Competenze per il cloud. La parola ai Cio

Competenze per il cloud. La parola ai Cio

Quale impatto ha il cloud computing sul fronte del capitale umano? Un “reality check” doveroso in un contesto in cui troppo spesso concetti pur fondamentali – e complessi – come cloud computing, virtualizzazione, outsourcing, finiscono per diluirsi in un fiume di pareri, definizioni incerte e strategie commerciali aggressive

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Proprio perché l’informatica nella nuvola è una tecnologia concreta, pensata per utilizzatori reali, capace di portare profondi cambiamenti all’interno delle organizzazioni aziendali, con un rimescolamento di ruoli e competenze, Data Manager racconta in questo speciale l’iniziativa ideata da Exs Italia (www.exsitalia.it), la società di consulenza specializzata nella ricerca e selezione di dirigenti e quadri che fa capo a GiGroup, la prima multinazionale italiana del lavoro.

Il Gruppo è attivo nei campi del lavoro temporaneo, staff leasing, ricerca e selezione, executive search, outplacement, consulenza HR e formazione.

Per affrontare il tema fondamentale delle competenze professionali per il cloud computing, Exs Italia ha ideato una formula innovativa, reclutando un panel formato dai responsabili informatici di alcune realtà aziendali di medio-grandi dimensioni.

Tra le aziende e organizzazioni che hanno partecipato alle tavole rotonde di Exs Italia, abbiamo scelto di dare la parola a sei chief information officer, di aziende utenti in mercati verticali, utility, HR e retail ai quali abbiamo chiesto di spiegare come il fenomeno cloud ridefinisce i ruoli consolidati dell’IT, aprendo spazi a figure professionali in molti casi ancora da inventare sul piano della formazione e della selezione.

I manager coinvolti sono: Alessandro Bruni di Baglioni Hotels (settore hospitality), il responsabile ICT integration & technology operations manager di Bolton (settore consumer goods), Ettore Galasso di Fiera Milano (settore servizi ed eventi fieristici), Luigi Zamboni di GiGroup (settore servizi HR e gestione del personale), Rolando Lolli, di Sasol Italy (settore petrolchimico), Maurizio Dell’Oca di Sisal (settore giochi e scommesse online).

Si tratta di aziende di produzione e di servizio attive da lungo tempo in Italia e all’estero in settori molto diversificati, tutte di eccellenza e tutte più o meno profondamente legate a infrasrtutture informatiche complesse – in alcuni casi -decisamente mission critical come nel caso di Sisal. Anche in casa di un operatore della hotellerie di lusso come Baglioni – però – l’informatica non può dirsi meno fondamentale: nel settore dell’ospitalità, la tecnologia – gestionale e no – costituisce un fattore abilitante di una gamma molto estesa di servizi e “amenities” rivolti alla clientela.

Data Manager pubblica una sintesi degli interventi degli ospiti di questi colloqui incentrati sulla tematica delle competenze professionali per il cloud computing. Da un lato, si sono raccolte le specifiche strategie implementative delle realtà industriali rappresentate; dall’altro, una serie di valutazioni sulle figure professionali che i progetti di cloud pubblico o privato rendono necessarie all’interno delle organizzazioni tecniche e manageriali dell’impresa.

Quali sono i pareri più significativi emersi? Il primo trend riguarda la generale consapevolezza dei benefici e delle conseguenze del concetto di virtualizzazione delle risorse hardware e dell’insieme di tecnologie e modelli operativi che costituiscono la sua evoluzione in cloud computing. Una consapevolezza unita alla continua riflessione sul rapporto che si instaura tra il cloud computing e i processi di business. Un secondo elemento chiave riguarda il pragmatismo con cui i manager informativi affrontano il lato “trendy” del cloud computing: una definizione, che – sottolineano gli invitati di Exs Italia – si è fin troppo diffusa nella pubblicistica specializzata e persino in quella generalista, risultando non sempre chiara e univoca. Invariabilmente, i tecnici raccontano un percorso di virtualizzazione e outsourcing delle infrastrutture, delle applicazioni, dei servizi, iniziato già da tempo, ben prima che il cloud computing diventasse di moda e fosse accompagnato da un sano scetticismo sulle criticità di questioni come la sicurezza, la privacy o la compliance.

Sul tema delle competenze, l’obiettivo principale dell’iniziativa di Exs è quello di mettere in evidenza l’evoluzione e il cambiamento delle competenze IT.

Il cloud apre la strada a funzioni e spazi di intervento che non sono sempre allineati con le tradizionali “job description” dell’informatica. I progetti di virtualizzazione, esternalizzazione e federazione di servizi più ambiziosi finiscono spesso per ruotare su figure e ruoli professionali inediti, interdisciplinari, che le aziende devono coltivare al proprio interno o – viceversa – reperire anche con la collaborazione di entità come Exs Italia. Per tutti i chief information officer contattati, il governo del cambiamento introdotto anche nelle forme più “timide” ed embrionali di cloud computing richiede competenze che si allontanano progressivamente dagli aspetti puramente tecnici per entrare in sfere “cross” poste al confine tra le classiche funzioni dell’esperto analista e programmatore e il resto dell’azienda e del suo sistema di relazioni con le terze parti. Questo cambiamento impone una costante attenzione su come i servizi debbano inserirsi nelle strategie e nelle procedure dell’organizzazione.

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LA CONTAMINAZIONE DELL’ICT

Fabio Carletti, il senior consultant di Exs che ha coordinato gli incontri, riassume in modo efficace il vento di positiva “contaminazione” che ha investito il mondo dell’ICT enterprise. «Le competenze devono sempre più essere di tipo misto, la parola più ricorrente è “cerniera”. L’esigenza più sentita, forse, non è il governo del fattore tecnologico, che è affidato allo specialista, all’outsourcer, quanto invece il riuscire a raccordare efficacemente la novità tecnologica con i processi aziendali.

Mi ha colpito il responsabile informatico che ha dichiarato: «Il costo di un servizio può andare da un estremo X a un valore Y, in mezzo c’è quello che scriviamo negli SLA. Diventa essenziale avere qualcuno che sa guardare dentro questi aspetti, che sa capire che cosa serve, che cosa è compatibile con i processi e i budget, e quanto devo spendere per raggiungere un dato risultato».

Mai come oggi – insomma – le porte chiuse dei dipartimenti informatici – grazie al cloud – si spalancano alle esigenze delle altre componenti dell’impresa, alle loro tempistiche e criticità.

 

BAGLIONI HOTELS
FLESSIBILITA’ TECNOLOGICA E CAPACITA’ MANAGERIALE

Secondo Alessandro Bruni «Con una clientela che comprende regnanti e capi di Stato, Baglioni Hotels (www.baglionihotels.com/it), pur non avendo alle spalle una organizzazione enorme, riesce a curare in estremo dettaglio i servizi, attraverso un accuratissimo auditing del proprio personale». Ma come si traduce dal punto di vista tecnologico tutto questo? «L’IT del Gruppo deve supportare un business dinamico, che richiede molta flessibilità tecnologica perché anche lo scenario tecnologico dell’hospitality nel mondo sta cambiando. L’avvento di un sempre maggior utilizzo del WiFi e l’esplosione dell’utilizzo di smart device da parte dei clienti ne sono un esempio calzante: tutto questo ha comportato un investimento importante, anche in termini di cablaggio di edifici storici, nonché nel fornire un’ottima copertura in tutti gli ambienti e un’ottima banda simmetrica. Alcuni anni fa, Baglioni Hotels ha installato un gestionale, un cosiddetto property management system (PMS), in modalità as a service che gestisce solo la parte alberghiera, dalla prenotazione alle ordinazioni. È qui che nasce il ciclo attivo. Per la parte amministrativa utilizziamo una piattaforma midrange tradizionale, ma stiamo considerando un cambiamento per supportare con maggiore flessibilità una strategia di espansione internazionale del Gruppo. Nel tempo, diversi servizi sono stati centralizzati o esternalizzati. Un esempio di centralizzazione interna con una forte impronta IT è il servizio prenotazione, per aumentarne la qualità ed efficienza. Dal punto di vista delle risorse umane, ho sempre cercato di puntare su persone su cui investire e alle quali affidare ruoli manageriali. Con l’avvento della esternalizzazione dell’ICT service desk, una di queste risorse è stato promosso a IT service coordinator, con l’incarico di monitorare la qualità dei servizi esternalizzati. Tra le qualità di queste nuove figure di demand manager rientrano doti come le ottime capacità relazionali e la grande attenzione al risultato».

 

GRUPPO BOLTON
LE ZONE GRIGIE DEL CLOUD
OTTIMIZZARE TEMPI E COSTI

«I servizi informatici del Gruppo Bolton (www.boltongroup.net), che opera nei settori dei prodotti consumer in ambito food e non-food, sono affidati a una società interna, Bolton Services. Da tre anni, abbiamo abbracciato la virtualizzazione lato server che ci ha consentito di portare avanti un importante progetto di disaster recovery e che viene utilizzata gradualmente anche nei data center distribuiti degli stabilimenti di produzione. Stiamo analizzando il cloud vero e proprio, ma la cosa comporta problematiche non indifferenti, perché le zone grigie sono tante e il cloud più “estremo” attualmente non lo riteniamo applicabile alla nostra realtà. Siamo, infatti, molto attenti a dove risiedono i nostri dati e – in quanto realtà produttiva che deve adeguarsi rapidamente al mercato – abbiamo forti esigenze in materia di tutela delle informazioni. Le offerte che stiamo valutando sono di tutti i tipi, dal cloud come IaaS – ma questo è assimilabile a ciò che facciamo da ormai dieci anni con l’outsourcing strategico – fino al cloud più spinto, come il Platform as a Service. Adesso, stiamo approcciando la virtualizzazione dei desktop come contraltare alla virtualizzazione lato server. Siamo strutturati con le competenze che abbiamo definito, focalizzate – da un lato – sui sistemi aziendali e – dall’altro – a fare da trait d’union per tutti gli aspetti contrattuali e di SLA. In futuro, significherà spingersi sempre più verso aspetti complementari, relazionali e di governance. Proprio perché un gruppo così orientato ai consumatori deve essere dinamico, questo si ripercuote sull’IT e il cloud può aiutare ad aumentare questa dinamicità ed efficienza per rispondere alle esigenze di business. Tutto ciò, evidenzia sempre di più un ruolo dell’IT improntato alla traduzione in “informatichese” delle esigenze di business a beneficio dell’outsourcer, per gestirlo meglio e ottimizzarne i tempi di risposta e i costi».

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FIERA MILANO
POTENZA DI CALCOLO
E CONNETTIVITÀ ON DEMAND

Per Ettore Galasso «le fiere sono eventi dove la fisicità e la relazione interpersonale rappresentano un tratto distintivo. I padiglioni, gli stand, la gente che si incontra sono la parte evidente di un lungo processo di organizzazione che sta a monte, le cui fasi sono supportate da sistemi informatici. Cito, per fare qualche esempio, il CRM per le attività di vendita sugli espositori, il customer database utilizzato per le attività di marketing e comunicazione indirizzate ai visitatori, i sistemi di “match making” per favorire l’incontro tra domanda e offerta in manifestazione, i sistemi di tracciatura delle visite agli stand degli espositori, le app di manifestazione per fornire informazioni in mobilità ai visitatori; infine, gli strumenti per il follow-up, post manifestazione e per l’analisi dei dati e dei comportamenti. Fiera Milano (www.fieramilano.it) dispone di una infrastruttura ripartita tra sistemi gestionali interni e sistemi a supporto del business. Per quest’ultimi – operando in un settore di nicchia che in molti casi non ha la possibilità di accedere a package standard – sviluppiamo molte soluzioni personalizzate, in house (per le applicazioni core) o in collaborazione con le terze parti. Dal punto di vista infrastrutturale, adottiamo da sempre un modello di outsourcing, con due diversi provider per i sistemi gestionali e business. In particolare, per l’infrastruttura a supporto delle applicazioni business, abbiamo cercato la possibilità di una maggiore flessibilità nell’approvvigionamento della infrastruttura, perché abbiamo una elevata stagionalità della richiesta di risorse e – sicuramente per noi – la capacità di approvvigionare on demand la potenza di calcolo e la connettività Internet sarebbe la risposta ideale. Finora non siamo riusciti ad arrivare a una soluzione veramente flessibile. L’obiettivo è raggiunto per quanto riguarda la banda, ma per la potenza di calcolo i tempi di risposta non sono ancora istantanei e a mio parere questo è un limite generale nell’offerta attuale dei fornitori. 

Dal punto di vista del cloud, utilizziamo servizi in SaaS fin dal 2005: abbiamo iniziato con Salesforce, poi sostituito da un sistema CRM verticale per le fiere. Oggi, le piattaforme di mail-marketing e di adv-serving sono in SaaS.

Dal punto di vista delle risorse umane e delle loro competenze, le figure interne che fanno demand e project management rappresentano ruoli chiave per il successo. Fiera Milano fa molto ricorso all’outsourcing. Con il diffondersi delle soluzioni in cloud penso che sarà necessario sviluppare competenze sui risvolti contrattuali e regolamentari dei servizi».

 

GIGROUP
PROFILI SPECIALIZZATI
BOOM DI DOMANDA

Secondo Luigi Zamboni «Gi Group (www.gigroup.it) è una realtà italiana, nata 13 anni fa, con l’apertura del mercato italiano alle forme contrattuali lavorative interinali e temporanee. Oggi, abbiamo filiali in venticinque nazioni e abbiamo arricchito il portafoglio di offerta con una serie di servizi professionali in ambito “Servizi professionali per le Risorse Umane”, gli obiettivi sono molto ambiziosi in termini di crescita e il gruppo continuerà ad espandersi a livello geografico.

Cinque anni fa, la visione fu quella di creare una sorta di struttura di self service e multiservizio, a supporto di applicativi variegati e diversi a causa delle profonde differenze normative nell’ambito del payroll dei vari Paesi. Da tre anni, abbiamo una infrastruttura che usa prodotti di virtualizzazione con una architettura adeguata, che si articola parte in housing, presso un service provider e una parte ospitata nel data center della sede centrale. Quest’ultima scelta è legata alla forte esposizione dei nostri dati in termini di privacy e la conseguente necessità di escludere a priori soluzioni in cui la localizzazione fisica delle informazioni fosse incerta. In questo momento, stiamo per concludere un pilot per validare una suite di applicativi integrati che servirà tutte le filiali a livello mondiale, un sistema di recruitment che integra un motore semantico per estrarre le informazioni dai curriculum vitae. Ebbene, sono i fornitori stessi, a volte, a confermare che è improprio parlare di cloud per un sistema che non è stato progettato per l’architettura cloud e che tra l’altro non dispone di una user interface nativa web. Per contro, se guardiamo per esempio a soluzioni come Google Apps, parliamo di applicativi specificamente progettati per funzionare in cloud. Purtroppo, con un patrimonio applicativo come il nostro, con codice che può avere parecchi anni di vita, non sempre è ragionevole (ma spesso è addirittura anti-economico) pensare di adattarlo completamente alle nuove architetture. Credo che nei prossimi anni, ci saranno carenze di skill specializzati nella gestione dei contratti per servizi cloud, in particolare per la definizione e monitoraggio degli SLA. Anche sul fronte compliance e security credo che la domanda di profili specializzati supererà ampiamente l’offerta. Un’altra sfida che vedo non è tanto legata al cloud, ma alla consumerizzazione. Anche per questo serviranno competenze che oggi non ci sono. Ad esempio, i laureati in informatica sentono sempre più spesso parlare di virtualizzazione, ma manca una visione condivisa e approfondita, una definizione corretta delle diverse tecnologie. Molte iniziative sono lasciate all’interesse e alla cultura personale dei giovani ingegneri del software e non strutturate e formalizzate nel modo giusto nei programmi di studio».

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SASOL
NUOVE ESIGENZE
NUOVO APPROCCIO

Per Rolando Lolli «più che visione strategica sul “cloud” si è preferito guardare ai mercati più critici per valutare come questi, implementando nuove tecnologie, fossero in grado di mantenere elevati livelli qualitativi. Solo dopo aver preso visione di questo si è proceduto allo sviluppo di progetti interni.

Sasol (www.sasolitaly.it) ha seguito un approccio esplorativo abilitato e motivato dal contesto in cui opera. La società opera nella produzione petrolchimica dove l’efficienza di processo, l’attenzione ai costi e all’innovazione sono fra i driver principali per ogni nuova esigenza. Cinque anni fa, è stato avviato un percorso di virtualizzazione delle infrastrutture partendo da un principio chiave: le competenze non si inventano e non possono nascere sull’onda di quello che si fa al momento, ma sulla base di esperienze e skill presenti – e in modo specifico – per la virtualizzazione, in materia di sistemi, sicurezza e networking. Sono necessarie conoscenze in grado di garantire una gestione a 360 gradi dell’infrastruttura virtuale, abilitante e a valore per ogni nuova richiesta e opportunità, evitando il rischio di trattare “il nuovo” con gli stessi principi del passato. Solo dopo, in un certo senso, abbiamo scoperto di avere creato una infrastruttura di tipo “cloud”, per quanto il nome possa essere facilmente “addomesticato” per le più disparate soluzioni. Oggi, abbiamo avviato una nuova fase concentrata sulla virtualizzazione dello storage, grazie a un progetto di disaster recovery e proprio in virtù dell’esperienza e dell’infrastruttura realizzata abbiamo potuto disegnare una soluzione interna che è risultata economica, agile e performante anche confrontata con soluzioni as a service offerte da diversi importanti player di mercato».

 

SISAL
BUSINESS E SICUREZZA
L’ICT SU MISURA

Secondo Maurizio Dell’Oca, «in Sisal (www.sisal.it), l’ICT coincide con il business, giochi e scommesse sono fatti con l’informatica, con all’interno due anime applicative: una quella tradizionale, ERP, logistica, pianificazione e BI. Accanto a questa, i business system, le infrastrutture e sistemi che erogano i servizi di gioco, dal superenalotto alle slot machine. Su questi ultimi, la scelta fatta anni fa riguarda sistemi sviluppati e gestiti internamente per favorire il vantaggio competitivo. In seguito, man mano che nuovi giochi venivano normati e introdotti nel mercato, anche i nostri modelli si sono orientati su piattaforme di erogazione di terze parti, aziende estere che da anni operano in settori specifici per quei prodotti e per i quali abbiamo una politica non di insourcing, bensì di integrazione. Mi sento critico nei confronti del termine “cloud”, in cui si mescolano – a mio parere – aspetti che esistevano 15 anni fa e tecnologie emerse recentemente. Se per cloud intendiamo un uso di infrastrutture non proprietarie per il delivery di servizi e prodotti, lo facciamo anche noi, per esempio con la piattaforma di erogazione del poker online. Non ci siamo ancora avventurati su modelli di public cloud più spinti, soprattutto per questioni di sicurezza e per una normativa che ci impone di usare infrastrutture basate nell’Unione europea. Abbiamo intrapreso un discorso di private cloud nel settore dei dati, dotandoci di infrastrutture di storage molto avanzate, mentre anche per quanto riguarda la connettività abbiamo contratti che ci consentono di utilizzare banda aggiuntiva, senza particolare preavviso, in base alle necessità della situazione. Ragioniamo anche su una estensione del private cloud a infrastrutture non residenti all’interno e su un progetto SaaS, in grado di coinvolgere il nostro sistema ERP, ma si tratta di formule che – se in nazioni, come la Germania stanno prendendo piede – in Italia continuano a essere poco disponibili.

Nella parte applicativa tradizionale di ERP, il passaggio da sistemi ritagliati su misura a piattaforme enterprise ha comportato un salto di qualità del personale interno, con nuove competenze di livello medio alto. Nella nostra veste di concessionari di Stato, siamo soggetti a normative di vigilanza stringenti. Per questo, dall’anno prossimo costituiremo una direzione di sicurezza affidata a un chief security officer che avrà responsabilità sulla sicurezza informatica e fisica e sulla privacy».