Twitter, parte del codice sorgente è finita online

X potrebbe perdere 75 milioni di dollari per mancate entrate pubblicitarie

Pubblicato su Github, il social lo avrebbe fatto rimuovere prima che il download divenisse virale

Un’altra patata bollente per Twitter. Alcuni documenti diffusi dal New York Times e pubblicati la scorsa settimana, rivelano che parti del codice sorgente del sito di social media sono trapelate online. Secondo la dichiarazione del tribunale, Twitter ha rivendicato una violazione del copyright nel tentativo di rimuovere il codice dalla piattaforma Github, dove era stato postato. Sebbene il codice sia stato rimosso lo stesso giorno, non sono stati resi disponibili dettagli su quanto tempo è rimasto online, alla mercé degli iscritti. Come parte della richiesta di rimozione,Twitter ha anche chiesto al tribunale distrettuale dell California di ordinare a Github di rivelare sia l’identità dell’utente che ha pubblicato il codice che coloro che hanno effettuato l’accesso e lo hanno scaricato. 

Cosa succede adesso

Il NYT riferisce che, stando alle fonti all’interno dell’azienda a conoscenza dell’indagine sulla fuga di notizie, i dirigenti di Twitter sospettano fortemente che sia opera di un dipendente scontento, andato “via nell’ultimo anno”. Molto sarebbe dipeso dal malcontento scaturito dopo che Elon Musk ha acquistato Twitter lo scorso ottobre, per il prezzo di 44 miliardi e ha proceduto a licenziare circa l’80% del personale dell’azienda. Il dirigente che ha parlato con il NYT è principalmente preoccupato che le rivelazioni raccolte dal codice rubato possano mettere in atto operazioni di hacking, sfruttando nuovi exploit o consentendo a malintenzionati di accedere ai dati degli utenti. Il tutto, mettendo in pericolo non solo la stabilità della piattaforma ma anche il suo futuro in quanto a posizionamento e offerte commerciali, proprio nei giorni in cui il servizio in abbonamento Blue viene ampliato a livello globale, con gli account con la veccia spunta che dovrebbero perdere il loro status di verificati dal 1 aprile.

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