Come i big data hanno cambiato la nostra quotidianità

Come i big data hanno cambiato la nostra quotidianità

I dati permeano ogni aspetto della società moderna, al punto da essere considerati “l’acqua del terzo millennio”: Qlik ha selezionato alcuni aspetti della nostra vita in cui hanno inaspettatamente assunto un ruolo cruciale

Come sarebbe il mondo senza i big data? Talmente diverso che ci risulta difficile immaginarlo. I dati possono infatti essere considerati “l’acqua del terzo millennio”, quindi un bene essenziale necessario e imprescindibile per la vita della società moderna.

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Con queste premesse e facendo un paragone tra gli anni 2000 e gli anni 20 del ventunesimo secolo, Qlik, azienda leader nella data analytics, ha selezionato alcuni aspetti della nostra quotidianità che sono stati profondamente e influenzati dall’analisi dei dati – in modi che, solo 2 decadi fa, non avremmo mai potuto pensare.

  1. L’intrattenimento: un’offerta infinita, studiata su misura per noi

Nel 2000 le uniche alternative (legali) alle proposte dei (pochi) canali della TV generalista erano il pay-per-view oppure il noleggio di videocassette e DVD da Blockbuster e simili. Oggi il mondo dell’entertainment è dominato da Netflix e dalle altre piattaforme on-demand, che non solo garantiscono la comodità di poter disporre di una quantità infinita di titoli direttamente dal proprio salotto, ma regalano anche la sensazione di un’offerta studiata su misura. L’algoritmo ordina infatti le proposte in catalogo per il singolo utente, incrociando i dati per fornire contenuti che potrebbero interessarlo o che sono popolari in quel dato momento presso il suo segmento di riferimento. Allo stesso modo, nel caso di Netflix, il sistema adatta persino la locandina alla persona, così che l’immagine richiami immediatamente l’elemento più efficace per quel singolo utente: ad esempio, l’attore a cui si è già dimostrato interessato, oppure una scena che potrebbe rientrare nei suoi gusti.

  1. Il credito: nuovi fattori che influiscono sulla valutazione

Due decenni fa, gli istituti di credito concedevano prestiti con tassi di interesse che oggi ci appaiono mostruosi. Ma non è l’unica cosa ad essere cambiata: negli ultimi anni sono emersi fattori che hanno modificato radicalmente il paradigma del credito, come la maggiore attenzione all’esperienza del cliente, l’utilizzo di algoritmi di machine learning sempre più sofisticati e, soprattutto, la quantità di dati a disposizione, provenienti dalle fonti più disparate. Ad esempio? L’attività delle persone su web e social, la reputazione digitale, i flussi di pagamento, le rilevazioni da sensori e dispositivi wearable, le immagini dei satelliti… Può sembrare strano ma post su Instagram o Facebook che testimoniano una vita sociale di un certo tipo, piuttosto che i dati registrati dalle app di salute o dai fit tracker potrebbero farci attribuire un diverso credit score.

  1. Lo shopping: consigli per l’acquisto sempre più personalizzati

Amazon è nata nel 1994, Ebay nel 1995, Alibaba nel 1999. Nonostante i grandi colossi dell’e-commerce fossero già in attività, agli albori del terzo millennio lo shopping era ancora indissolubilmente legato al negozio fisico. E gli unici consigli o raccomandazioni di cui si poteva disporre erano quelle dei commessi (o degli amici che ci accompagnavano). Oggi invece, lo shopping online è parte integrante della nostra vita e a tutti è capitato, cercando un determinato prodotto, di veder comparire un certo numero di consigli e banner pubblicitari. Queste raccomandazioni vengono elaborate sulla base delle attività e degli acquisti passati dell’utente e/o di utenti simili: i social media, le informazioni di login sui vari siti web e le transazioni sugli e-commerce rappresentano in questo senso una preziosa fonte di informazione.

  1. La politica: microtargeting per alimentare la partecipazione

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2000 videro la vittoria di George W. Bush, mentre in Italia il presidente del consiglio era Giuliano Amato, a cui sarebbe subentrato l’anno successivo, per il secondo mandato, Silvio Berlusconi. Oggi i player hanno altri nomi, oltre che differenti ideali e sfide da affrontare. L’intero scenario è cambiato radicalmente: i dati sono infatti entrati anche nella sfera politica. Già nel 2012, in occasione della rielezione, il Washington Post descriveva Obama come “The Big Data President”. Le campagne elettorali made in USA da quegli anni in poi insegnano i metodi di profilazione, finalizzati a tradurre il comportamento individualizzato in partecipazione politica: una gestione efficace dei dati attraverso le tecniche di targettizzazione permette infatti di tracciare profili chiari e definiti degli elettori, analizzando non solo i comportamenti, ma anche dei consumi e delle attività dei singoli cittadini.

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“Negli anni 20 del ventunesimo secolo, i dati sono il fondamento dell’economia e della società, imprescindibili come è imprescindibile l’acqua per la vita. Le similitudini non finiscono qui, perché i dati per poter essere utilizzati devono essere puliti e accessibili, raccolti da fonti diverse e incanalati in una struttura in grado di gestirli. I dati, di per sé, non sono infatti sufficienti: sono le analytics che, colmando le lacune con insight e azioni, trasformano i dati in intelligenza attiva” commenta Stefano Nestani, Regional Director di Qlik per l’Italia.