Consumer in azienda? Cadono le barriere

La svolta dell’IT non sta arrivando dai marchi consolidati del settore, ma da quelli che meglio stanno interpretando la convergenza tra mondo enterprise e consumer. Il risultato è una trasformazione anche per una serie di settori all’insegna delle connessioni smart. Per le aziende utenti e per i produttori è tempo di scelte: puntare sul risparmio o sui nuovi business?

 

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Sandro Frigerio, ObserverSe ai primi del Novecento vi avessero detto che il futuro del trasporto sarebbe stato pieno di carrozze con la stufa o con contenitori con il ghiaccio per migliorare il comfort, forse ci avreste creduto, ma qualcun altro avrebbe fatto notare che i grandi tunnel ferroviari europei erano già stati scavati e che incominciava a circolare l’automobile (“wagen” per i tedeschi, lo stesso termine usato per il più tradizionale carro). Qualcosa di simile sta avvenendo oggi e – considerata la fine dei produttori di carrozze – i cambiamenti promettono di non essere secondari. La domanda se i prossimi dieci anni dell’IT saranno una “revisione” di quanto visto sino ad oggi o una reale dipartita rispetto alle tradizionali regole del gioco è ancora in cerca di una risposta presso i produttori così come presso le aziende utenti. Queste, tra l’altro, devono capire se indirizzare i progressi tecnologici per tradurli in risparmi (come, gira e rigira, si cerca di fare anche con il cloud e come conferma una recente indagine su 722 CIO mondiali, in maggioranza preoccupati per le “operations”) o in nuove opportunità da individuare. La partita si chiama “convergenza” e, di conseguenza, coinvolge nuovi player.

Anche i tradizionali “market watcher” hanno il loro sudore da spremere. Cinque anni fa, chi avrebbe detto che un gadget chiamato tablet avrebbe finito con il superare le vendite dei pc, come pare avverrà per la fine di quest’anno, mentre i netbook, l’oggetto più “cool” del momento, sarebbero semplicemente spariti? Ce n’è per tutti. Sfere di cristallo autorevoli come quella di Gartner, nel 2012 e nel 2013 avevano iniziato l’anno con gli occhiali rosa, prevedendo crescite del mercato ICT rispettivamente del 3,7 e del 4,2%, per ridimensionare le stime dodici mesi dopo all’1,2 e allo 0,4%, a causa anche del calo dei ricavi dei carrier, classico caso in cui le quantità salgono e i prezzi scendono.

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Il sorpasso dei nuovi player – La prima regola che questi anni hanno insegnato è che è bene guardare agli aspetti qualitativi più che a quelli quantitativi. E l’aspetto più rilevante, favorito da “enabler” come la mobilità e la banda larga, si chiama consumerizzazione dell’IT. Il CES di Las Vegas quest’anno ha dato l’ulteriore conferma che l’innovazione si concentra soprattutto nelle nuove forme di user experience. I marchi vincenti nei “device” di questi anni, Apple e Samsung, sono l’esempio di questo trend. I grandi nomi che hanno “fatto” l’informatica del quarto di secolo precedente, se non sono spariti, sono alla ricerca di nuove strade di crescita. In molti casi, ci troviamo davanti alla classica “risposta alla ricerca di una domanda”, perché è ancora da dimostrare a che servano degli “smart watch” nati solo perché “phablet” e maxi smartphone non stanno più nelle tasche, o TV dallo schermo curvo trent’anni dopo che ci avevano illustrato le meraviglie del Trinitron dallo schermo diritto come un fuso. La tendenza – però – è segnata. Nel 2013, l’indice tecnologico Nasdaq ha riportato un +35% e nel corso dell’anno, aziende più tradizionalmente anticicliche e focalizzate sul mondo enterprise come EMC e IBM hanno riportato performance borsistiche tra lo zero e il -5%. La prima non ha potuto nell’ultimo anno far leva sul volo della consociata VMware – in leggera flessione a Wall Street – che negli anni precedenti aveva fatto miracoli, stabilendo gli standard della virtualizzazione. La seconda vede l’hardware calare sempre più e anche i servizi sono sotto pressione: tra cloud e virtualizzazione, le aziende hanno imparato a risparmiare sull’acquisto di server e storage, soprattutto in tempi di compressione dei budget. Performance sotto la media anche per SAP e Oracle, i “mostri” dell’enterprise software, il cui titolo è fiaccamente oscillato di qualche punto attorno allo zero. A parte Apple, Google o Facebook, è andata meglio ad aziende con un mix – enterprise e consumer – più equilibrato, come HP (ok, ha avuto buon gioco a rifarsi di un anno infausto come il 2012, ma ha dato segnali concreti di ripresa) o come Microsoft (+30%), che ha indicato la volontà di cambiare il menù degli ultimi 10 anni, puntando su devices e possibilmente anche servizi in cloud.

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Il software dà il segno alle piattaforme Per capire la portata della sfida consumer è utile guardare anche alle ultime acquisizioni di IBM. Se nel decennio scorso, l’azienda si è disfatta dei pc (e dei 10mila addetti della sua divisione) e più recentemente ha considerato se ripetere l’operazione per i server “industry standard”, nella parte finale del 2013, Big Blue si è data alla shopping puntando su mobilità e big data. Dopo un terzo trimestre deludente e durante un quarto trimestre che ha confermato il calo nei ricavi (-5,5%), soprattutto nel poco profittevole hardware (-25% e la cessione dei server a Lenovo torna nelle possibilità), a ottobre sono state acquistate la canadese The Now Factory e Xtify: la prima è specializzata in big data analytics per le reti mobili, la seconda nella messaggistica mobile. A novembre, è stata la volta di Fiberlink, che fornisce soluzioni per l’enterprise mobility management, a dicembre quella di Aspera, leader nel trasferimento dati. Operazioni di questo tipo avvengono mentre nelle aziende cresce la tendenza al BYOD, all’uso dei dispositivi personali. Quattro anni fa, il tablet non era ancora arrivato e lo smartphone per antonomasia nelle aziende era quello della canadese Rim/BlackBerry, che in borsa valeva 80 dollari ad azione. Ora ne vale 10 e, non essendo riuscita a trovare un acquirente, deve lottare per la propria sopravvivenza. Oggi, è vincente l’idea che a qualificare un dispositivo non sia tanto la sua piattaforma hardware quanto il pacchetto di software ed eventualmente di servizi su cui questa può contare. Traduzione: anche in azienda non serve un BlackBerry, se hai le app giuste. I grandi fornitori tradizionali dell’IT sono per questo più in difficoltà e a fare tendenza, anche in Borsa, sono i marchi più freschi, legati al mondo consumer e più in grado di dettare una sinergia che troverà il prossimo palcoscenico con ogni probabilità nell’Internet of Things.

L’Internet delle Cose – Negli ultimi dieci anni, l’idea dominante è stata quella di una convergenza nel salotto di casa, ma quel che non ha fatto Microsoft con il Media Center che Bill Gates presentava a Las Vegas nel gennaio del 2004, hanno fatto Samsung e altri produttori asiatici che promettono di collegare smartphone e frigoriferi, passando per TV e climatizzatori. Il tutto, senza dimenticare un altro fronte, che a giudicare dalle novità più recenti, promette di passare rapidamente dallo stato di sogno nel cassetto a quello di realtà di mercato: quello dell’auto interconnessa (altro tema dell’edizione 2014 del CES).

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La domanda è naturalmente chi tirerà le fila di questo nuovo scenario. I grandi numeri dell’Internet delle Cose, che Cisco stima in 14 miliardi di oggetti interconnessi nel 2014 e in 50 nel 2020, saranno in larga misura “intercettati” quanto a gestione dei dati da altrettanto grandi sistemi nel cloud. Che si tratti dei backup dei computer di casa o del trasferimento delle immagini da fotocamere smart, “dietro” vi saranno comunque grandi data center. Il mondo interconnesso sta facendo rapidi passi in avanti: nell’ultimo anno, in decine di migliaia di palazzi italiani – per esempio – sono entrati in funzione sistemi di telemisurazione del riscaldamento (Google si è già mossa, con un’acquisizione da 3 miliardi di dollari). Alle auto dotate di “black box” sono promessi sconti assicurativi. In futuro, tecnologie sempre più economiche permetteranno di inserire chip nei sacchi della spazzatura per misurare il consumo. Le grandi partite dell’IT non saranno più o non solo attorno a sistemi gestionali sempre più complessi che si integreranno con il CRM per conoscere gli orientamenti dei clienti e con il big data per orientare marketing e produzione. Saranno una sfida che coinvolgerà diversi settori in un confronto che diverrà geo-economico. Reti e app hanno già modificato l’industria dei televisori. Qualcosa di simile promette di avvenire in altri comparti, dall’auto agli elettrodomestici e alle smart cities. Come ogni nuova trasformazione tecnologica, nuovi equilibri si stanno creando e – per inciso – sapere se per l’Europa questa sarà una buona o una cattiva notizia non è del tutto marginale.