Tra disponibilità dei servizi online, sicurezza e interoperabilità dei dati, continua il cammino verso l’efficienza della Pubblica amministrazione italiana. I progressi, le battute d’arresto, le piccole e grandi accelerazioni e, soprattutto, le opportunità da cogliere per chi opera nell’ICT

Lo start risale ai primi anni 2000. In quel periodo, l’approvazione di vari decreti e normative ha fatto da volano all’avvio del percorso verso la transizione digitale della Pubblica Amministrazione con l’intento di adeguare il sistema italiano agli standard europei e internazionali. Oggi, due decadi dopo, complici i fondi del PNRR dedicati alla transizione digitale, il processo di trasformazione e adattamento, pur restando complesso, ha contorni più nitidi e definiti e gli obiettivi, insieme alle loro implementazioni, sono percepiti con maggiore pragmatismo. Fondamentale in questa direzione la migrazione al cloud per permettere di accelerare l’interoperabilità tra gli enti pubblici, snellire le procedure secondo il principio “once-only” (per il quale le PA centrali e locali devono evitare di chiedere a cittadini e imprese informazioni già fornite in precedenza) e rafforzare le difese di cybersecurity. Inoltre anche l’intelligenza artificiale e le tecnologie emergenti giocano un ruolo di primo piano traghettando nel settore pubblico i risultati ottenuti con il loro utilizzo in ambito privato per migliorare sia l’esperienza sia l’accesso dei cittadini attraverso servizi sempre più efficaci, rapidi e personalizzati. Secondo una recente survey di IDC, l’innovazione dei servizi e la fornitura di esperienze digitali “frictionless”, sono le principali priorità strategiche per i dirigenti pubblici in Europa, Medio-Oriente e Africa.

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E il nostro Paese a che punto è? L’eGovernment Benchmark pubblicato annualmente dalla Commissione Europea fornisce un quadro eterogeneo per quanto riguarda i progressi dell’Italia nella trasformazione digitale delle PA – come spiega Massimiliano Claps, research director di IDC EMEA Insights. Secondo l’analisi del 2023, l’Italia è in linea con la media europea in termini di disponibilità di servizi online e trasparenza nell’uso dei dati personali e nella comunicazione con i cittadini tramite posta certificata. Tuttavia, presenta lacune in termini di trasparenza della progettazione e dell’erogazione dei servizi, nel rendere i servizi utilizzabili fra stati membri dell’UE e nella disponibilità di moduli/servizi online “precompilati”, il che richiederebbe alle PA di condividere i dati dei cittadini in modo sicuro tra i silos organizzativi». Claps parla chiaro: se l’Italia vuole raggiungere gli obiettivi strategici fissati dal Digital Compass europeo, non è più sufficiente mettere online i servizi esistenti. «Il governo deve riprogettare i servizi intorno ai cittadini, scalare la condivisione sicura dei dati tra le pubbliche amministrazioni per implementare il principio “once-only” e rendere i servizi digitali italiani interoperabili con quelli degli altri Stati membri dell’UE» – commenta Claps. «Le trasformazioni in corso nelle pubbliche amministrazioni nel mondo indicano che la prossima generazione di servizi incentrati sui cittadini dovrebbero comprendere le esigenze e le circostanze delle persone e delle aziende attraverso l’uso intelligente dei dati, semplificando e unendo i servizi tra i programmi, collaborando con il settore privato, rendendo i servizi digitali più inclusivi e consentendo interazioni affidabili per rendere la burocrazia davvero invisibile».

IL DECOLLO CHE SI INTRAVEDE

Coinvolte nel processo come fornitori di servizi e tecnologie, le aziende dell’ICT hanno un punto di osservazione privilegiato per tastare il polso allo stato dell’arte del processo di digitalizzazione della PA in Italia. Monica Rollandi, responsabile Area Osservatorio Normativo – Piattaforme Pubbliche Abilitanti – Public Procurement Centrali Committenza di PA Digitale S.p.A. riconosce la forza propulsiva del PNRR. «Il processo di digitalizzazione della PA ha subito, grazie al PNRR e al Piano Nazionale Complementare, una grande accelerazione, in particolare perseguendo l’obiettivo di fornire strumenti alla PA per erogare servizi esclusivamente in modalità digitale verso cittadini, imprese e altre pubbliche amministrazioni. Come anche enfatizzato nel Piano Triennale per l’Informatica 2024-2026 occorre favorire lo sviluppo di una società digitale, attraverso la digitalizzazione della PA, intesa come motore di sviluppo per tutto il Paese». Più cauto Giuseppe Catarinozzi, responsabile PA di Minsait in Italia, che sottolinea ritardi e aree critiche del processo di digitalizzazione. «La pubblica amministrazione sta cercando di tenersi al passo con l’evoluzione tecnologica, ma è ancora agli inizi del processo di digitalizzazione, che è stato accelerato dalla pandemia e che ha messo in luce l’importanza della trasformazione digitale per offrire servizi più efficienti. Tuttavia, il rapido avanzamento degli ultimi anni ha creato delle sfide nella gestione dei processi: sono state sperimentate varie tecnologie spesso senza una corretta pianificazione, trascurando il coinvolgimento e la formazione del personale, fondamentale per il successo dell’innovazione». Gli fa eco Andrea Zinno, Data Evangelist di Denodo.

«Se la digitalizzazione è sicuramente a buon punto, altrettanto non si può dire del tanto agognato “once-only”, cioè della capacità della PA di mostrarsi come “elemento unico” verso i cittadini e le imprese, schermando non solo la complessità interna, ma divenendo soggetto unificante di dati e processi che appartengono ad amministrazioni ed enti diversi, cosicché si possa interagire con il mondo pubblico senza doversi preoccupare di chi faccia cosa». L’elemento abilitante di questa rivoluzione – individuato da Andrea Zinno – è sicuramente la Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) che garantisce lo scambio semplice e sicuro di informazioni tramite API, verificando l’autenticazione e i livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati. Tale elemento – però – sembra lungi dall’essere pienamente operativo e, quindi, dalla creazione di quella completa tessitura dei dati, che – secondo Zinno – «rappresenta la precondizione di una vista unica e semanticamente coerente della Pubblica Amministrazione». Amedeo Muro, sales director di ServiceNow Italia parla di percorso a metà strada. «Come ServiceNow siamo parte attiva nel processo di digitalizzazione della PA in Italia. La nostra piattaforma è in uso presso molte amministrazioni pubbliche e ci consente di avere piena consapevolezza dei vantaggi che la digitalizzazione porta. La PA è quasi a metà del percorso di adozione e già ne vediamo i primi ritorni sia in termini di efficacia che di efficienza, oltre che di adoption».

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LE SFIDE SUL TAVOLO

Ombre, ma anche luci: al netto delle sfide che rimangono ancora da affrontare si stanno iniziando a raccogliere risultati significativi. «La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana ha fatto notevoli progressi soprattutto nell’integrazione dei canali online e offline di contatto con i cittadini». «L’emergenza sanitaria ha accelerato questo processo, portando il settore pubblico a riflettere sulle modalità di contatto con i cittadini e a lavorare per una migliore integrazione dei diversi canali» – spiega Giuseppe Catarinozzi di Minsait. «Secondo il rapporto sulla digitalizzazione dei canali di vendita che, come Minsait, abbiamo realizzato con gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, quasi tutte le organizzazioni pubbliche (98%) offrono la possibilità di prenotare servizi online e usufruirne offline. Gli sportelli pubblici non sono più solo luoghi per l’accesso ai servizi, ma stanno diventando punti di supporto cross-canale per gli utenti in tutte le fasi di interazione con l’ente. Le soluzioni tecnologiche più comuni includono sistemi di prenotazione online per visite agli sportelli, pagamenti digitali di servizi pubblici, gestione virtuale delle code e raccolta e integrazione delle informazioni sugli utenti per una visione unificata del cliente. Le sfide principali che rimangono, su questo tema, riguardano l’adozione più ampia di strumenti per la profilazione dei clienti da parte degli enti pubblici e l’abbattimento delle strutture organizzative a silos che spesso non favoriscono l’interoperabilità e la comunicazione tra i vari canali di contatto con i cittadini».

Progressi e sfide sono sottolineati anche da Fabio Meloni, CEO di Deda Next. «Ormai è certo, la PA è sempre più digitale e lo testimonia anche la nostra ultima indagine sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo, ma è sul rapporto tra Amministrazione locale e centrale che si gioca il salto di innovazione, per costruire una PA plasmata attorno alle persone. La sfida è sui dati e si riassume in tre concetti su cui lavoriamo ogni giorno: certificazione, georeferenziazione e interoperabilità. Interoperabilità significa equità, cioè realizzare quell’uguaglianza di fronte all’Amministrazione, ovunque ci si trovi, per qualunque servizio, grazie al “once-only”. Va da sé che per farlo – continua Meloni – i dati devono essere certificati e integrati con le piattaforme nazionali e solo se anche georeferenziati sapranno sostenere politiche di sostenibilità ambientale e di equità in termini di accessibilità, inclusione e gestione efficiente delle risorse». Donato Cappetta, direttore Innovazione e Ricerca di Eustema parla di miglioramento del modello di procurement e mette l’accento sull’interoperabilità tra le varie pubbliche amministrazioni. «Una delle aree di miglioramento che vedevamo nelle gare pubbliche erano i tempi lunghi tra l’avviso, la valutazione, l’aggiudicazione e l’effettivo avvio. Fortunatamente oggi, anche grazie agli accordi quadro, il modello di procurement è diventato più veloce e semplificato: un aspetto cruciale per allineare qualsiasi processo di trasformazione digitale ai tempi previsti dai piani triennali della PA e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un altro importate progresso è rappresentato dalle architetture cloud e dai micro servizi, che permettono di progettare sistemi informativi scalabili by design e certamente più sicuri, anche in termini di privacy e gestione del dato». Tra gli aspetti migliorabili – continua Cappetta – «c’è sicuramente quello dell’interoperabilità tra le diverse PA, peraltro già prevista nel Piano triennale per l’informatica 2024-2026, con servizi e dati che dovrebbero diventare piattaforme abilitanti per l’interazione e lo sviluppo di nuovi servizi a beneficio di tutti gli attori del sistema (pubbliche amministrazioni, imprese e cittadini) e un piano di adozione di sistemi intelligenti (ML e AI). In questo caso, il focus riguarderebbe il loro impiego nei procedimenti pubblici secondo principi di trasparenza, responsabilità e fiducia nella tecnologia, anche in coerenza con l’AI Act».

E se Stefan Dawid, director Public Sector di Brother zooma sulla gestione documentale e relativi processi di workflow e security come aspetti critici da implementare secondo gli standard più attuali, Amedeo Muro di ServiceNow Italia, solleva la questione della formazione. «Le amministrazioni sono consapevoli di quanto una digitalizzazione efficace porti vantaggi. ServiceNow ha supportato la fase di knowledge transfer e possiamo dire che i progressi sono ora evidenti. È necessario formare anche i cittadini, però. L’età media degli utenti, l’esperienza e l’abitudine al cartaceo sono ancora un limite all’adozione completa di processi digitalizzati da parte delle persone». Tuttavia, Amedeo Muro non vede impedimenti insormontabili che possano impedire una digitalizzazione più ampia e rapida della Pubblica Amministrazione. «L’adozione è ormai partita, ci sono ancora dei ritardatari, più per questioni di abitudini, ma non vedo ostacoli non gestibili. I piani di finanziamento del PNRR, usati oculatamente e con coraggio, potranno poi dare un ulteriore impulso e velocizzare il fenomeno di adozione».

HIGH-TECH EFFETTO VOLANO

Tra gli asset fondamentali per favorire la trasformazione digitale della PA è di rigore chiedersi quale ruolo giochi l’high-tech, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale e alla blockchain. Per Alessandro Mantelli, CTO di Almaviva tecnologie emergenti e Game-Changing Techs sono i pilastri su cui costruire la PA del futuro, in cui efficienza, trasparenza e partecipazione si fondono in un ecosistema nuovo: «La blockchain garantisce privacy e prevenzione delle frodi e offre nuove opportunità per identità digitale e processi pubblici. L’AI, con le capacità di apprendimento, analisi dati e automatizzazione, può efficientare il sistema, per esempio nello sviluppo di software di qualità, sostenibile by design, o nel supporto alle decisioni. È comunque necessario considerare gli aspetti tecnici come le implicazioni etiche e sociali, oltre alle nuove normative come il Data Act e l’AI Act». Fabio Meloni di Deda Next afferma che l’AI dovrà affiancare i dipendenti pubblici, automatizzando i compiti ripetitivi come un “co-worker” che migliori la qualità del lavoro e del servizio. «In questa logica la stiamo integrando nelle nostre soluzioni, per supportare le migliaia di utenti che tutti i giorni le utilizzano».

Marco Mastroianni, direttore Innovation PA & HC & Transportation di Engineering Group evidenzia l’azione propulsiva insita nelle nuove tecnologie. «Siamo in una fase storica in cui l’evoluzione tecnologica sta correndo velocemente, modificando in modo profondo e pervasivo tutti i settori della nostra economia. Anche nella PA, l’adozione dell’AI all’interno dei processi, nonché l’utilizzo di altre tecnologie come Blockchain, NFT e servizi in cloud, promettono di rivoluzionare ulteriormente le modalità di erogazione dei servizi pubblici, prospettando soluzioni ancor più innovative per una gestione più efficiente e una risposta più rapida alle esigenze dei cittadini». Secondo Amedeo Muro di ServiceNow Italia, le nuove tecnologie sono una locomotiva: «Il loro ruolo è dirompente se ben gestito e interpretato. ServiceNow consente di accelerare, con il proprio strumento di AI, la completa digitalizzazione dei processi aziendali e di aumentare in modo esponenziale la qualità nell’erogazione e utilizzo dei servizi». Sull’effetto turbo della sinergia tra intelligenza artificiale e tecnologie emergenti – concorda Donato Cappetta di Eustema: «Le tecnologie emergenti sono degli acceleratori della transizione digitale, permettono di migliorare l’esecuzione dei processi, migliorare la produttività, tracciare asset completamente digitali e usare potenti analytics per il supporto alle decisioni strategiche. Ci troviamo di fronte a un’occasione importante per rafforzare la capacità della PA». Le tecnologie emergenti rappresentano un elemento chiave anche nel processo di democratizzazione dei servizi, poiché – come spiega Cappetta – consentono la progettazione e lo sviluppo di nuovi modelli di user experience (per esempio app, interfacce conversazionali avanzate e report), la personalizzazione dei servizi su misura per l’utente, l’implementazione di sistemi di raccomandazione che guidano la selezione dei servizi, e in generale il potenziamento dell’esperienza digitale.

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Per Andrea Zinno di Denodo, l’efficacia di qualsiasi tecnologia dovrebbe essere valutata in base alla sua capacità di semplificare la vita di chi la utilizza, e ogni altra considerazione dovrebbe essere subordinata a questo criterio. «Non c’è peggior errore che adottare una tecnologia solo perché “tutti ne parlano” e l’eventuale adozione deve essere sempre il risultato di un’attenta analisi del fabbisogno, interno ed esterno, perché l’innovazione non deve mai essere fine se stessa, ma funzionale all’aumento del benessere collettivo».

VANTAGGI CONCRETI

Una domanda semplice, ma necessaria, punta la bussola sulla parola concretezza: quali saranno, una volta completata la digitalizzazione della PA, i vantaggi per le aziende e per i cittadini? Amedeo Muro di ServiceNow Italia risponde stilando un elenco: «Maggiore qualità per i servizi al cittadino. Risparmio nei tempi di erogazione. Certezza dei costi sia di investimento per le amministrazioni sia di erogazione del servizio. Incremento di specifiche professionalità del personale della PA e chiari percorsi di crescita professionali oltre che maggiore flessibilità per eventuali cambi di ruolo». Con altrettanto pragmatismo replica Alessandro Mantelli di Almaviva. «Ai vantaggi di rapidità, costi e semplicità, garantiti da procedure paper-free e la possibilità di usufruire dei servizi tramite smartphone, in qualsiasi momento e in mobilità senza recarsi presso un ufficio, si affiancano automazione, trasparenza e tracciabilità dei processi che riducono tempi e burocrazia e una user-experience migliorata, personalizzata, altamente accessibile e inclusiva con servizi su misura fruibili anche da persone con disabilità o mobilità limitata».

Per quanto riguarda il reale conseguimento dei vantaggi, Andrea Zinno di Denodo solleva un punto imprescindibile. «In ogni contesto democratico, i diritti sono tali solo se facilmente esercitabili, altrimenti diventano privilegi, concetto che vale tanto nel mondo fisico che in quello digitale. La digitalizzazione, quindi, porterà vantaggi solo se questi semplificheranno la vita di cittadini e imprese, rendendoli autonomi nell’essere parte attiva della vita civile, esercitando i diritti e ottemperando ai doveri, e di poterlo fare quanto più facilmente possibile». Secondo Monica Rollandi di PA Digitale, la modernizzazione digitale può aumentare enormemente le opportunità per cittadini e imprese, abbattendo barriere, riducendo i tempi e contrastando le disuguaglianze. «Si pensi solo alla possibilità di effettuare comodamente da casa, con un qualsiasi dispositivo, queste operazioni: effettuare un pagamento verso le PA tramite il Nodo dei pagamenti (pagoPA), ottenendo la ricevuta su IO App; ricevere le notifiche a valore legale sulla nuova piattaforma delle notifiche digitali SEND; richiedere certificati anagrafici, di residenza e così via, tramite la banca dati dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) e, nel prossimo futuro, grazie al progetto ANPR-Liste Elettorali, avere la disponibilità della propria tessera elettorale su IT Wallet (l’evoluzione dell’app IO) oltre che, grazie al progetto dell’Archivio Nazionale informatizzato degli archivi di Stato Civile, avere la possibilità di ottenere gli atti di stato civile digitalizzati e centralizzati, quindi richiedibili anche presso il Comune di residenza». Gli esempi potrebbero continuare. Garantire un’interazione costante con le piattaforme abilitanti nazionali, non ultima la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) che consente di assicurare il principio del “once-only” (secondo il quale la PA non deve chiedere a cittadini e imprese dati che già possiede) – come sottolinea Rollandi – rappresenta uno dei punti fermi della strategia di PA Digitale, partner tecnologico che accompagna gli enti pubblici in tutti questi progetti.

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Marco Mastroianni di Engineering Group allarga il discorso ritornando sulle tecnologie e un approccio ecosistemico. «L’adozione di nuove tecnologie non significa semplicemente digitalizzare i processi, ma cambiare profondamente le strutture organizzative e i modelli procedurali con impatti importanti, per esempio, sulla semplificazione delle procedure burocratiche, l’ottimizzazione delle risorse delle amministrazioni, l’implementazione di sistemi predittivi per la pianificazione urbana e la gestione delle emergenze». Inoltre, la digitalizzazione e l’adozione di tecnologie come l’AI possono fungere da catalizzatore di innovazione e progresso all’interno della PA – spiega Mastroianni – aprendo le porte a una profonda rivisitazione del rapporto tra cittadini e istituzioni, con la sfida di raggiungere e consolidare il delicato equilibrio tra la promessa del miglioramento dei servizi e la garanzia della tutela dei diritti fondamentali. «Siamo convinti che un approccio ecosistemico ai servizi pubblici sia essenziale per rispondere in modo flessibile alle dinamiche della società in modo aperto, semplice, adeguato alle competenze e ai contesti d’uso omnicanale della persona, con una sensibilità agli impatti etici generati dalla digitalizzazione sulla vita di tutti noi cittadini-utenti e sull’ambiente che ci circonda».

LA PRIORITÀ DELL’INTEGRAZIONE

Poiché la PA digitale coinvolge infrastrutture, servizi, competenze e processi resta da vedere quali siano le mosse chiave e quali le opportunità più sfidanti per ciascuno di questi comparti. Amedeo Muro di ServiceNow Italia è dell’avviso che l’approccio non possa che essere organico. «Infrastrutture, servizi, competenze e processi vanno gestiti in modo integrato per evitare fallimenti. L’esperienza ci insegna che non si può digitalizzare senza eliminare le inefficienze e il rischio di avere inefficienze digitalizzate è enorme». Secondo Alessandro Mantelli di Almaviva è fondamentale sia costruire infrastrutture robuste, scalabili e cloud-ready, sia integrare servizi nazionali ed europei. «La priorità sono sicurezza e affidabilità grazie a una cybersecurity di eccellenza e particolare attenzione alla gestione, allo scambio e alla protezione dei dati. I servizi, con un’esperienza utente semplificata, accessibile e multi-canale, si misureranno su inclusione, sostenibilità e privacy, soprattutto in settori strategici come sanità, turismo, ambiente, welfare e smart city». Mantelli evidenzia anche il rapporto diretto tra competenze e competitività. «Oltre alle competenze in ambiti chiave come integrazione e architetture, IoT, mobilità e canali digitali, blockchain, AI e Quantum computing, ne stiamo costruendo di nuove, per esempio in Digital Compliance e RegTech per assicurare la conformità del digitale e soluzioni tecnologiche compliant by design». Nell’ambito dei processi – rileva Mantelli – l’automazione e l’ottimizzazione sono fondamentali per semplificare le operazioni, velocizzare i tempi e migliorare l’efficienza decisionale. «La vera sfida risiede nella capacità di orchestrare e integrare le tecnologie del nuovo universo digitale, garantendo affidabilità e conformità».

L’ERA DEI MONOLITI È FINITA

Le aziende fornitrici di soluzioni e servizi di ICT coinvolte direttamente o indirettamente nel processo di digitalizzazione della PA si apprestano a cogliere i vantaggi del momento con offerte mirate. Stefan Dawid di Brother, parla per il settore printing. «In questo ambito le esigenze della PA sono sostanzialmente analoghe a quelle delle aziende private. Una maggiore adozione di servizi di stampa gestita può garantire alla PA significativi vantaggi rispetto alla tradizionale formula di acquisto transazionale. In tale direzione, l’offerta di servizi MPS di Brother Pagine+ PA offre estrema semplicità di gestione, flessibilità, controllo totale dei costi, con livelli di servizio personalizzabili in funzione delle specifiche esigenze dei singoli enti. Un servizio – commenta Dawidche sta guadagnando sempre più consenso tra le imprese e gli enti alle prese con un percorso di digitalizzazione divenuto necessario. Fabio Meloni di Deda Next evidenzia come il concetto di Government as a Platform introdotto dal PNRR apra importanti opportunità su diversi fronti. «Prima di tutto, la semplificazione di processi e procedimenti, grazie all’interoperabilità. Poi, la sanità digitale, con servizi territoriali personalizzati, veloci e continui. Sul fronte dell’energia, la gestione e distribuzione più efficiente permette di agevolare l’uso di fonti rinnovabili. Inoltre, le politiche ambientali basate su dati georeferenziati permettono di amministrare i territori in modo più sostenibile sia in ottica ambientale che economica. Ne è un esempio il progetto europeo USAGE, che a Ferrara supporta con il digitale le azioni prioritarie del Green Deal a livello locale».

Meloni fa luce anche sulle caratteristiche imprescindibili che le aziende dell’ICT devono avere per cogliere queste opportunità e distinguersi dai competitor. «Tre sono i fattori chiave: l’innovazione continua, la conoscenza profonda di domini e processi e la costruzione di rapporti di partnership con i clienti, perché il cambiamento, per essere efficace, deve essere fatto insieme. È così che lavoriamo in Deda Next». Per Amedeo Muro di ServiceNow Italia, l’occasione propizia può essere colta con la migliore tecnologia, certo, ma anche con il giusto atteggiamento, attraverso una serie di azioni dinamiche e lungimiranti. «Si tratta di opportunità da cogliere, che non sono solo nella direzione dell’adozione di tecnologie e servizi, ma nell’essere parte attiva nell’innovazione digitale del sistema Paese. L’opportunità è unica e non può essere persa. È possibile una competizione tra tecnologie che vedrà prevalere, per esigenze, le migliori soluzioni. Ma servono flessibilità, esperienza e capacità di leggere il futuro. L’era dei monoliti a cui piegare le esigenze della PA centrale e locale è finita» – commenta Muro.