Mentre l’industria alimentare è abituata ad affrontare la variabilità della domanda e dell’offerta, la recente congiuntura dettata dall’emergenza Covid-19 ha dimostrato che c’è spazio di miglioramento nella gestione della catena di approvvigionamento

La dimostrazione del miglioramento nella gestione della catena di approvvigionamento Food & Beverage è nella realtà che viviamo. Nelle strategie di innovazione messe in atto dai leader del settore e nello sforzo di trasformare una crisi congiunturale severa in una opportunità di rilancio senza precedenti. Il lockdown ha accelerato il processo di digitalizzazione degli acquisti. Un trend che riguarda tutto il settore dell’eCommerce a livello internazionale. Secondo una ricerca di Salesforce, gli acquisti online sono aumentati del 71% nel secondo quadrimestre del 2020. I dati dell’Office for National Statistics mostrano che le vendite online dell’intero settore retail sono passate dal 18,7% rilevato a luglio 2019 al 28,1% dello stesso mese di quest’anno, con una crescita pari al 9,4%.Lo spostamento dei ricavi sull’eCommerce obbliga anche i big del settore Food & Beverage a ridisegnare il canale B2C e a competere direttamente con le grandi piattaforme logistiche. La sfida è quella di ridisegnare la supply chain e rendere più solida e dinamica la catena di approvvigionamento in tutto il sistema agroalimentare dalla produzione alla trasformazione, dalla grande distribuzione al B2B, passando dalla vendita al dettaglio ai canali collegati come l’Ho.Re.Ca.

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Interoperabilità, tracciabilità, fiducia, innovazione sono le parole d’ordine del nuovo paradigma che vuole coniugare ottimizzazione e sostenibilità. Appena concluso il lockdown, Coldiretti ha presentato in collaborazione con Filiera Italia e con Bonifiche Ferraresi il Manifesto dell’agricoltura 4.0 in occasione dell’Innovation Day per il futuro della filiera del cibo nell’era post Covid. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti è stato chiaro sul ruolo del digitale. Alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, di Antonio Samaritani, amministratore delegato di Abaco Group, Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia e Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bonifiche Ferraresi – ha detto: «Occorre che la fibra e tutti i servizi telematici cessino di essere uno slogan e siano portati nelle aree rurali nell’arco di qualche mese, e messi a disposizione degli imprenditori agricoli per poter usufruire di tutta la tecnologia dell’agricoltura 4.0 che andremo a offrire loro».

DIGITALIZZAZIONE E MADE IN ITALY

Coldiretti sostiene la centralità degli investimenti sull’innovazione nel settore come dimostra la collaborazione con Bonifiche Ferraresi e il coinvolgimento di realtà come il Gruppo Leonardo per quanto riguarda blockchain e agricoltura di precisione 4.0. Sul nuovo portale Coldiretti è possibile accedere direttamente alla piattaforma Demetra che mette a disposizione degli associati – grazie all’applicazione basata sulle tecnologie Abaco – dati sulle previsioni meteo, temperature, fertilità dei terreni, bilancio idrico, radiazione solare per aiutare gli agricoltori a ottimizzare le rese e la produttività e affrontare le nuove sfide dei cambiamenti climatici. Una vera e propria rivoluzione che porta gli agricoltori direttamente nel mondo dell’agricoltura 4.0 dotandoli di un sistema avanzato di monitoraggio e controllo indispensabile per una gestione efficiente e sostenibile delle colture in campo. In occasione dell’ultima edizione di CIBUS, i leader dell’industria alimentare, della grande distribuzione e dell’agricoltura hanno ribadito a Parma, la necessità di scaricare a terra l’innovazione lungo tutta la filiera per il rilancio dell’agroalimentare italiano. Rilancio che passa attraverso gli investimenti strutturali in ricerca e innovazione, da finanziare a livello europeo. Secondo Coldiretti la conta dei danni, in termini di crollo dei consumi, legati all’emergenza Coronavirus è di 24 miliardi di euro.

Le cifre di Coldiretti, elaborate su dati Istat, mostrano un calo del 4% nei primi 5 mesi 2020, con una storica inversione di tendenza che non ha precedenti negli ultimi 30 anni. Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare ha dichiarato che – «il 2020 è l’anno nero anche per il Food & Beverage, che per riprendersi in fretta ha assoluto bisogno del sostegno da parte del Governo». Secondo il presidente Coldiretti Ettore Prandini – l’Italia può ripartire con un deciso impegno per l’innovazione con l’agricoltura 4.0 di precisione, investimenti in tecnologie in un’ottica di economia circolare – ma serve un patto per l’export con la creazione di nuovi canali e una massiccia campagna di comunicazione per le produzioni cento per cento Made in Italy. Perché occorre recuperare i ritardi strutturali e sbloccare tutte le infrastrutture per migliorare i collegamenti. Le risorse collegate al Recovery fund rappresentano un’opportunità per sostenere la competitività dell’agroalimentare. Ma è importante – conclude Prandini – «superare il digital divide che frammenta il Paese anche grazie all’accordo fra CDP e TIM per l’estensione della banda larga su tutto il territorio nazionale».

Coldiretti rilancia aggiungendo la priorità di portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza estendendo anche ai ristoranti l’obbligo di indicare in etichetta nei menù l’origine di tutti gli alimenti serviti a tavola, dal pesce alla carne, per combattere la concorrenza sleale del falso Made in Italy.

NUOVE REGOLE PER CAMBIARE

Proprio in tema di ristorazione troviamo la trasformazione digitale quale fulcro delle regole nel modello di business consigliato dall’associazione italiana F&B Manager (AIFBM). Cinque i punti fondamentali: definire dei processi misurabili, analitiche per il controllo di gestione, forecasting delle risorse fisiche, ecosistema per il miglioramento continuo della rete fornitori, modellazione avanzata delle vendite.

Quando si tratta di definire dei processi misurabili, un principio fondamentale per la replicabilità è rendere tutto standardizzato. Ogni singolo processo deve corrispondere a standard ben precisi. Questi possono riguardare i piatti del menu (con dei dosaggi netti per gli ingredienti) oppure le procedure che il personale deve seguire, i processi successivi alla vendita per fidelizzare il cliente: insomma, tutto deve essere misurabile. Un modello di business funzionante deve basarsi su una verifica giornaliera di dati da inserire in un cruscotto per permettere un check rapido e quotidiano. Inoltre, è necessario sapere quante persone occorrono nel progetto e le loro mansioni e poi pianificare un’organizzazione interna al locale.

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Per il miglioramento della rete fornitori occorre negoziare con i venditori, fissare delle regole e sottoscrivere un contratto di fornitura (prezzi, giorni di consegna…). Infine, un buon modello di business non è tale se non ha programmato il modello di vendita, che non è il marketing. Significa capire come monetizzare, a che cosa legare la vendita (alla location, al tipo di servizio…) e come fare delle offerte ai clienti. In tema di marketing nel settore si rivela oggi centrale il ruolo dell’omnicanalità avanzata come spiega Riccardo Caravita, Cibus and Food brand manager con particolare riferimento al caso di successo di MyBusinessCibus il cui obiettivo è quello di creare una fiera virtuale, aperta 365 giorni l’anno, complementare alla stessa manifestazione espositiva Cibus.

LA TOP-FIVE DEI CIO

Ma in questa fase di transizione come si comportano i CIO di un settore che è anche una fucina attivissima di idee e iniziative per il rilancio? Le direzioni IT delle aziende Food & Beverage come stanno traducendo le strategie digital transformation in valore per la ripresa? All’inizio dell’estate, Data Manager ha interpellato direttamente decine di CIO del settore sulle priorità da loro settate per fronteggiare l’emergenza con una strategia di digital transformation improntata a una nuova crescita. I CIO intervistati hanno evidenziato la convergenza di obiettivi su cinque priorità strategiche.

  1. Focus sullo stato di incertezza dell’industria alimentare e delle bevande, nuove tariffe, nuovi mercati, gestioni specifiche relative al Covid-19 nella supply chain.
  2. Espansione del proprio modello di business (su canale eCommerce) e ampliamento della rete di fornitori per superare i rischi e intercettare la domanda, rispondendo a tutte le disposizioni in materia di sicurezza sanitaria.
  3. Analisi degli scenari e pianificazione delle operations per rispondere ai cambiamenti della domanda e dell’offerta, in particolare mediante investimenti su cloud e IoT per migliorare accesso e visibilità delle informazioni di processo e aumentare l’agilità operativa.
  4. Rimodulazione dei progetti e calcolo del ROI.
  5. Automazione e interoperabilità.

LA NUOVA NORMALITÀ

La crisi innescata dall’emergenza sanitaria rappresenta uno stress test che ha fatto emergere la capacità delle imprese di reagire ai cambiamenti improvvisi, mostrando al tempo stesso punti di forza e debolezze strutturali. Il Covid-19 non ha fermato le iniziative digitali. In realtà, ha accelerato il passaggio al digitale.

Anche se l’emergenza non è il terreno adatto a coltivare l’innovazione. E sul fronte dell’innovazione le grandi imprese del largo consumo avevano fatto importanti passi avanti nell’evoluzione della supply chain, della pianificazione e della customer experience. Perché – come ci spiegano Lorenzo Veronesi, research manager di IDC Manufacturing Insights e Ornella Urso, senior research analyst di IDC Retail Insights – le aziende del largo consumo opereranno in un nuovo tipo di economia, la “next normal”, in cui i cambiamenti nel comportamento dei consumatori costringeranno le aziende ad adottare modelli di business e operativi guidati dal digitale in grado di resistere a interruzioni improvvise come restrizioni di movimento, distanziamento sociale, cali della domanda e blocchi nella catena di approvvigionamento.

Poiché l’innovazione IT è ormai un imperativo urgente per superare le interruzioni, gli investimenti nella trasformazione digitale hanno un impatto diretto e positivo su profitti e ricavi. I produttori sono disposti a colmare le loro lacune e le aziende del segmento consumer packaged goods (CPG) devono essere pronte a comprimere “due anni di trasformazione digitale in due mesi” per ottenere un vantaggio competitivo durante la prossima normalità. Di conseguenza, l’IT diventa un importante abilitatore di business, ma deve essere adatto allo scopo. Sotto la spinta di motivi commerciali, economici, tecnologici e competitivi, i produttori sono alla ricerca di modelli di business innovativi per garantire redditività e crescita sostenibile.

Per stabilire modelli di business di successo in futuro, è imprescindibile supportare i processi con tecnologie dirompenti in grado di garantire agilità, efficienza, ma anche un nuova relazione più “intima” con i consumatori attraverso il ridisegno di tutto il B2C. I dati in tempo reale sono essenziali per raggiungere questi obiettivi, non solo nell’azienda ma nell’intero ecosistema.

Questa trasformazione è quindi incentrata anche su uno spostamento dell’attenzione dall’impresa all’ecosistema e una più stretta integrazione con clienti, rivenditori, fornitori e partner. I fattori chiave della collaborazione dell’ecosistema sono una maggiore efficienza nell’esecuzione dei processi B2B, la necessità di scalare rapidamente le innovazioni in tutto l’ecosistema, l’opportunità di capitalizzare e monetizzare i dati e, in generale, l’abilitazione di nuovi modelli di business.

CONVERGENZE SMART

Quali sono le iniziative che le aziende del largo consumo stanno mettendo insieme e che sono particolarmente rilevanti in questo contesto? Insieme ad IDC abbiamo identificato i cinque punti salienti di una trasformazione digitale che si appoggia sull’intelligenza in ogni aspetto della supply-chain di filiera.

Il primo punto riguarda le “conversazioni intelligenti”. In altre parole, l’interazione digitale con i clienti nei tre momenti della verità: coinvolgimento (social media, online), acquisto (in negozio) e utilizzo (a casa). I negozi di proprietà consentono a queste tre dimensioni di convergere. Il negozio è dotato di dispositivi intelligenti e sensori che possono essere utilizzati per registrare i tassi di selezione/rifiuto e per sollecitare l’input dei consumatori in tempo reale. Questa convergenza sfrutta un modello di apprendimento che utilizza POS, dati dei sensori e volume di riferimento per abilitare tattiche promozionali quasi in tempo reale e insights strategici a lungo termine per migliorare la visibilità sulla redditività promozionale e aumentare le vendite migliorando al contempo i profitti.

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Il secondo punto riguarda le vendite intelligenti. La piattaforma di commercio deve essere in grado di offrire senza problemi prodotti sia analogici che digitali che possono essere personalizzati dal consumatore. Una rete/piattaforma commerciale condivisa consente transazioni senza interruzioni. La visibilità di tutto il mercato è condivisa quasi in tempo reale e consente allocazioni intelligenti dell’inventario. Offre esperienze di acquisto senza interruzioni attraverso il luogo di consumo scelto dal consumatore, tra cui ricerca, selezione e disponibilità con una precisione del 100%. Esiste un modo attivo e mirato di interagire con le comunità sociali di consumatori con affinità al marchio con connettività a piattaforme sociali più ampie – “influencer”.

Il terzo punto importante identifica la fabbrica intelligente. Reporting delle condizioni delle risorse della fabbrica attraverso una densa distribuzione di sensori wireless e cablati/funzionalità della macchina connessa. La consapevolezza in tempo reale delle condizioni delle risorse e la gestione centralizzata dei dati con analisi predittive, inclusi gli algoritmi ML, creano un modello predittivo accurato di potenziali guasti. È disponibile un accesso digitalizzato alle schede dati sulla salute e la sicurezza dei dipendenti e la guida alla risposta è disponibile sui dispositivi mobili con istruzioni di lavoro visive e linee guida per la risposta.

Il quarto punto riguarda la pianificazione intelligente. La raccolta dell’utilizzo di dati sulla domanda e sul consumo completi e quasi in tempo reale consentirà alle aziende di migliorare sia le previsioni che il collegamento con inventario e capacità. Le informazioni di magazzino sono rese visibili (possibilmente in modalità self-service) ai clienti (rivenditori, canale Ho.Re.Ca.) per comunicazioni integrate. Permette di avere le informazioni per comprendere le prestazioni del fornitore e la posizione della fornitura. E garantisce la visibilità integrata e il coordinamento operativo in tutte le fabbriche proprie e in outsourcing per l’ottimizzazione dei costi e il controllo della qualità. Ma non solo. Permette la valutazione continua dell’inventario e la gestione delle scorte in relazione alla domanda, e l’allineamento della capacità di produzione e la previsione dell’offerta, sfruttando la gestione automatizzata dei riordini, il collegamento con gli scaffali intelligenti e le attrezzature per la movimentazione dei materiali per fornire una rappresentazione accurata dei livelli di inventario in tempo reale.

Quinto e ultimo punto di questa ideale trasformazione della supply chain è quello che IDC definisce innovazione intelligente. Occorre costruire una piattaforma di innovazione di prodotto basata sulla scienza collaborativa con accesso ai dati storici e attuali per sfruttare la conoscenza interna ed esterna, condurre analisi, evitare gli errori del passato e allineare gli sforzi attorno agli obiettivi strategici dell’organizzazione per fornire risultati duraturi. L’azienda deve progettare, produrre e mantenere un modello informativo integrato su prodotto, migliorando la capacità di gestione degli articoli a magazzino, collegandolo anche a variabili di consumo dettate dal contesto. In questo caso, la simulazione sarà strettamente integrata sia con il prodotto o l’imballaggio in questione sia con il modello di gestione a livello di scaffale. Il processo di Product Portfolio Management è potenziato da strumenti che raccolgono informazioni sui costi dei materiali e dei fornitori, nonché vendite e consumi in tempo reale per valutare il portafoglio ottimale in base ai movimenti del mercato.

COLLABORAZIONE E PRODUTTIVITÀ

I consumi di prodotti alimentari, nonostante la generale contrazione registrata su tutti i beni di largo consumo, sono meno volatili. Nella prossima normalità – come spiega Ornella Urso, senior research analyst di IDC Retail Insights – anche il settore del commercio al dettaglio deve accelerare gli sforzi di trasformazione digitale. «Di fronte alla necessità di raggiungere il cliente sempre e ovunque, i rivenditori di prodotti alimentari hanno sperimentato nuove forme di collaborazione o partnership ulteriormente rafforzate con servizi di consegna e logistica di terze parti. Identificando nuovi fornitori, i rivenditori possono colmare efficacemente le lacune esistenti nella catena di fornitura e soddisfare le esigenze dei clienti».

Essere parte di un ecosistema di partner collaborativo e dinamico consente ai rivenditori di fornire servizi migliori in una prospettiva di ecosistema aperto e di collaborazione con fornitori di filiera e fornitori di tecnologia, in modo da aumentare l’efficienza operativa, ottenendo un rapido ROI e migliorando l’esperienza del cliente. «Nel complesso – conclude Lorenzo Veronesi, research manager di IDC Manufacturing Insights – le aziende del largo consumo attribuiscono sempre più importanza alla capacità di guardare al di fuori del proprio settore, per intercettare o creare iniziative a valore aggiunto incentrate sulla collaborazione a livello di ecosistema. Ciò richiede non solo cambiamenti tecnologici e organizzativi, ma anche un cambiamento di mentalità».

DALLA BUONA TERRA ALLA TAVOLA

Salov è un’azienda storica della Lucchesia, simbolo del Made in Italy dell’eccellenza agroalimentare nel mondo che da oltre 150 anni produce, seleziona e distribuisce oli di qualità in ogni parte del mondo. Dal 2014, fa parte del gruppo Bright Food di Shanghai, confermando la sua vocazione internazionale e la sua visione dell’innovazione come ponte tra i valori della tradizione e il futuro. La sua storia rappresenta la sintesi perfetta di questo viaggio sull’evoluzione della supply chain in un settore davvero trainante per il nostro Paese.

Come ci racconta Luca Greco, Goup CIO di Salov – il paradigma della sostenibilità dovrà in tempi brevi diventare lo standard per tutta l’economia italiana se vorremo tornare a eccellere. «L’industria alimentare si confronta ormai da tempo con fenomeni e dinamiche di scala globale che hanno a che fare con l’aumento del consumo dei prodotti di marca, con i cambiamenti climatici che influenzano la catena della fornitura, con l’aumento dei fattori di complessità dovuti al necessario allineamento alle diverse e crescenti legislazioni dei vari paesi, con il cambio dei gusti dei consumatori, ma soprattutto con una sempre maggiore richiesta di sostenibilità nella comune consapevolezza che la certificazione del prodotto e dell’intero processo produttivo riveste un ruolo fondamentale per la salute dei consumatori».

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E in questo senso la recente pandemia legata al Covid ne ha aumentato la percezione. La necessità di una supply chain sostenibile nasce prevalentemente da un’esigenza del consumatore e impone alla filiera alimentare nel suo complesso di dare opportune risposte affrontando un reale processo di trasformazione e adozione di modelli integrati e sostenibili. Nonostante l’innegabile sviluppo che deriverebbe dall’adozione di tali modelli – miglioramento delle relazioni tra gli stakeholders, minori impatti ambientali e in ultimo, ma non per ultimo, miglioramento della reputazione del brand – spiega il CIO di Salov – al momento questo processo di adozione appare limitato nella sua applicazione e ancor più nella sua applicabilità. «Le aziende che intervengono nel processo di trasformazione alimentare, infatti, hanno storie antiche e diverse, più o meno orientate all’adozione di processi che vedono al centro la costruzione di “alter ego” digitali dei propri sistemi produttivi e dei propri sistemi di relazione, interni ed esterni. La sostenibilità, tuttavia, passa per la sistematica tracciabilità della supply chain e quindi per una conseguente digitalizzazione dei processi che trasformano i prodotti alimentari e li trasferiscono dalla buona terra alla buona tavola. Questo processo – imposto dal mercato e i cui vantaggi superano di gran lunga i relativi costi – costituirà un ineludibile passaggio per le aziende alimentari nei prossimi anni».

I processi operativi, insieme alla cultura aziendale orientata alla qualità, rappresentano i primi fattori di rischio che devono essere mitigati per assicurare ai propri consumatori un prodotto controllato e sostenibile – continua Luca Greco. «L’adozione di procedure e sistemi digitali a supporto rendono possibile questo faticoso progetto di trasformazione producendo, quindi, i benefici attesi. Maggior allineamento ai sistemi di compliance, minori contestazioni da parte dei consumatori finali, aumento della reputazione del brand, maggiore senso di appartenenza a un’organizzazione più etica da parte dell’intera organizzazione». In poche parole – «consente alle aziende del settore di rimanere competitive sul mercato e di poter mantenere la fiducia dei consumatori, fiducia che deve essere conquistata giorno per giorno per affermare con la qualità dei propri prodotti il valore del brand».

DATI, QUALITÀ E FIDUCIA

Fatta questa lunga premessa, quali sono le priorità d’azione alla base di questa necessaria evoluzione?

Secondo Luca Greco, CIO di Salov, al primo posto c’è la digitalizzazione dei sistemi di manufacturing operations management (MOM). Per questo, è necessario adottare piattaforme e processi orientati allo smart manufacturing e alla Industry 4.0 attraverso un’azione sinergica che vede una forte collaborazione della fase previsionale con la supply chain. «La maggiore esposizione verso l’esterno con i canali eCommerce; i mercati globali con differenti gusti da soddisfare; una sempre pressante attività promozionale con il conseguente maggiore stress del ciclo produttivo che collega la domanda non più tradizionalmente prevedibile all’offerta; la decadenza dei modelli statistici di previsione con il conseguente declino della pianificazione di medio/lungo termine – impongono operations in grado di adeguare i sistemi produttivi alla domanda in tempi rapidi» – spiega Luca Greco. Occorre lavorare pertanto sui principali processi di produzione e approvvigionamento. «Frequente raccolta delle previsioni di vendita. EDI/blockchain con i fornitori/clienti, schede prodotto, scheduling a capacità finita, ingegnerizzando adeguatamente vincoli e obiettivi. Sistema MES con creazione dell’alter ego digitale e controllo del corretto funzionamento delle linee di produzione, del controllo qualità, della disponibilità dello staff, tracciabilità dei componenti, sistemi di manutenzione, controllo dei consumi energetici e così via».

Tutto deve essere digitalizzato e reso processo affinché – «ogni modifica della domanda si possa agevolmente riflettere in un coerente adeguamento di tutte le operations. I dati, tra loro interconnessi, diventano il vero driver per il controllo di processo». E l’analisi di questi dati automaticamente rilevati deve costituire il fulcro della condivisione dei miglioramenti e delle conseguenti decisioni. «I sistemi informativi – continua il CIO di Salov – devono sapere guidare questo processo di trasformazione unitamente all’organizzazione delle operations che questa trasformazione deve realmente adottarla. La reale adozione della tecnologia è il punto distintivo. E la costante partecipazione e formazione del personale operativo consente di superare il divario digitale con il quale si scontrano le nostre organizzazioni».

La seconda priorità, dopo la digitalizzazione della gestione delle operations che coinvolgono persone, processi e macchinari, è quella della creazione di una relazione di fiducia più “intima” e di una comunicazione più personale tra brand e consumatore. «Lo storytelling – spiega Luca Greco – colma il divario di fiducia del consumatore verso l’azienda e dà una risposta al timore di essere tagliati fuori dalla conoscenza del prodotto e le sue necessarie evoluzioni. Il web e le app possono assolvere questa necessità sia in termini generici di marketing orientato alla diffusione della conoscenza del prodotto – processi di certificazione, qualità e sostenibilità – sia in modo puntuale di tracciabilità del prodotto acquistato».

I sistemi aziendali in tal senso devono essere pronti a esporre le informazioni necessarie al consumatore in modo coerente. Non solo. Davanti alla crescita del canale eCommerce – conclude Luca Greco – dove l’esperienza mediata con il distributore viene meno e l’interesse alla tracciabilità della supply chain è maggiore – «le aziende dovrebbero considerare le proprie MOM e la blockchain come un passaggio ineludibile per la tracciabilità sostenibile del prodotto, dalle sue origini fino alla consegna a domicilio».