude Pandolfi – e in molti mercati si assiste a un aumento degli schemi di pagamento».

I PAGAMENTI COME EXPERIENCE

«Lo scenario europeo degli e-payment è molto frammentato» – commenta Daniele Savarè, direttore innovation & business solutions di SIA. «Se da una parte ci sono soluzioni basate su carta o conto bancario, dall’altra si diffondono applicazioni come WeChat Pay e Alipay, cui si aggiungono gli instant payment fino agli “autonomous payments” dove il pagamento avviene in modo totalmente automatizzato». Nel medio-lungo periodo, c’è anche da aspettarsi probabilmente l’arrivo di una moneta digitale emessa da una banca centrale. «L’uso crescente dei dispositivi mobili – continua Savarè – pone un potenziale problema rispetto al trattamento dei dati personali e al regolamento GDPR, come per esempio quando si autorizza una transazione tramite riconoscimento facciale». In ambito SEPA esiste l’opportunità per un’azione di standardizzazione e interoperabilità fra i diversi sistemi domestici, anche con la creazione di un nuovo soggetto che operi come abilitatore a livello europeo. «La PSD2 invita le imprese a sviluppare modelli di business innovativi soprattutto nei pagamenti online» – sottolinea Savarè – ma servono soluzioni, come quelle realizzate da SIA, per l’accesso al mondo bancario di facile integrazione, scalabili e conformi alla normativa.

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Secondo Claudio Carli, marketing manager di Ingenico Italia, siamo di fronte a un mercato in forte evoluzione. Nel 2018, gli italiani hanno speso 240 miliardi di euro utilizzando i pagamenti elettronici, per un valore medio di 57 euro per singola transazione. Nonostante il ritardo accumulato, l’accelerazione c’è. E sono soprattutto i pagamenti contactless a essere raddoppiati e ad aver trainato la crescita del settore: oggi una transazione su quattro è contactless». Ingenico sta investendo in nuovi e-payment in grado di ottimizzare da un lato la user experience, rendendola simile a quella degli smartphone e dall’altro di personalizzarsi e di integrarsi nei sistemi esistenti. «In questi anni – continua Carli – si sono diffuse soluzioni che utilizzano gli standard SEPA, a cominciare dai pagamenti P2P che stanno evolvendo ora anche verso altri modelli, come il P2M (Person To Merchant) e soprattutto il P2G (Person To Government)». Altri standard industriali e tecnologici, disegnati e sostenuti dai circuiti, si sono definitivamente consolidati e i sistemi di tokenizzazione hanno favorito la diffusione dei mobile payment.

«Stanno emergendo soluzioni di pagamento multicanale, in cui l’esperienza di acquisto e di pagamento in-store, online e mobile, si integrano e creano nuove opportunità di incontro tra merchant e cliente, dando a quest’ultimo anche il vantaggio di una maggiore comodità e flessibilità» – conclude Carli. La maggiore immediatezza del processo di acquisto e l’accettazione di ogni metodo di pagamento garantiranno molteplici benefici anche attraverso l’offerta di nuovi servizi a valore aggiunto.

VERSO UN NUOVO ECOSISTEMA

«Il settore e-payment è stato profondamente modificato dall’emergere di nuovi attori non bancari, attratti soprattutto dalla ricchezza dei dati offerti» – sottolinea Davide Celli, direttore Banca & Assicurazioni di Minsait in Italia. Il livello della competizione costringe il sistema bancario a fare uno sforzo per integrare i nuovi attori in ecosistemi aperti in grado di aumentare le capacità. «Un altro trend fondamentale per capire lo scenario attuale – continua Celli – è la crescente convergenza in termini di capacità innovativa». Per quanto riguarda i modelli di pagamento, l’ultimo Rapporto Minsait, evidenzia la ricomparsa di tre modalità innovative che possono alterare gli ecosistemi attuali: la moneta elettronica, il cash back (o fornitura di contanti dal POS) e i codici QR. «Nel 2019 e nel 2020 – afferma Celli – la trasformazione digitale consente lo sviluppo di soluzioni dirompenti». I dati del Rapporto Minsait confermano inoltre l’abitudine da parte dell’utente ai sistemi di autenticazione a doppio fattore e la resistenza a condividere informazioni senza che siano chiari i vantaggi. «Come in altri settori – spiega Celli – sfruttare tutte le opportunità commerciali offerte dai nuovi trend richiede la trasformazione delle aziende in data driven companies, con il posizionamento – al centro dei nuovi modelli di business – dei dati generati dalle transazioni e-payment».

Secondo Silvia Cotta Ramusino, director Open banking & Marketing intelligence di CRIF, gli e-payment costituiscono un punto di contatto privilegiato per comprendere abitudini ed esigenze dei consumatori. «Per questo motivo sono uno strumento di grande valore per costruire servizi a valore aggiunto, come per esempio fornire linee di credito flessibili alle PMI sulla base dei flussi POS, oppure il pagamento posticipato per siti e-commerce». Infatti, attraverso l’analisi dei dati relativi alle transazioni e-payment è possibile derivare pattern comportamentali per realizzare strumenti orientati al miglioramento della gestione finanziaria e all’offerta di prodotti finanziari (e non solo) mirati alle esigenze del cliente.

«I pagamenti sono sempre più strettamente integrati nel nostro stile di vita, grazie alla rivoluzione tecnologica che li ha portati su smartphone e wearable» – continua Silvia Cotta Ramusino. È fondamentale, quindi, puntare non solo a un’offerta basata su user experience facile e veloce ma anche su soluzioni e servizi ad alto valore aggiunto – come Personal e Business Financial Manager – combinati con differenti strumenti di e-payment. Sulla spinta normativa della PSD2, CRIF ha colto l’opportunità dell’accesso ai dati di pagamento per offrire nuovi servizi a consumatori, aziende e istituzioni finanziarie che, attraverso AI e advanced analytics, consentono da un lato una migliore conoscenza dei propri clienti e dall’altro un maggiore controllo dei propri flussi finanziari, migliorando anche la gestione delle proprie linee di credito.

RIVOLUZIONE COPERNICANA

«Dai forecast della Banca centrale europea, nell’arco 2020-2024 si dovrebbe ravvisare una flessione dei pagamenti tradizionali – su tutti il cash – a favore delle carte e soprattutto degli e-payment» – afferma Stefano Trinci, marketing & customers management director di Enterprise. L’instant payment agirà dunque da catalizzatore, cannibalizzando gli altri metodi. «Le carte sono il competitor più ostico – spiega Trinci – perché vantano una solida infrastruttura, parimenti veloce e sicura, basata sui POS fisici e virtuali». Inoltre, secondo Trinci – «nei prossimi anni, è probabile che si assista, in modo più netto rispetto al passato, a investimenti software e hardware orientati a piattaforme dipartimentali, con le applicazioni organizzate in architetture a microservizi». Enterprise – in effetti – è leader nello sviluppo di applicazioni bancarie, con un focus particolare sui sistemi di pagamento e prodotti conformi ai più elevati standard (certificazione SWIFT e gateway degli instant payment).

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Come conferma anche Liliana Fratini Passi, direttore generale di CBI, il mercato finanziario è al centro di una vera e propria rivoluzione copernicana. «I driver principali sono rappresentati dall’innovazione tecnologica e regolamentare e dall’ingresso di startup tecnologiche, dei “giganti” della tecnologia e dei social media». Per rispondere a queste nuove esigenze, CBI ha realizzato CBI Globe – Global Open Banking Ecosystem – una piattaforma collaborativa multi-operatore che semplifica il colloquio tra le banche tradizionali e i nuovi player finanziari nel nuovo scenario competitivo, consentendo ai consumatori di operare in modo sicuro. «La scelta di creare una soluzione collaborativa di mercato – spiega Liliana Fratini Passi – è fortemente voluta dall’industria bancaria ed è stata creata proprio per essere adottata da tutte le banche a livello internazionale». La soluzione CBI consente agli aderenti di razionalizzare i costi necessari a soddisfare i requisiti normativi, potendo contare su una soluzione tecnologica in grado di centralizzare numerose funzionalità, altrimenti a carico di ciascun intermediario e di accogliere nuovi servizi a valore aggiunto. «Proprio per queste caratteristiche – continua Fratini Passi – la risposta che il mercato dei pagamenti sta riservando a CBI Globe è estremamente positiva, con una adesione alla piattaforma di oltre 300 banche, che rappresentano l’80% del mercato bancario domestico, oltre a numerosi prestatori di servizi di pagamento coinvolti nelle attività di testing della soluzione».

NUOVI SISTEMI DI PAGAMENTO

Una delle ultime novità, di cui si parla molto, è Libra. A guardare i numeri, la sua affermazione sembrerebbe inarrestabile come nuovo schema di e-payment. Facebook ha 2,4 milioni di clienti, Vodafone ne ha 444 milioni e Uber, 91 milioni. Inoltre, Visa ha emesso 2 miliardi di carte di credito, utilizzate da 40 milioni di negozi. E questi sono solo i più grandi partecipanti al sistema di pagamento mondiale Libra. La nuova criptovaluta sarà, infatti, gestita dall’associazione non-profit Libra Association (libra.org), con sede a Ginevra, a cui hanno aderito grandi colossi come Mastercard, Iliad, Booking, eBay, Spotify e PayPal, oltre a quelli già citati. Libra dovrebbe essere semigratuita, ubiqua e con un’app autonoma, destinata non solo al mondo online ma anche agli acquisti in presenza, oltre che per lo scambio di denaro fra privati (P2P). L’obiettivo è di diventare una “valuta mondiale parallela”, ancorata ad asset “sicuri”, utilizzabile potenzialmente ovunque, e da scambiare con valute tradizionali senza alti rischi, ma disponibile anche per quelle persone che non dispongono di servizi bancari di base. Da un punto di vista tecnico, si tratta di una blockchain (o DLT-Distributed Ledger Technology) nuova di zecca, che gestirà la criptovaluta in forma digitale, con un sistema di controllo, registrazione e certificazione decentralizzato e open source. Anche l’e-wallet sarà gestito da una app denominata Calibra. La sfida planetaria di Libra non sarà però priva di nemici. Non è un caso che alla partita non partecipano Apple, Google, Amazon e Microsoft, così come nessuna delle grandi banche, che hanno in cantiere iniziative analoghe. Altra novità, è un e-payment lanciato dalla European Mobile Payment Systems Association (EMPSA), con sede a Zurigo, che con i suoi membri, tra cui sette e-payment provider indipendenti, può mobilitare oltre 350 banche in Europa. Il progetto si basa su una app che utilizza la tecnologia QR Code e gestisce il pagamento in modo diretto senza intermediari, inclusi i circuiti di carte.

SVILUPPO DI UN MODELLO REGTECH

«Il settore dei pagamenti è un comparto globale per definizione e soggetto a continue innovazioni – spiega Enrico Belgini, product manager monetica e pagamenti di Cedacri. «Alcuni esempi attuali comprendono: nuovi circuiti/schemi di pagamento, tecnologia blockchain, monete virtuali, pagamenti contactless, digital wallet, instant payment». Il trend lascia presagire un aumento di servizi e prodotti e nuovi operatori AISP (Account Information Service Provider) e PISP (Payment Initiation Service Providers). «Questa ondata di innovazione – continua Belgini – deve essere gestita e orientata attraverso la collaborazione tra banche, gestori di servizi di pagamento e fintech, e lo sviluppo di un modello “regtech” che possa consentire il monitoraggio delle nuove iniziative di mercato e la loro integrazione nei sistemi IT, così da poterli adeguare alle normative di settore». In tale contesto – conclude Belgini – per le banche e i gestori di servizi di pagamento è fondamentale la presenza di un abilitatore tecnologico come Cedacri che, oltre all’attività di sviluppo IT, vuole svolgere il ruolo di cabina di regia normativa, recependo le innovazioni di mercato introdotte da nuovi operatori e fintech, analizzandole e adattandole alle specifiche normative e integrandole nel core system bancario. Per i nuovi schemi di e-payment non sono pochi gli ostacoli da superare per ottenere il via libera delle autorità monetarie internazionali. La sfida presenta grossi rischi anche per i colossi coinvolti.

La storia degli schemi di e-payment a livello mondiale è costellata da miriadi di tentativi, senza che nessuno di questi sia riuscito a superare la massa critica necessaria. Tant’è vero che – fino ad oggi – le banche centrali e le autorità si sono astenute dalla regolamentazione delle valute digitali, in quanto troppo piccole per rappresentare un rischio per il sistema finanziario. Secondo le banche centrali – prima fra tutte la BCE, ma anche gli organismi internazionali, tra cui l’International Accounting Standards Board – IASB – e il Comitato di Basilea – le “cripto-attività” non rientrano nelle categorie di moneta e di strumento finanziario. La natura economica di questi “gettoni digitali” non influenza i trattamenti contabili e prudenziali e quindi appartengono alla classe dei “digital tokens privati”, senza diritti incorporati ne convertibilità. Inoltre, nella maggior parte dei casi, alle “cripto-attività” non si applicano presidi specifici di trasparenza, né vige alcuna forma di tutela o garanzia delle somme gestite o “depositate” presso soggetti specializzati (exchanges e wallet providers). E sulle transazioni, non è esercitato alcun controllo prudenziale. Per non parlare poi del fatto che tali nuovi sistemi sono stati spesso usati per finalità criminali e illecite. I soggetti che offrono servizi di “cripto-attività” e pagamenti innovativi dovrebbero essere registrati e presidiati per i profili antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo (Anti-money laundering / Counter terrorist financing). Vi sono poi diversi vincoli e trade-off, quali la difficoltà a esercitare una sorveglianza efficace a fronte di rischi non facilmente presidiabili, la natura transnazionale del fenomeno, l’esigenza di tutelare i consumatori e di prevenire possibili rischi sistemici. A fronte di tali criticità spesso non si ravvisano chiari benefici economici o sociali, limitandosi a soddisfare le esigenze degli agenti economici che le emettono o le trattano.

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Per queste ragioni la Banca d’Italia, unitamente alle autorità europee ESMA, EIOPA e all’European Banking Authority (EBA), recentemente ha messo in guardia gli intermediari dall’assumere rischi in questo ambito. Anche il Fondo Monetario Internazionale (IFM) a fine luglio, ha pubblicato un nuovo rapporto in cui si delineano le tendenze principali del nuovo e-payment. L’obiettivo del documento è quello di offrire un quadro concettuale e identificare i principali rischi. Vi è poi la relazione dell’EBA che si concentra sulle tendenze attuali e sui driver che caratterizzano i modelli di business degli istituti di pagamento (IP) e degli istituti di moneta elettronica (EMI). Per l’EBA i cambiamenti in corso possono offrire opportunità promettenti, ma il panorama dei rischi si sta ampliando e le implicazioni determinate dalla PSD2 e dal GDPR possono produrre ulteriori sfide.

SICUREZZA SENZA COMPROMESSI

Il numero delle credit card esposte a frode nel 2017 è cresciuto dell’88% rispetto al 2018 (dati Experian). Mentre più di due americani su dieci hanno addirittura denunciato una frode relativa alle carte di credito negli ultimi 5 anni (dati CreditDonkey). Più nello specifico – come ci spiega Carlo Cugusi, CEO di Augeos – nel contesto bancario italiano possiamo analizzare gli eventi di perdita relativi agli strumenti di pagamento, osservando che, negli anni 2018-19, nella categoria frode esterna, quelle collegate alle carte di pagamento, sono circa il 50% degli eventi totali. «Inoltre, si può osservare come il trend sia in crescita, con il numero degli eventi del 2019 doppio rispetto a quelli dell’anno precedente». Un segno, quest’ultimo, di una crescente attenzione alle probabili falle nella filiera degli attuali strumenti di pagamento. Citando il Rapporto CLUSIT 2018 – conclude Cugusi – possiamo dire che sottostimare i rischi, procrastinare l’adozione di contromisure adeguate e affidarsi alla “buona sorte” non sono più opzioni percorribili». Se da un lato questi dati preoccupano, dall’altro devono spingere ad andare avanti e a utilizzare maggiormente strumenti più innovativi e più sicuri come i “digital wallet” o le app di pagamento mobile. Non tutti sanno che con questa semplice precauzione chi riceve il pagamento non avrà i dettagli della carta ma solo un codice unico valido solo per una volta.

«La sicurezza nell’ambito dei servizi di pagamento è uno dei principi cardine della direttiva PSD2» – dichiara Denny Bellotto, senior consultant di InfoCert Tinexta Group. Le principali novità introdotte dalla PSD2 in materia interessano il tema dell’identificazione certa. Questo tema ha due declinazioni principali, dal momento che la direttiva prevede che debbano essere identificati in modo certo sia il pagatore sia i prestatori dei servizi di pagamento (PSP). «Dal punto di vista dell’identificazione del pagatore, è stata introdotta l’obbligatorietà della strong customer authentication – afferma Bellotto – che prevede l’obbligo da parte dei PSP di garantire l’accesso ai conti di pagamento o l’esecuzione di disposizioni attraverso un’autenticazione forte basata quindi su, almeno, due fattori di sicurezza diversi tra loro». Sul fronte dell’identificazione certa dei PSP – invece – la novità introdotta da PSD2 è quella di richiedere ai cosiddetti Third Party Providers (PISP, AISP) di qualificarsi sempre sulla base di certificati qualificati (QWAC e QSealC), così che sia possibile tracciare in modo completo qualsiasi tentativo di accesso ai conti di pagamento dell’utente. «Non saranno più possibili, in sostanza – conclude Bellotto – pratiche come lo screen scraping, ossia l’accesso ai dati contenuti su un sito web, per esempio l’internet banking, attraverso l’uso di applicazioni software che “simulano” di essere l’utente». Le innovazioni sui servizi di pagamento pongono sempre nuove sfide di sicurezza. Lo standard PCI P2PE (Point-to-Point Encryption) – spiega Claudio Carli di Ingenico Italia – consente l’uso di dispositivi “open’” e non fisicamente sicuri nei sistemi di pagamento, individuando i componenti critici da proteggere, mentre l’adozione della cosiddetta strong authentication nelle operazioni di pagamento imporrà la realizzazione di nuove procedure di identificazione sicura, non ultima l’adozione del “CHIP & PIN” in ogni transazione».

LA FIDUCIA COME FATTORE CHIAVE

Gli aspetti normativi e di sicurezza rappresentano, dunque, i principali scogli da superare per il successo dei nuovi e-payment. Il ruolo delle banche continuerà a essere strategico. Lo stesso Federico Faggin, l’inventore del microprocessore e del touch screen, in una recente intervista a Bancaforte, la rivista dell’ABI, in occasione del Salone dei Pagamenti – ha dichiarato: «Ora che le aziende come Facebook hanno messo un piede nella finanza, lanciando la propria criptovaluta, la risposta delle banche non può che far leva su un fattore chiave: la fiducia. Secoli di storia alle spalle, malgrado qualche errore, sono una garanzia maggiore rispetto ai nuovi arrivati. La fiducia da sola però non basta: le banche devono trovare il coraggio di innovare. E per innovare bisogna abbracciare senza paura le tecnologie informatiche, combinandole con etica, coraggio e saggezza. In questo modo le banche potranno non solo difendersi dalle incursioni di nuovi partecipanti, ma addirittura eccellere. Però, bisogna aprire gli occhi al nuovo mondo e rimboccarsi le maniche».