Realizzato in laboratorio il primo cervello ibrido

Realizzato in laboratorio il primo cervello ibrido

Per metà umano e per metà composto di elettroni, riconosce le voci e distingue il parlato

Come una storia che potrebbe essere tratta da un qualsiasi film di fantascienza, gli scienziati hanno colmato un divario critico tra il biologico e l’elettronico. Secondo uno studio, pubblicato su Nature Electronics, vari ricercatori sono riusciti a realizzare un “biocomputer ibrido” che combina tessuto cerebrale umano coltivato in laboratorio con circuiti convenzionali e intelligenza artificiale. Soprannominato Brainoware, il sistema ha imparato a identificare le voci con una precisione del 78%. Un giorno potrebbe portare a microchip fusi con i neuroni. Brainoware combina organoidi cerebrali – gruppi di cellule umane derivati ​​da cellule staminali trasformate in “mini-cervelli” pieni di neuroni – con circuiti elettronici convenzionali. Per realizzarlo, i ricercatori hanno posizionato “un singolo organoide su una piastra contenente migliaia di elettrodi per collegare il cervello ai circuiti elettrici”. 

I circuiti, comunicando con l’organoide cerebrale, “traducono le informazioni che vogliono inserire in uno schema di impulsi elettrici”. Il tessuto cerebrale quindi impara e comunica con la tecnologia. Un sensore nella matrice elettronica rileva la risposta del mini-cervello, che un algoritmo addestrato di apprendimento automatico decodifica. In altre parole, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, i neuroni e l’elettronica si fondono in un’unica biomacchina (estremamente basilare, per ora) capace di risolvere i problemi. I ricercatori hanno insegnato al sistema cervello-computer a riconoscere le voci umane. Così, è stato possibile addestrare Brainoware su 240 registrazioni di otto persone che parlavano, “traducendo l’audio in elettrico per trasmetterlo all’organoide”. La parte organica ha reagito in modo diverso a ciascuna voce, generando uno schema di attività neurale che l’IA ha imparato a comprendere. Brainoware ha imparato a identificare le voci con una precisione del 78%.

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Le sfide per la tecnologia includono il mantenimento in vita degli organoidi, soprattutto quando ci si sposta in aree più complesse dove gli scienziati eventualmente vorranno dispiegarli. Le cellule cerebrali devono crescere in un’incubatrice, il che potrebbe diventare più impegnativo con organoidi più grandi. I prossimi passi prevedono la possibilità di insegnare agli organoidi ad adattarsi a compiti più complessi per una maggiore stabilità e affidabilità.