Made in Italy per Cappellini è sinonimo di grande qualità, ricerca e innovazione. «Un marchio che rappresenta non tanto il prodotto che pure è un elemento fondamentale, quanto uno stile. Un progetto più globale. Che affascina le persone in tutto il mondo» – spiega Giulio Cappellini, architetto, progettista e fondatore di Cappellini.
«L’essenza, si potrebbe dire, che rende il nostro Paese riconoscibile in tutto il mondo per bellezza ed eleganza oltre che vero punto di forza per il mercato italiano. Un marchio la cui fortuna si deve anche – come rileva Cappellini – al valore della nostra tecnologia, che svolge un ruolo significativo nel promuovere i prodotti italiani a livello internazionale. «Un mix di artigianalità e innovazione, fondamentale per mantenere la competitività sul mercato globale. Credo sia necessario fare di più per riuscire a raccontare il sudore, la fatica dietro alla creazione di un manufatto di qualità. Sia in termini di prodotto e progetto che di produzione, distribuzione e promozione. Processi nei quali la tecnologia gioca un ruolo fondamentale. Tutto il mondo riconosce al nostro Paese la grandissima qualità della sua manifattura artigianale, ma abbiamo anche un italian tech che dobbiamo sforzarci di far conoscere. Questa valorizzazione è fondamentale per la crescita economica del Paese e la sua competitività globale».
Fare sistema, il palcoscenico è il mondo
Per “fare sistema” tra le aziende del Made in Italy, è necessario creare sinergie tra imprese dello stesso settore e di settori complementari. In realtà un auspicio spesso disatteso. «Molte aziende italiane, soprattutto familiari, sono conosciute in tutto il mondo per i loro prodotti, esposti nei principali musei d’arte contemporanea; ma rispetto al passato, quando esportare significava vendere un po’ in Europa e in Nord America, oggi il palcoscenico è il mondo, e il problema delle nostre aziende, anche quelle più conosciute, è che sono troppo piccole per affrontare il mercato globale e riuscire a raccontarsi al meglio» – spiega Cappellini. «Anche per questo assistiamo a continue acquisizioni nel comparto del design di alta gamma, ma non solo. Lo stesso gruppo a cui Cappellini appartiene insieme a Poltrona Frau, Cassina e altri brand è stato acquisito dal gigante americano Haworth. Questi gruppi hanno contribuito in modo significativo a elevare il prestigio dell’industria manifatturiera italiana sia in termini di produzione che di presenza commerciale, senza minare il valore e l’indipendenza delle singole aziende. Quando il valore del marchio è già forte, queste operazioni migliorano la posizione sul mercato mondiale».
Implicito riconoscimento, non colonizzazione
Un fascino che non accenna a diminuire e che conferma quanto le imprese più conosciute del Made in Italy siano appetite da parte degli investitori internazionali. Per i quali scommettere sulle opportunità di crescita di queste realtà rappresenta ancora un’attrattiva irresistibile. «Un grandissimo valore aggiunto» – afferma Cappellini. «Difendere e mantenere il DNA di ogni singolo brand va benissimo. Per l’acquirente finale che il marchio sia autonomo o appartenga a un gruppo non fa differenza. Mentre se fai parte di una realtà solida, hai maggior potere commerciale e contrattuale. Senza contare che a monte è più facile che si creino una serie di sinergie dal punto di vista produttivo, finanziario, organizzativo e di ricerca. Una tendenza – continua Cappellini – che nel settore dell’arredamento, serve per garantirci un futuro». E che non va per forza letta come una colonizzazione del Made in Italy. «Quando viene mantenuta l’indipendenza delle aziende, rafforzata l’identità produttiva e il valore della nostra manodopera, credo si dimostri tutto il rispetto del brand e del valore delle nostre eccellenze».
Sostenibilità non greenwashing
Secondo Cappellini, il Made in Italy del futuro è fatto di sostenibilità, tracciabilità, riconoscibilità dei prodotti e più capacità di competere. «Noi siamo arrivati in ritardo. Già quindici anni fa, nel Nord Europa non mi veniva chiesto un parere sulle tendenze del design, ma di descrivere il nostro atteggiamento nei confronti dell’economia circolare. Ci stiamo arrivando: se non per vocazione, per necessità. Da parte del pubblico, soprattutto di quello più giovane, c’è maggiore consapevolezza. Oggi, non ci si limita ad acquistare un prodotto. Si vuole sapere con quali materiali è fatto, dove, è stato prodotto, con che tipo di manodopera, se impiega materiali di riciclo e così via». Per questo non bisogna commettere l’errore di cavalcare solo l’onda del green, fornendo informazioni fuorvianti su come i prodotti o le azioni di un’azienda siano rispettose dell’ambiente, al solo scopo di attirare i clienti. «Un boomerang che rischia di compromettere la credibilità del brand» – afferma Giulio Cappellini. «La sostenibilità nel suo complesso non può essere una tecnica di marketing. Mentre al contrario deve essere un progetto che coinvolge l’azienda a 360 gradi. Come fornitori di grandi multinazionali, abbiamo potuto constatare che più che controllare la qualità del prodotto, i nostri compratori vogliono verificare la qualità dell’ambiente di lavoro. Perciò se vogliamo guardare al futuro e riuscire a esportare i nostri prodotti, dobbiamo adeguarci ed essere veramente eccellenti».
È il metodo Cappellini. Intersezione di avanguardia e artigianalità. Equilibrio tra funzionalità e contraddizione. «Gli oggetti non sono solo cose, devono avere un’anima»
AI e ruolo del digitale
Per restare al passo coi tempi, bisogna anche portare in azienda le nuove tecnologie nel modo giusto. «L’innovazione aiuta ad accelerare i processi» – spiega Giulio Cappellini. «Ai giovani però ricordo sempre la necessità di continuare a sporcarsi le mani, conoscere le proprietà dei materiali, studiare, disegnare. Un rendering fa sembrare tutto bello, ma per passare alla fattibilità sono necessari dei passaggi delicati da seguire. Per questo non credo che l’intelligenza artificiale potrà mai sostituire l’intelligenza umana. Né che nel nostro mondo, la progettazione sarà legata solo all’intelligenza artificiale. Gli oggetti non sono solo cose. Non devono essere solo funzionali, devono avere un’anima». Il metodo di Cappellini si fonda sull’equilibrio tra rigore e libertà, tra l’unità di un’idea e le contraddizioni della creatività. Equilibrio, incomprensibile per una macchina. «Rischiare, essere contemporanei, lavorare sempre sulla ricerca e l’innovazione, cercando di andare a toccare nell’utilizzo dei materiali, dei sistemi produttivi anche degli elementi mai usati prima». Il messaggio è chiaro: «Se vogliamo mantenere e trasmettere il patrimonio di prestigio del Made in Italy, dobbiamo continuare a fare progetti seri, concreti, precisi: è questo a fare la differenza. Quando assistiamo alle presentazioni di nuovi prodotti, alle sfilate di moda o ai cocktail della Design Week, mostriamo al mondo solo la superficie. Dietro, ci sono aziende che lavorano instancabilmente durante tutto l’anno per progettare, vendere, fatturare e pagare i propri dipendenti. Sono convinto che, per mantenere la brand identity del Made in Italy, sia essenziale continuare a lavorare con grande energia e serietà».