In occasione del Dell Technologies Forum, l’intelligenza artificiale indossa ancora una volta le vesti di protagonista del business del domani, tra sfide, innovazioni e trend futuri
“Next starts now” è molto più di un semplice motto. Parola di Adrian McDonald, EMEA President di Dell Technologies, che nell’anno del 40esimo anniversario del gigante texano ribadisce come «la transizione all’AI non costituisce un primo passo in un mondo totalmente nuovo, ma semplicemente la naturale continuazione di un lavoro pluridecennale. Un lavoro in cui – commenta – prima di oggi non abbiamo mai avuto modo di osservare un fenomeno che si evolve così rapidamente».
Un’evoluzione che reca con sé immense potenzialità e la possibilità di rivoluzionare la stragrande maggioranza, se non addirittura la totalità, degli odierni processi aziendali. Il diktat su cui si strutta la mission di Dell rimane invariato: portare sul mercato tecnologie complesse in modo semplice, rendendole quanto più possibile semplici da implementare. E a queste non fanno eccezione le innovazioni in ambito AI, la cui adozione, continua McDonald, «non è più un optional, e anzi ci spinge ad accelerare sempre più forte, pur continuando a monitorare aspetti quali la sostenibilità e la sicurezza. Così come 200 anni fa il mondo veniva scosso dall’introduzione della macchina a vapore, oggi cambiano gli strumenti ma i concetti e la portata degli eventi restano simili. Le nuove AI Factories, in altre parole, non sfruttano più l’energia termica come le loro antenate, bensì la potenza dei dati».
Dal “vapore” ai “dati”, il cuore pulsante della nuova rivoluzione industriale
Dati che, per esser convertiti in produttività e valore concreto, necessitano tanto di essere messi a disposizione di persone con le competenze adatte a farne il miglior utilizzo, quanto degli appositi strumenti tecnologici. Ma la cui efficacia è determinata anche e soprattutto da un livello precedente, quello della loro qualità intrinseca. «Abbiamo delineato 5 fattori che riteniamo facciano la differenza», spiega McDonald. «Il primo è che i dati sono l’elemento fondamentale e la loro collocazione è determinante: nei casi di successo l’83% delle aziende li elabora on-premise, il 50% in edge. In secondo luogo, l’idea vincente è quella di portare l’AI sui dati e non viceversa. Terzo, è importante adattare la misura del proprio IT alle necessità. Quarto, una struttura aperta e modulare si presta meglio all’imprevedibilità di innovazioni future. E in ultimo, similmente, adottare un ecosistema aperto è favorevole sul lungo termine».
E le applicazioni in cui l’AI generativa può assistere facendo perno su una solida base di dati sono ovviamente svariate: dalla creazione di contenuti, alla generazione di codici, passando per assistenti e gemelli digitali e arrivando alla computer vision. Tutte attività nelle quali, a quanto risulta da una ricerca di Bain & Company, la gen AI può produrre impatti positivi in termini di produttività che variano dal 15% al 50% a seconda del settore. Ma non solo: l’AI può anche costituire un ponte tra le persone, come dimostra il caso della città texana di Amarillo, il primo governo locale ad utilizzarla per permettere alla popolazione – di cui il 24% non parla inglese e usa oltre 60 forme di dialetti – di comunicare e accedere ai servizi senza scontrarsi con barriere linguistiche.
Persone, dati, intelligenza artificiale: ecosistema e modelli ibridi
«Nell’ultimo anno sono cambiate tantissime cose», interviene Frediano Lorenzin, CTO di Dell Technologies Italia, «e l’AI è uscita da una fase iniziale in cui era considerata una tecnologia di nicchia e una curiosità mediatica. Non si parla più di “se”, ma di “come”, i casi d’uso effettivi si moltiplicano e le opportunità a livello di business sono sotto gli occhi di tutti». Un mercato che, stando alla ricerca Innovation Catalysts Study, frutterà 13 trilioni di dollari entro il 2030. «Da questo studio», riprende Lorenzin, «emerge che il 57% delle aziende a livello globale si collochi in una fase di implementazione early to mid. In Italia, data la prevalenza delle PMI rispetto alle grandi aziende e di conseguenza alla minore liquidità a disposizione, la percentuale si abbassa, ma il gap va via via assottigliandosi grazie ai sempre più crescenti investimenti da parte delle medie imprese». Tra gli ostacoli che rimangono, il principale resta la carenza di competenze, non solo in fase di sviluppo ma anche di utilizzo.
«Per questo, per avere successo è fondamentale mantenere un approccio che metta le persone al primo posto, mettendole in condizione di lavorare in armonia con dati e AI». Quest’ultima, nel 79% dei casi, viene usata proprio per dare una marcia in più al potenziale umano, che resta centrale. «Lo step che manca», conclude Lorenzin, «è quello della fiducia. Noi, per differenziarci, cerchiamo di trovare soluzioni ai problemi a partire dalle nostre esperienze personali. Basandoci non su ipotesi o speculazioni, ma su ciò che abbiamo realmente vissuto».