Software AG, più potere ai CIO per vedere, agire e crescere

Software AG, più potere ai CIO per vedere, agire e crescere

L’IT come abilitatore di business. Il country manager Italia Giulio Ballarini: «I CIO devono essere meno tattici e più strategici. Oggi, vince chi riesce a comprendere meglio le esigenze del cliente»

Le imprese, come le persone, cambiano quando sono costrette a farlo. «Per reazione alla competition o per paura di essere displaced» – spiega Giulio Ballarini, VP Sales and country manager di Software AG Italia. Il cambiamento è radicale e coinvolge il modo di essere e fare impresa. «Banche e assicurazioni diversamente da quanto accaduto dopo la crisi del 2008, hanno adottato un approccio customer centric e si stanno riposizionando in termini di digital trust. Le imprese del manufacturing insieme a quelle del retail lavorano per ricomporre i pezzi di una supply chain sempre più frammentata, ridisegnando i processi da zero. Dopo un lungo periodo di contrazione, energy provider e telco sono al centro della rivoluzione, perché energia e connettività sono la condizione necessaria per la digital economy: senza non c’è lavoro, didattica, sanità e commercio a distanza».

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In un orizzonte in continuo cambiamento, la cosa più sbagliata da fare è fermarsi ad aspettare. «L’incertezza e la paura fanno parte della vita» – afferma Ballarini. «Quando crolla il tetto di una casa, prima di ricostruirlo esattamente come prima, è consigliabile consolidare anche le fondamenta, scegliendo le soluzioni più adatte. Perché è la conoscenza che ci trasforma veramente, che ci aiuta a capire quale strada intraprendere, evitando le scorciatoie. Le aziende hanno l’opportunità di cogliere i vantaggi derivanti dall’adozione di strategie “software-first” e “customer-first”, ma per farlo devono capire i processi che hanno in piedi e ridisegnarli in ottica digitale. Se un processo è scadente e lo trasformo in digitale avrò buttato via soldi e tempo. Ho visto primarie aziende italiane partire con progetti IoT e poi fermarsi: prima di immaginare la fabbrica del futuro bisogna ripensare i processi».

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PUNTO DI NON RITORNO

Mentre si registrano segnali di ripresa a livello mondiale, il sistema produttivo italiano fa i conti con gli effetti economici della crisi sanitaria e segna il passo in attesa del revamping infrastrutturale collegato al PNRR. La pandemia globale ha impresso un’accelerazione improvvisa agli investimenti. Improvvisa per certi versi, quasi miracolosa per altri. «Cambiamenti sostanzialmente reattivi e non sempre pianificati» – rileva Ballarini. «Oltre al commercio elettronico che ha avuto una crescita considerevole, è cambiato anche il modo di fare intrattenimento, di spostarsi, di lavorare, di migliorare la qualità di vita. La pandemia ha accelerato e ridefinito l’ordine delle priorità, mettendo in cima la riduzione dei costi, il miglioramento dell’efficienza e della customer experience, e dando un significato nuovo a temi che già erano sul tavolo come la cybersecurity, la sicurezza sul lavoro e l’impatto ambientale. Per sostenere questi obiettivi cloud, 5G, intelligenza artificiale e integrazione sono abilitanti. Le API stanno esplodendo, ma qui c’è una esigenza forte di integrazione, ancora sottovalutata» – avverte Ballarini. «Siamo a un tipping-point che interroga insieme tecnologia e modelli produttivi, in altre parole che richiede di ripensare gli obiettivi in ordine a risorse, strumenti e funzioni. Per esempio, che richiede di portare capacità di calcolo analytics e connettività vicino a dove i dati vengono prodotti e questo cambia tutto a livello infrastrutturale». Alto tema importante su cui si sofferma Ballarini è la visibilità della catena di approvvigionamento. «Il mix tra blockchain e IoT può migliorare notevolmente le catene di approvvigionamento consentendo una consegna dei prodotti più rapida ed efficiente».

PIÙ AGILI E MENO FRAGILI

Tutti parlano di muovere i dati verso il cloud ma nella maggior parte dei casi si stanno spostando solo i problemi. Per Ballarini non possiamo permetterci di commettere gli stessi errori del passato. Come è accaduto con l’outsourcing. «Molti CIO hanno compreso che in nome dell’agilità rischiano di portare fuori dall’azienda anche il vantaggio competitivo. Per questo i CIO ci chiedono strumenti di enterprise architecture per tenere sotto controllo i costi sui processi attivi e l’integrazione tra diverse applicazioni distribuite. Con il cloud, l’esigenza di integrazione sta crescendo ed è tutt’altro che una commodity, soprattutto se – come prevedono diversi analisti – nei prossimi cinque anni l’80% delle imprese avrà più di un fornitore cloud». L’IT da centro di costo diventa abilitatore di business. «I CIO devono essere meno tattici e più strategici. C’è tanto da fare, ma non c’è miglior momento per dare potere al CIO. Oggi, vince chi riesce a comprendere meglio le esigenze del cliente»

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