Oracle, la “nuvola” ripensata su misura delle aziende

Filippo Fabbri, Cloud System Leader di Oracle Sud-Europa

L’azienda, che ha organizzato di recente un Webinar in collaborazione con IDC per delineare lo scenario cloud in Italia e in Europa, supporta le imprese nella crescita grazie a un’offerta differenziata che ha come priorità le specificità del cliente 

La pandemia ha creato una frattura con il passato, sia dal punto di vista sociologico sia tecnologico. L’esigenza di raggiungere capillarmente i propri dipendenti si è spesso scontrata con l’inadeguatezza delle strutture e della connettività. Ci si è resi conto, improvvisamente, dell’ampiezza del gap esistente tra la realtà concreta e lo scenario ideale per poter lavorare, in modo connesso, da remoto.

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Per capire come il mercato ha reagito a queste problematiche, e quali sono le risposte adeguate per consentire alle aziende di essere efficienti e produttive, Oracle ha organizzato un Webinar che ha coinvolto anche IDC.

Oggi sempre più importante è saper coniugare l’integrazione di infrastrutture, tecnologie e soluzioni software, spesso frammentate e stratificate, sia con le esigenze di semplicità e riduzione dei costi, sia in rapporto all’adesione alle richieste normative e alle esigenze di controllo dei dati.

La risposta Oracle a queste necessità si basa su piattaforme sempre più automatizzate e modelli di consumo “Database as a Service”. Si tratta di un percorso che guarda al cloud, ma che Oracle permette di impostare anche on-premise, tramite Exadata Cloud@Customer. In questo caso le funzionalità del cloud pubblico Oracle sono portate nel perimetro del data center aziendale con l’obiettivo di realizzare, anche in questa modalità, il valore di una gestione agile del database, ottenendo tutti i vantaggi del cloud di seconda generazione Oracle, dalla sicurezza alla bassa latenza ed elevate performance.

«Quando si parla di cloud, spesso, si generalizza e si semplifica» – ha detto Filippo Fabbri, Cloud System Leader di Oracle Sud-Europa. «Si crede che una soluzione unica possa dare risposta a tutte le necessità. Questo approccio, però, non ci appartiene. Oracle ha sempre creduto in una partnership finalizzata all’evoluzione in direzione cloud, che abbia, però, come priorità, le specificità del cliente. Questo perché Oracle parla di public cloud, di private cloud, di multicloud, di hybrid cloud, di cloud@customer. La differenziazione, nelle scelte strategiche, è la chiave per rimanere competitivi. Per permettere tutto questo, Oracle si pone come partner capace di supportare le aziende nella crescita, grazie anche alla forza dei propri numeri».

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RICERCA E SVILUPPO, UNA CARTA VINCENTE

L’azienda, dal 2012 a oggi, ha investito 56 miliardi di dollari in research & development. «Nell’anno fiscale 2021, chiusosi a maggio, Oracle ha speso 6,5 miliardi in ricerca e sviluppo, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente» – ha spiegato Fabbri. «Questa cifra è quasi comparabile a quella relativa alle spese di vendita e di marketing che, invece, hanno subito una contrazione del 10%. Quello che traspare, da questi dati, è che siamo un’azienda commerciale che investe, prima di tutto, in qualità. Abbiamo depositato ben 18.500 brevetti a livello mondiale, disponiamo di circa 41 mila tra sviluppatori e tecnici, vantiamo circa 5 milioni di membri in community di clienti. Oracle propone, inoltre, una vasta gamma tecnologica di applicazioni cloud ready per il business.

Secondo IDC, la società è oggi tra le cinque software company che costituiscono il 23% del mercato globale delle enterprise application. Oracle offre, inoltre, il data base autonomo grazie allo sviluppo di intelligenza artificiale e machine learning. Tutto questo è stato determinante, perché il Boston Consulting Group ha classificato Oracle al quindicesimo posto nel suo ranking annuale delle top 50, che comprende le aziende più innovative. Abbiamo avuto, addirittura, un balzo in avanti di 10 posizioni rispetto allo scorso anno».

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Giancarlo Vercellino, Associate Director Research & Consulting di IDC

PIÚ OPZIONI, PIÚ CONSAPEVOLEZZA

Giancarlo Vercellino, Associate Director Research & Consulting di IDC, nel corso dell’evento ha delineato lo scenario della transizione al cloud da parte delle imprese. La pandemia ha influito sulla consapevolezza delle aziende rispetto alle potenzialità offerte dalle nuove piattaforme.

«Le opzioni a disposizione delle imprese sono aumentate in modo significativo» – ha constatato Vercellino. «Tutto questo ha portato a un’espansione di possibilità. A un estremo si trovano le infrastrutture private, all’estremo opposto ci sono le infrastrutture prevalentemente pubbliche». Tra questi due poli si colloca uno spazio in cui gli utenti finali possono ritrovarsi in base alle proprie esigenze in termini di controllo, infrastrutture, livello di specializzazione, sicurezza, longevità, costi, accesso, flessibilità e molto altro.

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«Il Covid ha portato le aziende a ripensare la collaborazione sia al proprio interno sia all’esterno, usando in modo più intelligente le piattaforme digitali» – ha proseguito Vercellino. «L’impatto più immediato ha determinato una revisione dei piani di rischio delle aziende, per proteggere meglio le persone, preservare la produzione e rimanere efficienti e competitivi.  Le imprese, sia in Italia sia in Europa, hanno reagito con prontezza alla situazione, adeguando le capacità delle Reti, delle infrastrutture, dei dispositivi alle circostanze. Forse l’impatto più importante è stato dettato dalla necessità di rivedere completamente la struttura di collaborazione aziendale. Circa il 60% delle società che hanno partecipato all’ultima Cloud Survey di IDC, ha ritenuto questo aspetto prioritario, mentre in circa il 50% dei casi la pandemia ha portato a una modernizzazione dei progetti sul cloud».

Oltre la metà delle imprese intervistate da IDC (in genere grandi organizzazioni con migliaia di addetti e di utenti) sta usando la trasformazione al cloud per gestire le applicazioni che governano i processi aziendali, dall’amministrazione, al customer care, al core business. Meno del 5% delle società  esclude il cloud dalle decisioni di investimento mentre circa il 50% prende in considerazione progetti che spesso privilegiano hybrid cloud e multicloud. Circa il 46% si divide tra un approccio cloud first o public cloud.

Confrontando le aziende italiane con quelle europee, emerge che le differenze più marcate sono evidenti a livello di pianificazione, più che a livello di adozione.

Le aziende europee stanno guardando con grande interesse al cloud privato, all’ottimizzazione dei costi, alle tecnologie innovative disponibili in modalità “platform as a service”. Tra le tecnologie verso cui le aziende provano maggiore interesse oggi rientrano i servizi di migrazione dei workload, i servizi di business continuity e disaster recovery, organizzati sulle nuove piattaforme in cloud.

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«Concludendo – ha detto Vercellino – il cloud e l’innovazione tecnologica, in tempo di pandemia, hanno aiutato le imprese a sopravvivere alle difficoltà, vincendo le resistenze al cambiamento tecnologico».

A volte, però, le analisi costi – benefici e gli studi di fattibilità non bastano. Occorre avere il coraggio di sperimentare nuove piattaforme, come quella proposte da Oracle, per apprezzarne le opportunità, soddisfando le esigenze della nuova normalità.

Riccardo Iommi, Cloud Systems Solution Engineering Director di Oracle Italia

Riccardo Iommi, Cloud Systems Solution Engineering Director di Oracle Italia ha sottolineato la strategicità, nell’attuale scenario, della Exadata Cloud@Customer, una soluzione che avvicina due mondi, quello del controllo totale on premise e quello dell’elasticità totale del public cloud, spesso pensati come inconciliabili. «L’offerta Cloud Customer è già arrivata alla sua seconda generazione e stiamo ottenendo una serie di successi estremamente interessanti», ha concluso Iommi.