Dagli smartphone ai PC: Huawei presenta la CPU Kunpeng 920

Dopo l’esperimento dei Matebook, la cinese mette in mostra le capacità dei processori desktop, per slegarsi dall’Occidente

La strada più plausibile per Huawei era questa: non solo dire addio a Google e relativi servizi ma pure alla fornitura hardware proveniente da aziende statunitensi e, in generale, occidentali. Di certo la forza per compiere tale balzo alla cinese non mancava e lo ha già dimostrato nel settore smartphone così come in quello dei 2-in-1 e notebook della serie Matebook. L’indipendenza definitiva è vicina, visto che sul piatto c’è la CPU Kunpeng 920, soluzione desktop della casa.

Huawei, attraverso la sua sussidiaria HiSilicon, ha una linea di promettenti processori Kunpeng basati su ARM v8 a 7 nm che si estendono fino a 64 core per il data center e supportano standard oramai consolidati, come il PCIe 4.0. In patria c’è dunque già un computer con processore Kunpeng 920 ARM v8 a 8 thread e otto core, montato con scheda madre D920S10 in un sistema di terze parti. Il PC ci da il primo sguardo sui nuovi prodotti che prendono di mira il segmento degli OEM PC desktop.

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Un futuro più indipendente per Huawei

Lo sviluppo potrebbe aiutare ulteriormente la strategia mirata della Cina di ridurre la sua dipendenza dalla tecnologia dei semiconduttori occidentali. Ma a causa dell’architettura ARM di Kunpeng, il sistema è limitato all’esecuzione del sistema operativo UOS a 64 bit prodotto in Cina, che è in gran parte una personalizzazione di Linux. A quanto pare, UOS funziona senza intoppi e ha un’interfaccia intuitiva e supporta persino una risoluzione 4K a 60Hz tramite una scheda grafica Yeston RX550.

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Tuttavia, molti programmi mancano del supporto a software a 32 bit quindi è da capire la valenza concreta di una simile soluzione. A conti fatti, Huawei ha voluto battere i pugni sul tavolo, facendo sentire la propria presenza. Ma non è così semplice competere in un settore dove il network di collaborazioni risulta cruciale e in cui Huawei non gode ancora di quella fiducia che i big player richiedono e che la situazione con gli Stati Uniti non contribuisce a mitigare.