Testato con successo il primo OS “quantistico”

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Deltaflow è il nome del sistema operativo, sperimentato nel Regno Unito, che lavora con la tecnologia quantica

Un ramo dell’università di Cambridge ha completato con successo una prova concreta di un sistema quantistico che lavora su un “sistema operativo universale” di pari grado, ossia quantistico anch’esso. I ricercatori sperano che Deltaflow, sviluppato da Riverlane, una società di software nel Regno Unito, e testato in collaborazione con Oxford Ionics, possa aprire una nuova era nella tecnologia, creando un unico sistema da usare su una vasta gamma di applicazioni e hardware differenti.

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“Abbiamo risolto un problema molto importante nell’informatica quantistica: il modo in cui hardware e software interagiscono mentre si ottengono le migliori prestazioni possibili da un computer quantistico” ha affermato Steve Brierley, amministratore delegato di Riverlane.

Pronti per il salto generazionale

A maggio, il governo di Londra ha assegnato 7,6 milioni di sterline a un consorzio guidato da Riverlane per implementare un nuovo sistema operativo per il calcolo quantistico, una tecnologia che si basa sul comportamento delle particelle subatomiche, nei computer quantistici nazionali. Mentre i computer classici contengono bit binari che rappresentano zeri o uno, i bit quantistici – o qubit – possono lavorare entrambi contemporaneamente, aprendo la possibilità di eseguire milioni di calcoli istantaneamente. Sebbene la tecnologia sia stata a lungo discussa, nell’ultimo anno sono stati compiuti sviluppi significativi.

Lo scorso settembre, Google ha affermato di aver raggiunto la “supremazia quantistica”, uno stato in cui un computer quantistico può eseguire calcoli molto più velocemente anche dei più potenti supercomputer odierni. Christopher Ballance, capo scienziato e co-fondatore di Oxford Ionics, ha anche affermato che molti attuali computer quantistici “full-stack”, completamente progettati da una singola azienda, sono “scatole nere” non così chiare per gli utenti esterni. “Vanno bene per programmi semplici, ma non appena inizi a svilupparne di più complicati, vuoi sapere cosa c’è dentro”.

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