Superare il complesso di “Calimero”

Superare il complesso di “Calimero”

La pandemia ha accelerato la transizione e ora non si torna indietro. In due anni, si sono raggiunti risultati per i quali, in precedenza, sarebbe stata necessaria una finestra temporale di 25-30 anni.   

In tale contesto, l’Italia è leader in Europa, grazie anche ai fondi stanziati dal governo, che hanno raggiunto un budget di 40 milioni di euro. Solo nel 2022 sono state certificate oltre un miliardo di autenticazioni SPID e nel 2023 si è registrato il +25% nel primo trimestre. Il sistema dello SPID ha riscosso un successo straordinario con oltre 36 milioni di identità attivate. Nel nostro Paese, la firma digitale ha raggiunto ben 30 milioni di utenti che la utilizzano mediamente oltre 30 volte l’anno. In sintesi, per l’Italia non è più ammesso alcun complesso di “Calimero” rispetto alla posizione di leadership nell’evoluzione digitale che va sempre più assumendo in Europa. Un ulteriore esempio, è l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali, lanciato da AgID,  l’Agenzia per l’Italia Digitale, dove tutti i cittadini possono aprire gratuitamente il proprio domicilio digitale indicando un indirizzo PEC del quale sono titolari.

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D’altra parte, parlando di transizione digitale e di futuro, non si può tralasciare un excursus anche in merito al sistema di transazioni digitali a livello transfrontaliero. Nel giugno del 2021, la Commissione europea ha pubblicato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 910 del 23 luglio 2014 eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) con l’obiettivo di definire un quadro normativo per l’identificazione elettronica (eID) e i servizi fiduciari (“eIDAS 2”). Il testo di eIDAS 2 non è ancora stato formalizzato, ma siamo in grado di fare alcune assunzioni, soprattutto sulle evoluzioni dell’identità digitali. La prima versione del regolamento richiedeva agli Stati membri di notificare singoli schemi di Identificazione elettronica, nell’ottica di avere un sistema di identità elettroniche interoperabili, così come è successo per SPID e per la CIE. In modo simile, il “Wallet europeo” (European Digital Identity Wallet) mira a fornire una base digitale comune per richiedere, ottenere e conservare in modo sicuro le proprie informazioni con un unico strumento. In altre parole, si tratta della versione virtuale del nostro portafoglio fisico, in cui potranno essere ottenuti e gestiti vari documenti, nella loro forma digitale, come la carta d’identità, la patente di guida o altri attributi afferenti alle singole persone fisiche o giuridiche.

In quest’ottica evolutiva, da un punto di vista realizzativo, nei mesi scorsi sono stati assegnati i grant europei ai quattro consorzi vincitori che sperimenteranno i primi prototipi di EUDI Wallet (DC4EU: Digital Credentials for Europe; EWC: EU Digital Wallet Consortium, NOBID e POTENTIAL) e alcuni di questi progetti hanno visto l’avvio. InfoCert è partner tecnologico dei consorzi EWC, NOBID e TRACE4U, premiati per l’implementazione di progetti di blockchain e identità digitale nell’ambito del programma Europa digitale della Commissione. In termini di sicurezza, infine, l’EUDI Wallet promette, di offrire vantaggi significativi perché consentirà agli utenti di condividere solo e unicamente le informazioni necessarie ad accedere al servizio. Un nuovo paradigma nella gestione della privacy, che supera di gran lunga l’esperienza finora messa in campo e che si avvicina al modello della Self Sovereign Identity, senza cioè il coinvolgimento necessario di terze parti a gestire le credenziali d’identità per conto del proprietario che sarà invece l’unico a decidere cosa e con chi condividere i propri dati. Ma qui si apre la partita della formazione dell’utente, perché in una relazione bilaterale, con livelli di competenza non allineati, è alto il rischio di manipolazioni. Un cammino come si vede non privo di ostacoli, senza il superamento dei quali non sarebbe tuttavia traguardabile un futuro che si sta già facendo presente.

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