I confini tra canali e punti di contatto diventano più liquidi, aprendo spazio a formule ibride di esperienza, ma anche di competizione. Convergenza tra approccio generalista e iper-personalizzazione. Dal B2B puro al B2B2C. L’evoluzione della relazione e il valore del contatto continuo

Dalla multicanalità alla omnicanalità senza interruzioni. Il veloce cambiamento dei comportamenti dei consumatori e il costante avanzare delle tecnologie hanno un impatto senza precedenti. Questa rivoluzione non si limita solo al settore della vendita di beni e servizi direttamente ai consumatori finali, ma abbraccia anche quello di prodotti e servizi di banche e compagnie assicurative, ridefinendo il modo di interagire con i clienti e gestire le loro operazioni. I confini tra canali e punti di contatto diventano sempre più permeabili, aprendo spazio a formule ibride di esperienza che si estendono ben oltre il settore del retail tradizionale. In passato, le aziende potevano seguire due approcci distinti. Da un lato l’approccio generalista che mirava a coprire un ampio pubblico, offrendo prodotti o servizi in grado di soddisfare le esigenze della maggior parte dei clienti. All’opposto l’iper-personalizzazione per adattare in modo specifico l’offerta a ciascun cliente. La “convergenza” tra questi due approcci indica che sempre più aziende cercano di bilanciare l’ampia copertura di mercato con la capacità di offrire esperienze altamente personalizzate. Inoltre questa convergenza si estende anche ai modelli di business, dal B2B puro si passa a nuove dinamiche, come il B2B2C, che coinvolgono direttamente i consumatori finali.

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In questa fase di transizione le distinzioni tradizionali tra approcci e modelli diventano meno nette, e da una multicanalità frammentata, ci dirigiamo verso una omnicanalità senza soluzione di continuità, in cui i clienti possono acquistare beni di consumo e accedere ai prodotti e servizi di banche e assicurazioni attraverso una serie di interazioni più fluide e interconnesse. L’evoluzione della relazione e il valore del contatto continuo ridefiniscono anche l’intera value chain. Nel dossier, esaminiamo questa evoluzione grazie al contributo di Banco Fresco, DF Sport Specialist, Sara Assicurazioni e UniCredit.

CONOSCENZA DEL TARGET

Avere obiettivi precisi e piani di evoluzione mirati permette di lavorare sulla qualità e sul rapporto con il cliente. «Nella GDO tutto si gioca sul livello dei prezzi o dell’innovazione. In Banco Fresco, puntiamo molto sulla fidelizzazione del cliente» – spiega Alex Andriotta, IT manager di Banco Fresco, catena di supermercati che vende prevalentemente alimentari e punta molto sul fresco e sui prodotti provenienti da produttori locali. Su ogni punto vendita è difficile trovare i prodotti di altre zone perché si tende a privilegiare il prodotto a chilometro zero. Il modello è quello del mercato locale. Il cliente deve ritrovarsi come se scendesse da casa e andasse di negozio in negozio. Banco Fresco ha dieci punti vendita, otto in Lombardia e due in Piemonte, con un piano di allargamento ad altre regioni. Fa parte del gruppo francese Prosol. Il format è B2C puro. L’uso delle etichette digitali rappresenta un’importante innovazione nella GDO. Le etichette intelligenti consentono di migliorare l’efficienza operativa e offrono molteplici vantaggi: aggiornamenti in tempo reale, gestione delle scorte, miglioramento dell’esperienza del cliente, analisi dei dati, promozioni mirate, riduzione delle frodi e dell’impatto ambientale.

«Inoltre stiamo ipotizzando altre soluzioni che potrebbero offrire una serie di informazioni aggiuntive di tipo multimediale sul prodotto, ricette comprese» – continua dice Andriotta. Il target dei clienti di Banco Fresco ha una età media di circa 50 anni e quindi le attività marketing sono indirizzate a raggiungere queste persone utilizzando un mix di modalità sia classiche che innovative. Questo sottintende un concetto importante per il retail: «Conoscere il proprio cliente vuol dire servirlo meglio ed attrarlo utilizzando i canali ai quali è più abituato» – spiega Andriotta. «L’allargamento della sfera di clienti vuol dire adeguare i processi di ingaggio.

In BancoFresco, attualmente non è presente una profilazione utente avanzata. Tuttavia, è logico prevedere che con l’espansione e la diversificazione della clientela, aumenterà la necessità di implementare una profilazione più dettagliata». Viceversa – aggiunge Andriotta – «c’è una grande attenzione all’analisi dei dati commerciali, che copre l’intero spettro, dall’acquisto alla vendita, dal margine di profitto alla selezione dei fornitori». Altro ambito di innovazione è quello legato al processo di pagamento. «Oltre al pagamento classico via contante e carte di credito, è stato attivato il pagamento con Satispay e con Ticket Restaurant, ma l’innovazione maggiore è stata quella dell’attivazione del pagamento per i clienti celiaci usando la tessera sanitaria. Questa modalità è attiva in Piemonte e la stiamo attivando anche in Lombardia» – afferma Andriotta. Questo meccanismo sveltisce l’iter burocratico relativo alla riscossione del credito legato alla patologia, portando l’onere totalmente sul punto vendita andando a liberare il cliente dalla incombenza di richiedere a posteriori i rimborsi. Questa digitalizzazione è resa possibile grazie all’integrazione con il Sistema Sanitario Nazionale. Grazie all’anagrafe nazionale dei celiaci, è possibile fare in modo che alla cassa sia evidente l’ammontare che può essere dedotto dallo scontrino, utilizzando il bonus a disposizione del singolo cliente. «Il mondo delle casse è certamente il punto in cui le innovazioni legate a promozioni e fidelizzazioni vengono attivate in modo più immediato ed efficace» – conclude Andriotta.

Un’altra questione rilevante riguarda l’uso e il monitoraggio dei social media. Il cliente usa spesso le recensioni come strumento di pressione per ottenere cambi e sconti. «Un cliente ha comprato un piumino a novembre e lo ha riportato ad aprile, chiedendo il cambio perché non era soddisfatto, minacciando recensioni di fuoco sui social se non lo avessimo accontentato» – racconta Maria Elena Bossetti, direttore del personale di DF Sport Specialist. Di conseguenza, il retailer ha dovuto istituire un presidio costante sui social media per gestire in modo adeguato le recensioni e i commenti. Essere presenti a livello professionale sui social è diventato un obbligo per ogni retailer.

CUSTOMER CENTRICITY

L’avanzamento tecnologico ha permesso ai retailer di personalizzare l’esperienza d’acquisto per ogni consumatore. L’analisi dei dati e l’impiego di piattaforme tecnologiche evolute consentono di comprendere le preferenze individuali dei clienti, anticipandole e offrendo prodotti e servizi su misura. In questo contesto, l’integrazione tra il mondo fisico e quello online diventa sempre più essenziale. I consumatori vogliono poter passare senza soluzione di continuità dal cercare un prodotto online all’acquistarlo in negozio, o viceversa, secondo le loro preferenze e necessità. Il digitale rivoluziona anche il settore assicurativo, migliorando l’efficienza, la personalizzazione e l’esperienza complessiva dei clienti. «L’ambito assicurativo di Sara Assicurazioni copre tutto quello che ha a che fare con i rischi legati alla vita della famiglia e quindi ha un target prevalente B2C anche se si rivolge anche a professionisti, artigiani e piccola impresa» – spiega Marco Brachini, chief marketing, brand and customer relationship officer di Gruppo, CMO e direttore marketing di Sara Assicurazioni. Sul territorio Sara è presente con circa 600 agenzie che si traducono in circa 1.500 punti vendita, distribuiti in maniera capillare in tutte le regioni. «In Sara da qualche anno stiamo agendo sul percorso di una relazione a distanza con il cliente che ha consentito di accelerare e completare un processo di trasformazione digitale che per noi è cliente centrica» – continua Brachini. «Abbiamo deciso di non modificare o ridurre il ruolo delle agenzie ma di rivalutarlo in una logica B2B2C, dove l’intermediario – l’agente terzo – svolge un ruolo fondamentale nella relazione con il cliente. «Gli agenti restano gli attori dell’ultimo chilometro: il cliente è dell’agente e rimane loro. In Sara, non abbiamo mai pensato di usare la leva tecnologica per scalzare l’agente dalla gestione del contatto con il cliente finale, andando a svuotare le agenzie, come è successo nelle banche. Abbiamo coniugato l’uso delle tecnologie e delle piattaforme con un rafforzamento del ruolo sul territorio delle agenzie, che però hanno dovuto cambiare il modo di lavorare. Oggi, le agenzie non gestiscono solo il rapporto della visita fisica del cliente, ma anche la relazione da remoto secondo un approccio omnicanale e ibrido. Gestire un rapporto ibrido con il cliente vuol dire avere la capacità di farlo in presenza o in remoto quando il cliente lo richiede».

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Per attuare tutto questo è stato necessario rivedere il ruolo e le attività dell’agente. «Uno degli elementi più importanti su cui si basa principalmente questo modello è l’acquisizione degli strumenti chiave del rapporto, ovvero i contatti e i consensi dei clienti, senza i quali ogni iniziativa risulta impraticabile» – spiega Brachini. «Senza questi dati, il modello non può funzionare poiché manca la possibilità di creare una profilazione adeguata che consenta una relazione continua con il cliente. Il vero obiettivo è quindi la costruzione di un customer data base completo e mantenuto aggiornato che possa servire da volano per nuove offerte a maggior redditività». Il cliente deve poter essere raggiunto attraverso i canali che frequenta maggiormente. La tecnologia permette di avere a disposizione piattaforme evolute di customer engagement che vanno oltre il mondo del semplice CRM. «Queste piattaforme consentono di generare sollecitazioni personalizzate tramite i canali adeguati per ciascun cliente specifico. Tuttavia, ciò deve avvenire in coerenza con un modello ibrido in grado di soddisfare le esigenze di un cliente digitalmente evoluto, preservando allo stesso tempo il ruolo centrale dell’agente» – conclude Brachini. «La relazione digitale mette anche in evidenza il crescente interesse dei consumatori per la sostenibilità, consentendo al retailer di dimostrare la capacità di adottare pratiche più ecologiche e socialmente responsabili. Ciò contribuisce a migliorare la reputazione dell’azienda e ad attrarre un pubblico sensibile a tali tematiche».

L’OMNICANALITÀ IN BANCA

Il mondo bancario ha subito negli ultimi anni cambiamenti profondi nella costruzione della relazione con il cliente finale. L’evoluzione delle tecnologie e delle aspettative dei consumatori ha spinto le banche a ridefinire completamente il modo in cui ingaggiano e mantengono la fiducia dei propri clienti. Oggi, l’innovazione digitale è diventata l’arma principale per le istituzioni finanziarie che vogliono rimanere competitive. La pandemia ha accelerato questo processo, obbligando i clienti a instaurare con la banca un rapporto a distanza e meno diretto. Lucia Zola, head of Customer Centricity Center di UniCredit – spiega che la pandemia ha portato i clienti a interagire in modo più intenso e continuativo con i canali digitali. «Non solo tramite l’app, ma anche passando dal contact center. Al tempo stesso, soprattutto per le operazioni più complesse e che hanno un maggiore impatto sulle scelte di vita dei nostri clienti, come quelle di investimento e di mutui, continuiamo a rilevare una forte predilezione per un rapporto più personale con la banca, e per questo la nostra rete di agenzie resta un asset chiave».

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Al fine di soddisfare le preferenze dei clienti, che di fatto si aspettano di poter scegliere come interagire con la banca in base alle loro preferenze, UniCredit sta concentrando gli investimenti su una piattaforma tecnologica per abilitare un’esperienza omnicanale completa. «Tutti i nostri prodotti più recenti permettono ai nostri clienti di iniziare il loro journey di acquisto su un canale, di interromperlo e di riprenderlo su un altro canale, esattamente dove l’hanno interrotto» – spiega Lucia Zola. «La tecnologia ci consente in questo modo di andare pienamente incontro alle preferenze dei nostri clienti e di servirli senza soluzione di continuità fra app, Internet banking, sportello e contact center». Non solo per UniCredit, ma a livello di mercato finanziario italiano, l’app è il canale digitale più utilizzato – più del doppio di quanto non venga ormai usato l’Internet banking. Questo sta portando a fare due cose. «Da un lato UniCredit sta investendo per completare sempre più l’offerta di servizi su mobile, anche facendo leva sull’omnicanalità. Dall’altro lato la preferenza dei clienti per l’app, ci sta spingendo a semplificare i nostri processi e i nostri prodotti, per offrire esperienze piacevolmente fruibili attraverso il canale mobile. Questo elemento di semplificazione ha degli impatti positivi anche sugli altri canali, in quanto velocizza l’esperienza anche per i colleghi di filiale e del contact center. Per esempio – continua Lucia Zola – siamo riusciti a ridurre di più del 70% i campi che un cliente deve compilare per richiedere un prestito personale. Questo si traduce in una migliore esperienza da parte del cliente che effettua tale operazione tramite app, ma anche in una procedura più semplice in filiale».
Semplicità, agilità e sicurezza però non sono semplici da coniugare. È essenziale porre particolare attenzione agli aspetti della gestione del rischio cyber e alla formazione sull’uso delle applicazioni.

Nel mondo bancario questa attenzione, proprio per la tipologia di servizio offerto e di dati trattati, è portata all’estremo. Sulla base dei dati relativi alle preferenze di canale dei clienti UniCredit, in Italia circa metà della base clienti è già molto attiva e avanzata nell’utilizzo dei canali digitali. «La maggior parte dei nostri clienti ha un comportamento ibrido e preferisce poter interagire sia attraverso i canali digitali sia fisici» – spiega Lucia Zola. «In UniCredit, cerchiamo di accompagnarli nelle loro preferenze. Dalla nostra app è possibile parlare con il contact center o con la filiale, fissare un appuntamento fisico in agenzia o usare il chatbot. Abbiamo anche un programma di formazione che UniCredit in Italia propone gratuitamente a persone e imprese, clienti e non clienti. Offriamo diversi percorsi per consentire alle persone di realizzare le loro scelte economiche in modo consapevole. All’interno di questo programma, che si chiama Banking Academy, abbiamo un percorso denominato Officina Digitale, che ha l’obiettivo di aiutare le persone con più di 65 anni di età a usare gli strumenti digitali in autonomia e sicurezza. Infatti, è proprio in questa fascia che osserviamo una maggiore difficoltà nell’utilizzo dei canali digitali» – sottolinea Lucia Zola.

E-COMMERCE E NEGOZIO FISICO

L’e-commerce ha aperto le porte a nuovi mercati globali per i retailer, consentendo di raggiungere una vasta gamma di consumatori in tutto il mondo. Questo espande le opportunità di vendita e diversifica il mercato. Ma ha introdotto anche motivi di preoccupazione. La forte concorrenza online, specialmente proveniente dalle piattaforme di e-commerce, rappresenta una sfida significativa per i retailer. «Il peggior nemico di un retailer fisico risiede nell’e-commerce» – afferma Maria Elena Bossetti di DF Sport Specialist. «I negozi sono diventati il luogo dove si va per provare un prodotto e approfondirne le caratteristiche, sfruttando le competenze del personale di vendita, al fine di poi effettuare l’acquisto su Internet, dove spesso costa meno, magari anche su siti esteri. Se questa è una tematica poco sentita per i prodotti del marchio di proprietà del negozio, diventa rilevante soprattutto per i marchi di terze parti».

Questa tendenza sta crescendo nel tempo e ha una conseguenze negativa: l’investimento in formazione professionale dell’addetto di negozio non porta a un aumento delle vendite. «Il costo di formazione e di fidelizzazione di un addetto non viene matematicamente ricompensato da un maggior ricavo, generando ulteriori problematiche alla sostenibilità economica del comparto» – spiega Maria Elena Bossetti. «Inoltre le operazioni di saldi e “fuori-tutto” si stanno moltiplicando, sulla spinta anche dalle crescenti giacenze nei magazzini. I clienti attendono queste promozioni per recarsi in negozio a comprare il prodotto a prezzo ridotto, che per il retailer vuole anche dire margine ridotto, ovviamente.

In Francia, il Governo sta ipotizzando di istituire un costo fisso minimo sulle spese di spedizione dei libri comprati online al fine di disincentivare l’uso dell’e-commerce e riportare i clienti all’interno delle librerie. «Detto che prima si fa il danno e poi si cerca di porvi rimedio con una tassa, nel comparto in cui opera DF Sport Specialist, una tale operazione non porterebbe nessun risultato – commenta Maria Elena Bossetti – in quanto mentre un libro lo compri e non hai bisogno di provarlo, una scarpa da running la devi sentire calzata sul tuo piede e quindi la tendenza crescente a recarsi in negozio e poi comprare online è destinata a rimanere».

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LA GESTIONE DEL PERSONALE

Nel mondo del retail, che prevede aperture continue e conseguente allungamento degli orari di lavoro anche nei weekend e nelle festività, i dipendenti si trovano ad affrontare diverse problematiche che influenzano il loro benessere e la loro soddisfazione sul lavoro. «Il retail si basa sull’attività di personale, perché uno può avere prodotti ottimi ma deve saperli valorizzare e vendere» – ci dice Maria Elena Bossetti di DF Sport Specialist. «E il turn-over rappresenta una delle problematiche più sentite». Una delle sfide principali è legata ai carichi di lavoro elevati, specialmente durante i periodi di grande afflusso, che richiedono una notevole velocità e precisione nel servire i clienti. Questo può comportare stress e fatica fisica ed emotiva. Inoltre, gli orari irregolari e i turni flessibili, spesso comuni nel settore, rendono difficile la pianificazione della vita personale, creando un senso di imprevedibilità e disorientamento. «Questo è uno dei principali problemi che affrontiamo ogni giorno nel tentativo di trattenere il personale: nell’ultimo anno, il turnover sui nostri diciannove negozi ha superato le cento unità» – spiega Maria Elena Bossetti. Per i dipendenti è importante poter conciliare il lavoro con la vita privata, che sempre più spesso pretendono orari regolari e prevedibili per garantire un sano equilibrio tra lavoro e vita personale. «Nei colloqui di assunzione, nove persone su dieci indipendentemente dalla loro situazione familiare e personale chiedono il part-time da subito con possibile esclusione dei turni al sabato ed alla domenica – continua Maria Elena Bossetti. «Ovviamente, questo non è possibile. La fidelizzazione del dipendente di negozio è un grosso problema che non viene superato neanche da retribuzioni competitive, formazione, e benefit adeguati: la maggior parte preferisce un lavoro in fabbrica dal lunedì al venerdì con orari fissi. Tutti chiedono contratti part-time non tenendo conto che spesso se uno ha bisogno di un prestito questo non gli viene concesso se non ha un contratto full-time. Un giovane che lavorava sei ore continuative in negozio, abitando a due chilometri dalla sede di lavoro – racconta Maria Elena Bossetti – dopo dieci giorni, si è licenziato dicendo che si era accorto che viveva per lavorare e non lavorava per vivere e quindi era costretto ad abbandonare perché quella non era vita».

Casi estremi a parte, i dipendenti del retail nutrono però aspettative legittime nei confronti del loro ambiente lavorativo. Innanzitutto, desiderano un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso, in cui vengano riconosciuti e valorizzati per il loro contributo. I veloci cambiamenti tecnologici richiedono investimenti costanti e un adattamento rapido. Per i retailer questo può essere un onere notevole in termini di tempo e denaro. La formazione continua e le opportunità di sviluppo professionale rappresentano un’altra aspettativa fondamentale. «Nella ricerca di personale sul punto vendita, soprattutto nel segmento di DF Sport Specialist, si ricercano soprattutto persone che abbiano passione per uno sport specifico e si tende a formarle per poterle tenere a lungo su quel settore, per farle crescere nella capacità di servire al meglio il cliente anche tramite la conoscenza nel tempo. Un po’ come era uso fare nei negozi di una volta» – spiega Maria Elena Bossetti. «Non chiediamo all’addetto di negozio di indicare al cliente solamente su quale scaffale trovare il prodotto che cerca, ma soprattutto di affiancarlo e supportarlo nella scelta del prodotto migliore per le proprie esigenze». La richiesta di orari regolari e prevedibili è giustificata dall’esigenza di un sano equilibrio tra lavoro e vita personale. Lo smart working è diventato un’aspettativa normale per i giovani, ma il settore del retail, per quanto riguarda la gestione dei negozi, non è in grado di implementarlo, rendendo di conseguenza il settore meno attraente come opportunità di impiego.

CONCLUSIONE

La customer centricity, implementata con un approccio innovativo, assume un ruolo sempre più centrale nelle strategie aziendali, soprattutto alla luce dell’importanza crescente dei servizi online. I nuovi modelli di organizzazione, come lo smart working, non possono essere direttamente implementati in tutte le realtà, e ciò pone sfide significative nella ricerca e formazione del personale sul punto di contatto diretto, negozio, agenzia o filiale che sia. La gestione della relazione diventa la chiave di volta di un business complesso. Questa complessità è il risultato di molteplici fattori, tra cui la diversità dei clienti, i cambiamenti negli stili di consumo, l’attenzione alla sostenibilità, la presenza di canali multipli di vendita, l’evoluzione delle tecnologie e la concorrenza sempre più agguerrita. Affrontare questa complessità richiede adattabilità, investimenti e un profondo impegno per offrire un’esperienza straordinaria al passo con le esigenze e le aspettative sempre mutevoli di consumatori e clienti.