Un’alleanza per rinnovare l’economia

Stati Generali di Italia Startup: le nuove imprese innovative non falliscono perché mancano soldi o regole snelle. È un problema di sistema

Quando si parla di “fenomeno startup” c’è una forte componente di mitizzazione che bisognerebbe sfrondare di tutto quanto non serva – ed è parecchio – a creare un positivo effetto-emulazione capace di agire da stimolo e innescare cicli positivi. La necessità di un maggior pragmatismo sembra aver ispirato gli organizzatori degli Stati Generali dell’Ecosistema Startup Italiano, il convegno che ha riunito parecchie centinaia di persone stipate nell’auditorium Giovanni Testori, nella nuova sede di Regione Lombardia a Milano. Dopo tanti interventi stimolanti, si arriva alla conclusione che al di là del fascino che la nuova imprenditoria deve comunque esercitare, il vero problema è utilizzarne l’energia per creare un sistema in grado di sostenere l’economia, l’occupazione e il rinnovamento industriale di una nazione. E l’unico modo per fare sistema, hanno riconosciuto ospiti come Alberto Baban, presidente di “Piccola industria” di Confindustria, o Stefano Firpo, per la terza volta consecutiva nominato segratario tecnico del Ministero per lo sviluppo economico, è stabilire una forte alleanza tra le giovani startup e il mondo dell’impresa consolidato, rappresentato da Baban da circa 230mila medie imprese. Insomma, quello della startup non è una moda fine a se stessa, ma un modello di economia innovativa che deve essere alla base di un’intera politica industriale. «Veniamo da un mondo di spin-off. Oggi è venuto il momento degli spin-in,» ha riassunto Baban presentando la nuova iniziativa del portale AdottUP, il programma di Piccola Industria per “l’adozione delle startup” da parte delle aziende mature.

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Le cifre, ha detto il moderatore dell’incontro Luca De Biase, parlano già oggi di un ruolo fondamentale della nuova imprenditoria per l’occupazione. «Metà dei nuovi occupati oggi lavora all’interno di organizzazioni che hanno meno di sei anni di vita.» Il problema è che metà delle nuove aziende create non arriva a questa soglia di longevità, ha però sottolineato Roberto Albonetti, direttore generale dell’Assessorato attività produttive della Regione, illustrando le ultime strategie che il regolatore regionale cerca di mettere in atto per dare più stabilità alle startup (e alle “re-startup” ha aggiunto Albonetti), tramite politiche di sostegno svincolate dalla vecchia logica dell’investimento generalizzato e a fondo perduto. Francesco Lazzarotto di Warrant Group, ha poi delineato un efficace ritratto delle politiche europee in materia, rimandando gli startupper e il pubblico interessato a un seminario di approfondimento sui piani di sostegno dell’Ue che Italia Startup terrà il prossimo aprile.

Il presidente dell’associazione Riccardo Donadon, serial entrepreneur di lungo corso, ha fissato quattro parole chiave di un ecosistema efficace: formazione (del giovane imprenditore), innovazione, consapevolezza e capitalizzazione. Quattro materie prime che fino a oggi hanno ceduto il passo, nella narrativa delle startup, al falso problema del venture capital carente. «In questi mesi abbiamo fatto molta strada, i giovani che oggi vogliono mettere in piedi un’impresa innovativa iniziano ad avere un percorso più semplice a livello normativo e burocratico – ha detto Donadon. Ora lo sforzo deve essere comune. Anche con il mondo delle imprese consolidate, dobbiamo sostenere questi giovani imprenditori e rendere consapevole l’intero sistema economico dell’importanza dell’innovazione».

Sugli aspetti delle policy a livello nazionale si è soffermato infine Stefano Firpo, sostenendo che il percorso legislativo e attuativo iniziato più due anni fa e conclusosi con il decreto Crescita 2.0 e le altre iniziative che sono continuamente allo studio, pone l’Italia in una posizione avanzata, in Europa, rispetto a questa tematica. «Occorre però dare molta più visibilità a tutte le misure di sostegno al credito, agevolazione e snellimento che sono state implementate, dobbiamo moltiplicare gli esempi concreti e soprattutto riuscire a fare squadra accantonando per una volta il solito meccanismo di invidia e commiserazione che ci caratterizza».

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