La crisi economica sfida i governi a contrastare l’economia sommersa per stimolare la ripresa

Secondo uno studio pubblicato da Visa Europe, la crisi economica europea ha spinto con forza molti Governi ad adottare misure contro l’economia sommersa per consolidare le finanze e per far partire la ripresa. Nel 2013 si stima che l’economia sommersa raggiunga il valore di €2.100 miliardi, un valore corrispondente al 18,5% dell’attività economica europea. Sebbene questo evidenzi un rallentamento del fenomeno in termini di volumi, lo studio mostra che il sommerso è ancora fortemente legato all’utilizzo dei contanti in tutta Europa ed è generato in particolare da lavoro nero e dal non-dichiarato.

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Lo Studio di Visa Europe “The Shadow Economy in Europe, 2013 – Using electronic payment systems to combat the shadow economy” (L’economia sommersa in Europa, 2013 – Usare i pagamenti elettronici per combattere l’economia sommersa) analizza la scala dell’economia sommersa in Europa che raggiunge l’8-10% del PIL in Svizzera, Austria, Olanda e Regno Unito fino a toccare il 30% del PIL in Bulgaria, Croazia, Lituania ed Estonia. Le precedenti edizioni dello studio hanno dimostrato una forte correlazione tra l’economia sommersa e il ciclo economico e questo tema è rivisitato nell’edizione 2013. In particolare, l’ultima versione dello studio pone i riflettori sugli sforzi dei governi di tutta Europa per trovare modalità innovative ed efficienti che supportino la soluzione ai deficit domestici mirando ad arginare l’economia sommersa invece che ricorrere meramente a tagli o aumenti fiscali.

Steve Perry, Commercial Director di Visa Europe ha dichiarato: “In tempi di recessione, disoccupazione in aumento, capacità d’acquisto ridotta e timori sul futuro, si corre il rischio che molti più individui siano più inclini ad “attività sommerse”. Mentre prima del 2009 la lotta contro l’economia sommersa stava dando i suoi frutti in tutta Europa, più recentemente sono emerse diverse risposte dall’Europa occidentale, meridionale e orientale con diverso grado di successo. Il denominatore comune a tutte è che l’economia sommersa è tuttora un fenomeno basato sulle transazioni in contanti, che è generato da lavoro nero e dal non dichiarato”.

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I due terzi dell’importo di 2.100 miliardi di euro di economia sommersa stimata per l’anno in corso sono da addebitare al lavoro nero, mentre un terzo è rappresentato dal non dichiarato. Secondo lo studio di Visa Europe un’attenta azione verso queste due aree, attraverso una serie di misure governative, sta aiutando a guidare il cambiamento, e i pagamenti elettronici sono stati prescelti per la loro efficacia nell’arginamento dell’economia sommersa. Per esempio, recentemente la Romania ha stabilito un sistema nazionale di terminali POS (point of sale) e di pagamenti delle imposte via carte di pagamento bancarie che ha innalzato la riscossione tributaria del 34% anno su anno. Laddove le misure di limitazione dell’economia sommersa abbiano previsto l’introduzione o l’intensificazione dei pagamenti elettronici si è assistito a una significativa riduzione dell’economia sommersa. Infatti, il rapporto di Visa Europe stima che un uso mirato dei pagamenti elettronici aiuterebbe a ridurre l’economia sommersa in Europa di un decimo, ossia circa 200 miliardi di euro, in particolare se ci fosse un maggiore focus sul non dichiarato che è stato relativamente sottovalutato dagli sforzi governativi.

L’esperienza internazionale suggerisce che esiste una chiara correlazione tra la dimensione dell’economia sommersa e il numero di pagamenti elettronici che vengono effettuati. Per esempio in quei paesi dove i pagamenti elettronici sono largamente utilizzati, quale il Regno Unito, la dimensione dell’economia sommersa è significativamente ridotta rispetto a un paese quale la Bulgaria dove i pagamenti elettronici non sono largamente diffusi. I settori particolarmente associabili all’economia sommersa sono: edile, commercio, manifatturiero, turismo e trasporto. Se si volge lo sguardo al settore del commercio, per esempio, il rapporto mostra che lo shopping online crea trasparenza e argina l’economia sommersa perché limita le possibilità di effettuare vendite non dichiarate.

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Lo scenario dell’economia sommersa in Italia

Escludendo l’Europa dell’Est, l’economia sommersa in Italia rappresenta il terzo più alto livello di economia sommersa in Europa (appena dopo Turchia e Grecia), attestandosi a circa il 21% del PIL del Paese, per un valore di 333 miliardi di euro. L’alto livello di attività sommersa in Italia è attribuito al non maturo e infrequente utilizzo dei pagamenti elettronici e della loro accettazione, enfatizzato dal fatto che €1 su 23 in Italia è speso su carta Visa contro 1 sterlina su 3 spese su carta Visa nel Regno Unito, un Paese che, infatti, ha un’incidenza del sommerso sul PIL solo del 10%. Lo studio di Visa Europe mostra che in Italia, dove la diffusione dei pagamenti elettronici e l’inclusione bancaria sono relativamente bassi, l’economia sommersa è ai suoi massimi. Tuttavia lo studio evidenzia anche che i pagamenti online in Italia (cresciuti del 17% nel solo 2012) stanno sempre più supportando il contrasto all’economia sommersa, migliorando la trasparenza e così limitando la possibilità di non dichiarare vendite e altre operazioni commerciali.

“Per sua stessa natura, il contante è uno dei principali elementi per lo sviluppo dell’economia sommersa – ha dichiarato Davide Steffanini, Direttore Generale di Visa Europe in Italia – perché impossibile da rintracciare. Lo studio evidenzia che quanto più sono diffusi i pagamenti elettronici all’interno di un paese, minore è la dimensione dell’economia sommersa. La pluriennale esperienza di Visa in Europa ci fa affermare con certezza che se l’uso del contante in Italia fosse ridotto al livello dei paesi che ne fanno l’uso più limitato, si realizzerebbe un risparmio di alcuni miliardi di euro, con un beneficio per il sistema paese e per l’economia europea in generale. Proprio a questo scopo Visa Europe sta lavorando in Italia insieme alle proprie banche socie per: incrementare l’uso complessivo delle carte di pagamento, rafforzare l’espansione del network di accettazione; favorire l’innovazione nei pagamenti, in particolare per i micro-pagamenti realizzabili in contactless sia con smartphone sia con carta, e stimolare l’inclusione bancaria”.

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Specifiche misure intraprese dai governi in tutta Europa finalizzate a generare atteggiamenti positivi nei cittadini attraverso le loro azioni sono comprese nello studio. Esempi quali iniziative governative di lungo termine, in particolare la capacità di pagare vari servizi nel settore pubblico con strumenti elettronici, rappresenta un fattore critico di cambio di abitudini. Tuttavia lo studio invoca i governi a realizzare il potenziale dei pagamenti elettronici per ridurre la dimensione dell’economia sommersa.

Steve Perry ha concluso: “La crisi economica ha portato i governi europei a prendere misure contro il sommerso. C’è un comune intedimento e accordo che il contante stia alimentando l’economia sommersa, e ci attendiamo iniziative focalizzate sulla sostituzione del contante nei prossimi anni per risollevare l’economia e che i governi attuino degli impegni congiunti per ridurre l’impatto dell’economia sommersa in tutta Europa concentrando i propri sforzi sui pagamenti elettronici.”

Specifiche misure dei governi comprendono:

• Nel 2010 la Polonia introdusse un fondo per la diffusione dei terminali POS. Risultò in 100 mila nuovi terminali POS in 2 anni e mezzo con il 75% dei terminali ubicati nei settori più proni all’economia sommersa

• Nel 2011, l’Irlanda sviluppò e implementò una strategia di inclusione finanziaria

• Nel 2011, l’Italia stabilì pagamenti elettronici obbligatori per importi superiori a €1.000. Incentivi fiscali per pagamenti elettronici ai POS furono introdotti combinati alla minaccia di chiusura attività per i commercianti scoperti a non emettere scontrini per 3 volte in un quinquennio. Studi hanno rivelato una raccolta di ben €9,1 miliardi in termini di entrate fiscali aggiuntive. Simili misure obbligatorie sono state introdotte in Spagna (€2.500) e Grecia (€1.500)

• Nel 2012, il Portogallo ha introdotto reportistica obbligatoria alle autorità fiscali da parte delle banche per le transazioni POS degli esercenti