Dalla transformation alla business integration

Dalla transformation alla business integration

Il ruolo del system integrator è sempre più quello di essere anche business integrator. La trasformazione digitale è uno dei capitoli del PNRR. Lo snodo critico è come passare dalla digital transformation alla business transformation, perché il business digitale sarà il vero acceleratore della ripartenza.

Come spiega Federico Sita, BU director Euris IT di Gruppo Euris – la trasformazione digitale implica un ridisegno dei processi e occorre vincere le normali resistenze al cambiamento delle persone per ottenere il massimo valore dall’inserimento della tecnologia. «Negli ultimi due anni, abbiamo assistito all’imporsi di un approccio on-demand ai servizi accelerato esponenzialmente a causa della pandemia. Gli utenti, sia clienti esterni che interni alle stesse aziende, hanno necessità di poter fruire dei servizi indispensabili e non, quando e dove gli servono. Questo cambio di paradigma sulla fornitura del servizio rappresenta la differenza tra la digital e la business transformation». Per vincere questa sfida, Gruppo Euris, attraverso le sue business unit, supporta i propri partner su due punti fondamentali: «Da un lato, con una forte competenza tecnica in grado di fornire le fondamenta necessarie a garantire l’implementazione di sistemi scalabili e flessibili necessari per supportare la velocità dei cambiamenti, e dall’altro aiutandoli ad ascoltare i reali bisogni dei loro utenti in modo strutturato e, per quanto possibile, a prevenirli. Questi due ingredienti sono entrambi necessari per raggiungere il risultato: l’uno senza l’altro difficilmente riusciranno a portare il valore di cui le aziende hanno bisogno».

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L’IT COME “COACH”

Abbiamo detto che le imprese devono cogliere il potenziale della digital transformation, ma ci sono anche molti rischi connessi. Riguardo al ruolo dei leader tecnologici, nei prossimi tre anni, IDC prevede (Worldwide CIO Agenda 2022 Predictions) che il 40% dei CIO non riuscirà a far evolvere la capacità dell’IT di fornire moderne infrastrutture digitali, garantire governance tecnologica dell’ecosistema e supportare risultati di business. «L’IT all’interno delle aziende deve essere visto dagli altri reparti come il “coach” che li aiuta a raggiungere l’obiettivo» – afferma Federico Sita. «Nella definizione dei processi e degli strumenti necessari, il business deve essere attore principale, ma non può essere lasciato solo. L’IT lo deve accompagnare aiutandolo in una prima fase a esplicitare le sue necessità, rendendo più efficaci le fasi successive, ovvero lo scouting tecnologico, che sia prodotto o custom, e la fase di integrazione. La definizione degli obiettivi e dei KPI è una delle tematiche più trascurate, ma paradossalmente è anche quella che garantisce maggiormente il risultato ottimale. Definire chiaramente il punto di arrivo, nei suoi contenuti, permette di definire e gestire una roadmap di questa transizione, rendendola implicitamente consistente e meno traumatica possibile».

«Sicurezza, affidabilità, scalabilità, usabilità. L’architettura IT non è un monumento immutabile ma un organismo flessibile e adattivo in continuo divenire»

AGILE TRANSFORMATION

L’evoluzione dello sviluppo software è correlata alla crescita delle esigenze del cliente. L’aumento della complessità e della velocità si riflette sulla richiesta di requisiti più sofisticati sia funzionali sia di qualità» – spiega Federico Sita. «Sicurezza, affidabilità, scalabilità, usabilità non sono caratteristiche che si possono aggiungere in un secondo momento: bisogna tenerle in considerazione durante la progettazione e lo sviluppo della soluzione. Devono essere insite nelle componenti fondamentali e portanti del software stesso. L’architettura IT infatti non è un monumento immutabile ma un organismo flessibile e adattivo, in divenire». La riduzione dell’accoppiamento delle entità, la spinta alla containerizzazione, l’abbattimento dei silos e il superamento dei sistemi monolitici – continua Federico Sita – nonché la miriade di librerie, framework e prodotti, soprattutto in modalità as a Service, richiedono competenze più vaste e profonde. «Oggi, si parla di team, di collaborazione interna con il cliente, di modalità di sviluppo Agile come risposta alla necessità di modificare velocemente gli obiettivi, a fronte del continuo cambio di contesto.

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Lo sviluppo Agile si basa su principi che esaltano la collaborazione e la capacità di rispondere in tempi rapidi. Per noi, i termini cliente e partner finiscono per essere sinonimi. Questa metodologia è applicabile quando tutto il team partecipa al raggiungimento degli obbiettivi e vengono condivise con tutti le modalità di lavoro, le tempistiche e il fine ultimo del progetto. A questo scopo, formiamo e strutturiamo i nostri team per utilizzare le migliori pratiche della metodologia DevOps e collaboriamo attivamente con la realtà dei nostri clienti per il successo del progetto. Lo sviluppo Agile, per esempio attraverso l’adozione di un framework come Scrum, è utilizzabile in qualsiasi tipologia di progetto e architettura software. In presenza di architetture modulari e flessibili, l’adozione è particolarmente efficace dato il comune obiettivo di rendere segregate le responsabilità delle singole componenti applicative che compongono il progetto. La BU GetConnected, Atlassian Platinum Partner a livello italiano, e player di riferimento sulle tematiche di Agile Transformation, supporta in questo percorso sia le realtà che si affacciano oggi alla metodologia Agile sia quelle che la usano da anni, ma vogliono fare un ulteriore salto di qualità e confrontarsi con i nuovi standard a livello mondiale».

INDUSTRY 4.0

Parlando di architetture nell’Industry 4.0, la sfida è costituita dalla capacità di connettere tutto l’ecosistema aziendale, con impatti diversi sull’organizzazione. «Avere oggi soluzioni di Industry 4.0 è una condizione imprescindibile per essere competitivi sul mercato» – spiega Federico Sita. «Il mercato offre una varietà molto ampia di soluzioni più o meno facilmente integrabili in azienda, ma quello su cui ci si focalizza meno è la necessità di una cultura digitale a livello di ecosistema aziendale». Connettere le macchine è solo il primo step di un percorso molto più complesso, che richiede la trasformazione dei processi aziendali e il cambio di mentalità delle persone. «L’azienda è fatta in primo luogo di persone che vanno accompagnate in un percorso evolutivo e stimolate all’introduzione di processi innovativi, che si svincolano dalle routine consolidate a cui erano abituate. All’interno del percorso di digitalizzazione, va inserita anche la valorizzazione delle competenze interne e lo sviluppo dei talenti, per portare a bordo della digitalizzazione non solo i leader aziendali ma l’intera organizzazione». In questo momento, le aziende chiedono innovazione, nel senso più ampio del termine: metodologica, tecnologica, architetturale. «Ma la tecnologia da sola non basta» – avverte Federico Sita. «Il partner deve avere conoscenze e competenze del dominio specifico per far sì che le soluzioni che propone possano essere non solo innovative ma anche efficaci. Per questo motivo i team di progetto che attiviamo integrano persone con competenze molto diverse tra loro. Sono genericamente composti da analisti funzionali con esperienza sul dominio specifico, UI-UX Designer per garantire l’usabilità del prodotto e, per finire, il team di DevOps specifico in base alle necessità. Come Gruppo Euris investiamo molto in R&D e continueremo a farlo, coinvolgendo i nostri clienti nello studio di nuove soluzioni».

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