Alessandro Aresu, perché dobbiamo pensare in grande

Alessandro Aresu, perché dobbiamo pensare in grande

Capitalismo politico, risorse tecnologiche e governance globale. Intelligenza artificiale e quantum computing, due facce della stessa medaglia nella nuova mappa della supremazia geopolitica. Il ruolo dell’Europa e il rischio di restare indietro

Era il 20 settembre dello scorso anno e il Financial Times, in un articolo che ha fatto il giro del mondo in pochi minuti, aveva annunciato che Google aveva piantato per prima la bandiera della supremazia quantistica. Sycamore, il computer quantistico di Google, avrebbe risolto in tre minuti e 20 secondi un calcolo per il quale i tradizionali computer ci avrebbero impiegato circa 10000 anni. E dopo un anno circa, anche la Cina conquista la vetta della supremazia quantistica. Il suo nuovo computer quantistico, Jiuzhang, basato sui fotoni (particelle di luce), è in grado di eseguire un calcolo tanto complesso che un computer tradizionale ci metterebbe 600 milioni di anni. I due computer quantistici sono molto diversi a livello hardware e anche di performance. Jiuzhang è più veloce rispetto a Sycamore, ma rispetto a quest’ultimo non è ancora programmabile per risolvere problemi di diversa natura.

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Da ricordare, infatti, che entrambi i supercomputer non hanno ancora risolto un problema che può dare ripercussioni concrete in ambito economico e scientifico. Ma hanno aperto un nuovo scenario nel settore della crittografia. Perché? I computer quantistici sono in grado di risolvere rapidamente calcoli molto complessi. Le chiavi di crittografia vengono studiate per fare in modo che un computer non possa risolverle in un “periodo di tempo ragionevole”, calcolato usando le macchine tradizionali. Con i computer quantistici, questo periodo si accorcerà talmente tanto che basterà pochissimo tempo per accedere ai dati crittografati. A questo punto, ho pensato di farmi una bella chiacchierata con Alessandro Aresu, consigliere scientifico della rivista Limes, direttore scientifico della Scuola di Politiche di Roma e autore del libro “Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina” (La nave di Teseo editore).

GEOPOLITICA E TECNOLOGIA

«Ogni conflitto, a partire dagli episodi più famosi della seconda guerra mondiale, si regge sulla capacità di anticipare, prevedere e “bucare” le comunicazioni e i meccanismi decisionali degli avversari. Il mondo in cui viviamo si regge su una struttura di comunicazione e di controllo» – spiega Aresu. «Dove la segretezza è molto rilevante». Che cosa accadrebbe, se le informazioni venissero decifrate? Mi viene in mente il mercato azionario, dove sono ampiamente diffusi gli algoritmi che prendono decisioni di investimento in autonomia. Macchina contro macchina e algoritmo contro algoritmo. In sintesi, la macchina che è in grado di comprendere e prevedere il comportamento delle altre macchine raggiunge un vantaggio estremamente competitivo. Cosa significa in termini di segretezza delle comunicazioni? «Se una macchina è in grado di decifrare le comunicazioni di un altro paese o possiede una tecnologia in grado di farlo sistematicamente, scalando il piano di gioco rispetto alle tecniche esistenti, può assumere un ruolo geopolitico enorme» – risponde Aresu. E in effetti, se pensiamo al mondo dello spionaggio, l’analogia con il mercato azionario calza a pennello. Potrebbero esserci – magari già esistono – algoritmi che in autonomia si occupano di spionaggio ma interessante è l’altra faccia della medaglia. Algoritmi e intelligenza artificiale in grado di fare controspionaggio. Accorgersi, insomma, di un altro software spione, comprenderlo e spiarlo a sua volta. Senza l’intervento umano. Sembra fantascienza, eppure i paradigmi cambiano sempre più velocemente. «Ed è anche per questo motivo che gli Stati Uniti e la Cina sono in guerra» – continua Alessandro Aresu. «Una guerra economica che ha una forte dimensione tecnologica, perché nell’accelerazione tecnologica alcuni ambiti sono fortemente competitivi rispetto ad altri elementi più facilmente calcolabili, come la geografia o la demografia».

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LA SFIDA DELL’EUROPA

Questo decennio è particolarmente rilevante. Basti pensare che, al di là degli annunci recenti, l’obiettivo della Cina sulle tecnologie quantistiche – secondo Alessandro Aresu – si basa su un piano di sviluppo e investimenti decennale. «Piano in cui – come in altri ambiti – vedremo un maggiore coinvolgimento dei privati, comunque sotto la guida del Partito Comunista Cinese». L’intelligenza artificiale e le tecnologie quantistiche potrebbero sostituire l’essere umano anche nelle decisioni geopolitiche? «Ancora no» – risponde Aresu. «Per esempio, nel terrorismo e nella cybersecuity, il fattore umano non è mai espulso. Interagisce con le macchine, creando combinazioni offensive e difensive diverse. L’affidamento all’intelligenza artificiale è una medaglia con una doppia faccia. Perché da un lato può sostituire con maggiore oggettività alcune decisioni umane ma dall’altro espone i paesi anche a delle vulnerabilità, come nel caso degli algoritmi che si studiano a vicenda».

Confrontando i piani di investimenti sull’intelligenza artificiale degli Stati nel mondo, la Cina si conferma leader mondiale. Guida la classifica con 70 miliardi di dollari di investimenti, seguita da Stati Uniti (54), il Giappone (24) e l’Europa con soli 20 miliardi di dollari. Perché l’Europa è così indietro? E perché comincia a parlare di intelligenza artificiale e meno di quantum computing? Quando di fatto sono due facce della stessa medaglia nel mondo della geopolitica? Per Alessandro Aresu, in primo luogo non dobbiamo dimenticare che l’Europa non è un’entità geopolitica paragonabile a Stati Uniti e Cina. «L’Europa paga un deficit di autonomia militare, oltre che di coesione interna. E qualora volesse diventare veramente autonoma a livello strategico, come dice Macron, gli Stati Uniti sarebbero d’accordo? Secondo me, è impossibile di fatto che certi passi per gli europei avvengano senza l’aiuto o l’approvazione da parte degli Stati Uniti. La Francia ha una visione di lungo respiro sulle nuove tecnologie. Credo che l’Europa sposerà la visione francese a livello industriale. Ma la rapidità d’azione e implementazione è un’altra incognita». Non solo. Secondo Aresu – «agli europei mancano anche alcune mosse a livello simbolico, rispetto alla corsa tecnologica. «È come se non si materializzasse più la volontà di fare o di poter fare qualcosa di grande, di creare istituzioni importanti, che coinvolgono soprattutto i paesi europei. L’ESA e il CERN sono nati tra gli anni 50 e 70 in risposta alle grandi tensioni della guerra fredda che coinvolgevano anche scienza e tecnologia. Dopo, non abbiamo poi costruito niente di davvero paragonabile. Nemmeno nella risposta alla crisi attuale».

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In termini di immaginario, si tratta di una sconfitta – commenta Aresu. «È come se avessimo introiettato il fatto che non siamo più in grado di fare qualcosa di estremamente rilevante, con un forte impatto. Eppure, il mercato europeo è gigante. Ed è ancora molto importante sia per gli USA che per la Cina. Ma se perdi l’opportunità nel momento in cui il tuo mercato è ancora così grande si rischia nel medio periodo. Questo decennio è molto importante anche per noi europei perché rischiamo di restare indietro tanto nelle capacità quanto nelle risorse. Per questo, bisogna tornare a pensare in grande, pensare all’altezza dell’accelerazione tecnologica».