Facebook, un algoritmo dice chi siamo

Ricercatori di Cambridge hanno sviluppato un software che svela sugli utenti più di quello che hanno condiviso

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I computer moderni sanno di noi molto di più di quello che vogliamo e molto dipende dai social network. Non è una visione apocalittica della tecnologia, ma quello che avviene oggi. La crescente quantità di informazioni personali che possono essere raccolte sul web è davvero grande e il pericolo è che molti non se ne rendono conto. Gli scienziati del team di psicometria dell’Università di Cambridge, finanziati da un fondo di Microsoft, hanno scoperto come bastino pochi algoritmi per scandagliare Facebook e raccontare con un alto grado di certezza, particolari della nostra vita che non sapevamo di aver condiviso sul social network.

La ricerca

I ricercatori hanno sviluppato un software composto da algoritmi che sono riusciti a rivelare alcune informazioni personali degli utenti iscritti al re dei social network. Nell’88% dei casi gli algoritmi sono stati in grado di rivelare il corretto genere sessuale, nel 95% la razza e per l’80% il credo religioso e l’orientamento politico. Ovviamente nessuna di queste preferenze era stata immessa nella bacheca personale delle persone, è bastato incrociare le informazioni per ricavarle. Per di più, lo studio ha sottolineato come ci siano grandi probabilità (dal 62% al 75%) che si possa anche ricavare la stabilità emotiva e la personalità di ognuno, semplicemente attraverso il software sviluppato a Cambridge.

La risposta di Facebook

Lo studio mette in evidenza tutte le preoccupazioni che girano attorno ai social network, compresi i problemi della privacy e della conservazione di dati sensibili anche quando le persone cerano di mantenerli il più possibile privati; anzi gli europei sembrano i più attenti a questo genere di pericoli. Michael Kosinksi, uno degli autori del report, ha detto al Financial Times che le tecniche utilizzate dall’università potrebbero essere replicate da aziende per dedurre orientamenti personali di ognuno e condividerli per scopi certamente non etici. Facebook ha rifiutato di commentare la vicenda e la ricerca finanziata da Microsoft. “L’obiettivo non è quello di scoraggiare l’utilizzo dei social network – ha detto Kosinksi – ma evidenziare come sia opportuno impostare al meglio le opzioni di privacy e, visto che spesso non limitano il problema, esercitare pressione verso le piattaforme affinché proteggano al meglio il consumatore”.

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Aggiornamento ore 15.30

Riceviamo e pubblichiamo la risposta ufficiale di Facebook sulla vicenda.

La possibilità di predire caratteristiche personali sulla base di informazioni accessibili al pubblico – come ad esempio i codici di avviamento postale, la scelta della professione, o anche la musica preferita – è stata esplorata in passato e non stupisce più di tanto. Non importa come vengano veicolate le informazioni – adesivi, bandiere alle finestre, loghi sui vestiti, o altri dati disponibili online – è già stato dimostrato che i sociologi possono trarre conclusioni sulle caratteristiche personali sulla base di queste informazioni“.