Italia e Francia, alleanza per la crescita

Italia e Francia, alleanza per la crescita

L’ecosistema imprenditoriale italiano è notoriamente caratterizzato da un alto numero di imprese a conduzione familiare. Si contano oggi circa 206mila PMI che generano il 41% dell’intero fatturato realizzato in Italia e il 38% del valore aggiunto del Paese.

In Francia, in base ai dati INSEE, nel 2018 un valore aggiunto analogo, 41%, era invece rappresentato da sole 500 aziende, per lo più grandi corporate multinazionali. «Già solo questo dato sottolinea la differenza sostanziale tra i due sistemi imprenditoriali senza togliere o aggiungere merito ad uno dei due» – spiega Denis Delespaul, presidente della Chambre, la Camera di Commercio Francese in Italia. «La differenza però non si evidenzia tanto nella presenza di PMI, il cui numero, di fatto, si assesta sulla media europea. Il divario si acutizza quando parliamo invece di microimprese la cui presenza in Italia è molto più spiccata rispetto alla media europea (93%). Un tessuto micro imprenditoriale così esteso e sviluppato amplia ulteriormente il divario della produttività tra i nostri due Paesi e questo è, di fatto, lo specchio dei nostri rispettivi sistemi economici». Le PMI rappresentano un indiscutibile valore per l’Italia ed è quindi fondamentale aiutarle e sostenerle per preservarne la continuità. «Ma la crescita passa indiscutibilmente anche dallo sviluppo di strategie diverse come per esempio la costituzione di holding» – sottolinea il presidente della Chambre. «Se pensiamo a grandi gruppi francesi della moda come Kering o LVMH è evidente che la loro crescita è stata dettata in larga parte da strategie di acquisizioni, realizzate spesso in settori diversi e complementari rispetto a quello originario. LVMH per esempio, ha acquisito aziende nel settore della moda, ma anche in settori affini come quello dell’orologeria (TAG Heuer), della profumeria (Acqua di Parma), dell’editoria (Le Parisien, Les Echos), o in settori completamente divergenti come la produzione di telai per bici da corsa (Pinarello). Creare holding, tramite la diversificazione, può essere visto come un concreto strumento volto alla creazione di valore».

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Leggi anche:  AI e Made in Italy, torre di controllo a copilota

INNOVAZIONE E RILANCIO

Italia e Francia condividono molto più dei confini. La storia, l’arte, l’economia, la società si intrecciano da tempo. Il modello francese può essere di ispirazione anche per quanto riguarda gli investimenti nel settore dell’innovazione e della ricerca, fattori essenziali per la competitività. «Tra il 2016 e il 2018 il 41% delle aziende hanno innovato e i due terzi della spesa interna in ricerca e sviluppo sono stati realizzati direttamente dalle aziende per un totale di 34 miliardi di euro» – continua Denis Delespaul. «Nel 2018, la Francia ha investito 51.8 miliardi di euro in R&D, l’Italia meno della metà. È evidente che, in questi ultimi anni, anche in Italia si punta molto sulla ricerca e l’innovazione e il PNRR italiano lo dimostra, ma il divario è ancora molto importante. I dati mondiali dimostrano anche quanto ricerca e innovazione debbano essere legati all’educazione e all’Università. Il modello cui tendere è quello americano e sia Italia che Francia hanno un certo ritardo da recuperare». Malgrado un importante divario da colmare con gli Stati Uniti – come spiega Delespaul – «in Francia il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS) si situa al decimo posto mondiale e al secondo posto in Europa. Nel 2020, il CNRS ha rappresentato un budget di investimento di 3.5 miliardi di euro con oltre 62 progetti finanziati. In Italia esistono diversi Centri di Ricerca che nel 2018 però sono stati tutti toccati da una stagnazione della spesa (MIUR, ENEA) mentre l’IIT (Istituto Italiano di tecnologia) è in controtendenza e registra un andamento positivo. Va detto che la somma degli stanziamenti previsti per questi Centri di ricerca resta comunque di molto inferiore a quella del CNRS».

Leggi anche:  Applicazioni mainframe aperte al cloud con Mauden non è più tabù

La strategia di ripresa France Relance si articola su tre punti: transizione ecologica, competitività delle imprese e coesione territoriale e sociale. La Commissione europea aveva dato delle precise linee guida in merito alla redazione dei vari piani di ripresa e resilienza e prevedeva che le riforme e gli investimenti fossero country-specific. «Di fatto – continua Delespaul – ogni Stato ha cercato di costruire il suo recovery plan per rispettare i dettami di Bruxelles e impattare al massimo sul suo territorio anche considerando i meccanismi di incentivazione e finanziamento già normalmente in essere. L’Italia ha destinato il 37% della dotazione complessiva del Recovery Plan al sostegno degli obiettivi climatici e il 25% al sostegno degli obiettivi digitali. Mi sembra che questo rispetti le necessità specifiche del Paese. Se sommiamo infatti questi due principali obiettivi arriviamo al 62% con una conseguente concentrazione delle risorse».

Cooperazione e gestione condivisa delle sfide comuni. L’asse franco-italiano si rafforza per costruire insieme il futuro dell’Europa oltre il patto di stabilità

FAVORIRE LO SVILUPPO

Le relazioni economiche tra Francia e Italia sono storicamente salde e la forte intesa tra il Presidente Macron e il Presidente del Consiglio Draghi evidenziano la volontà di intensificare ulteriormente i partenariati, le sinergie e la ricerca di una sovranità europea per correggere il passato. «La CCI France Italie accoglie oltre 300 aziende francesi e italiane e da sempre lavora per favorire gli scambi economici e il business tra i due Paesi. Secondo l’Osservatorio Economico degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nei primi 6 mesi del 2021 l’Italia e la Francia sono rispettivamente l’una per l’altra il secondo mercato di destinazione dell’export, con una quota di mercato dell’8.1% dell’Italia verso la Francia e del 10.5% della Francia verso l’Italia. Inoltre, l’Italia è il quarto fornitore per la Francia (quota di mercato 8.6%) e la Francia il secondo fornitore per l’Italia (quota di mercato 8.5%). La Francia è il primo investitore straniero in Italia, che nel 2020 è stato il quinto paese di destinazione a livello mondiale e si conferma come il terzo paese di insediamento di filiali italiane. Tenuto conto della politica di acquisizioni realizzate e delle 1.800 partecipazioni nelle aziende italiane, la Francia è il primo datore di lavoro estero in Italia con oltre 280mila posti di lavoro mentre l’Italia crea in Francia oltre 101mila posti di lavoro grazie alla presenza di circa 2.000 aziende operanti principalmente nei settori alimentare, meccanica strumentale e mezzi di trasporto. La missione della Chambre – spiega il presidente – è quella di favorire e contribuire allo sviluppo e al consolidamento delle relazioni economiche e commerciali, offrendo opportunità di incontro e relazione per la comunità d’affari franco-italiana. In questa prospettiva, la Chambre collabora con i ministeri francesi e italiani, con i rappresentanti diplomatici, e con altre camere di commercio e associazioni di categoria in Francia e Italia e, in generale, con le autorità pubbliche e private dei due Paesi, per favorire lo sviluppo degli scambi».

Leggi anche:  SB Italia, dati che creano valore