Cybertech propone il bonus per la sicurezza informatica

Cybertech propone il bonus per la sicurezza informatica

Educazione alla cybersecurity e consapevolezza, valori da trasferire alle aziende con un sistema premiante. Roberto Mignemi, CEO Cybertech, lancia la proposta di un security bonus per incentivare le aziende a investire in sicurezza

«Un security bonus, che incentivi le aziende a investire nella sicurezza» – questa la proposta di Roberto Mignemi, CEO Cybertech. «Progetti premiati con un credito d’imposta come per l’edilizia. Forse così, anche il livello di sicurezza del Paese si innalzerebbe velocemente. E la sicurezza non verrebbe più vista come un costo aggiuntivo, ma come un fattore abilitante e strategico per la digitalizzazione, con accesso diretto alle risorse messe in campo dal Recovery Fund». Passaggio cruciale e occasione irripetibile per il rilancio del Paese – secondo Mignemi. «Una voce che nei piani del Governo vale qualcosa come 43 miliardi di euro e che sarebbe miope se non prevedesse una quota destinata alla cybersecurity. Anche a livello istituzionale credo che questa consapevolezza stia prendendo piede. Con regole certe che devono riguardare tutti, non soltanto le grandi aziende».

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Un percorso che parte da lontano, il cui ultimo capitolo, in ordine di tempo, è stato l’arrivo del DPCM di aprile, che identifica i gestori di infrastrutture e servizi ritenuti strategici, compresi nel Perimetro di sicurezza cibernetica, il sistema di difesa digitale approntato dal Governo. Un passo avanti nella giusta direzione anche se – come sottolinea il CEO di Cybertech – la protezione delle infrastrutture critiche, oggi sempre più connesse verso l’esterno, rimane una questione aperta. «Durante la pandemia alcuni settori – telco, sanità, mondo industriale, le grandi utility – hanno mostrato di essere particolarmente esposte a gravi rischi che potrebbero avere conseguenze pesanti per la tenuta del sistema».

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LA NUOVA ESTENSIONE DELLA MINACCIA

Il passaggio forzato al digitale ha rimesso in moto progetti che erano in fase di stallo e ha fatto acquisire nuove abitudini digitali, ma al tempo stesso ha acuito una situazione di esposizione alle minacce che era già alta. «Lo smart working non poggia su basi solide» – afferma Mignemi. «Spesso il personale che lavora da casa utilizza pc e telefono personali, non protetti. Prima dell’emergenza sanitaria, l’utilizzo delle VPN era alquanto limitato. Oggi, la situazione è cambiata. Ma nonostante la loro diffusione, molti problemi sono rimasti sul tappeto. Che si tratti di una digitalizzazione zoppa, lo dimostra sia il moltiplicarsi degli attacchi sia la loro efficacia. Quanto è stato messo in campo per la sicurezza si è rivelato insufficiente». La pandemia ha ridisegnato la mappa degli attacchi e degli attaccanti. Aziende e organizzazioni dovranno perciò aggiornare le rispettive strategie di difesa, adattandole alla nuova estensione del network dilatato sino alle case dei propri collaboratori.

PMI E SICUREZZA GLOBALE

Il paradosso è che i settori e le categorie di aziende più esposte sono talvolta quelle meno sensibili alla tematica. Eppure, contrariamente a quanto si è portati a credere, anche le PMI, quando sono subfornitrici di aziende più grandi, diventano bersagli sensibili. «Si può essere ben protetti e attenti, ma se poi ti colleghi a soggetti deboli questo inficia tutto il tuo castello» – rileva Mignemi. «Affrontare il tema della sicurezza oggi significa proteggere almeno quattro dimensioni: IT e OT, e tutto il mondo dell’IoT, della sensoristica e della sicurezza fisica. Per questo bisogna pensare alla sicurezza nella sua totalità. Senza tralasciare gli anelli deboli della catena». Secondo un approccio di ecosistema che parte dal monitoraggio continuo e dalla raccolta delle informazioni ovunque si trovino – piattaforme di security, condivisioni, social, dark web – per approdare alla prediction. L’unica strada – sottolinea Mignemi – per permettere a chi si difende di superare il ritardo nella risposta. Sull’ottovolante della cybersecurity, spesso le realtà più piccole non riescono neppure a definire senza ambiguità le proprie esigenze. «In quest’ottica – conclude Mignemi – abbiamo strutturato la nostra offerta perché possa essere accessibile come servizio anche dalle piccole e medie imprese con un impegno economico e organizzativo contenuto. Prevenzione, monitoraggio e risposta alle minacce, offerti dal nostro SOC oggi rappresentano una risorsa per una platea molto ampia di aziende».

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