Neo-geography

Una delle conseguenze impreviste della grande diffusione delle tecnologie geospatial è l’elevata produzione e diffusione di dati geografici sul web. Stiamo “mappando” troppo?

 

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Giovanni Maria Casserà amministratore delegato di GESP - Sistemi Informativi GeograficiCuriosando sui vari siti e forum di settore che sono solito frequentare (il settore, naturalmente, è quello dei GIS e delle applicazioni geospatial) mi sono imbattuto in diverse discussioni sul tema della attendibilità e della fruibilità dei dati geografici che si trovano in rete. Lo sapevate che solo su Google ogni giorno vengono fatte circa 1 miliardo di ricerche? E che – stando alle stime – almeno un terzo di queste ricerche ha un contenuto geografico? Stiamo parlando di circa 300 milioni di persone che ogni giorno cercano, consultano, modificano e/o pubblicano sul web una qualche informazione geo-riferita. La realizzazione di mappe e di carte geografiche è diventata, negli ultimi anni, una attività molto popolare.

Cresce sempre di più il numero di persone che in tutto il mondo si stanno appassionando – pur non avendone alcuna competenza tecnica o scientifica – alla realizzazione e condivisione di mappe online o comunque alla produzione di contenuti informativi georeferenziati.

La diffusione di strumenti che semplificano le modalità di produzione dell’informazione geografica, unitamente all’abbassamento del costo dei dispositivi GPS e alla massiccia diffusione degli smartphone, sta producendo una vera e propria “rivoluzione culturale” nel mondo della cartografia.

Nuove mappe geografiche 

Il “geo-tagging” dei luoghi, l’accesso libero alle tecniche di geo-referenziazione, la disponibilità di facili strumenti di integrazione e condivisione delle informazioni sul web, stanno dando vita a un nuovo modo di intendere la geografia.

Alcuni sociologi hanno coniato, a riguardo, il termine “Neo-geografia”, proprio a indicare l’utilizzo e la produzione di massa – libera, partecipata e ad opera di un pubblico di non specialisti – di mappe digitali e di contenuti informativi georeferenziati. 

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Non più quindi la vecchia geografia finalizzata alla rappresentazione di dati secondo principi di accuratezza e precisione scientifica, ma una nuova disciplina – la “neo-geografia” appunto – che consente a chiunque – senza saper nulla di proiezioni geodetiche, coordinate, scale di rappresentazione, metadati geografici, e altro ancora – di allestire e condividere una propria mappa sul web. L’approccio collaborativo tipico del web, inoltre, incentiva chiunque a improvvisarsi cartografo contribuendo alla raccolta di geodatabase.

Esistono intere categorie di persone (appassionati della corsa, camperisti, bikers, amanti della montagna…) che passano buona parte del loro tempo libero a mappare e condividere itinerari, punti di interesse, luoghi ecc con altri membri della loro community.

Viene spontaneo quindi domandarsi che genere di impatto può avere tutto questo – ammesso che ne abbia – sul mondo dei cosiddetti GIS, ossia delle applicazioni “professionali” di informatica geospaziale.

Doers, users e Viewers 

Quando, 20 anni fa, la mia azienda iniziò a occuparsi in via specialistica ed esclusiva di applicazioni GIS, il mondo – per quanto concerneva almeno il modo di rapportarsi all’informazione geografica – era cosituito da una piramide suddivisa in tre grandi categorie ben distinte di persone.

In cima alla piramide c’erano i “doers”: un ristretto numero di esperti e cartografi, deputati a utilizzare strumenti professionali di informatica geografica per allestire l’informazione geografica. Costoro utilizzavano tecniche e strumenti di grande precisione e accuratezza per produrre i dati geografici di interesse. Poi, c’erano gli “users”: erano quelli che utilizzavano le informazioni cartografiche prodotte dai primi. Questo secondo gruppo di persone aveva accesso a un certo numero di funzionalità per poter consultare e in qualche modo integrare le informazioni di cui sopra con altri database in modo tale da poter utilizzare i dati geografici ai loro fini. Infine, alla base della piramide, c’era il gruppo di utenti più numeroso, i cosidetti  “viewers”, che rappresentavano la grande massa degli utenti e che avevano a loro disposizione semplici strumenti di visualizzazione cartografica.

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Le cose cambiano 

Il progressivo venire meno di confini netti fra i ruoli tradizionali di “produttori”, “utilizzatori” e semplici “consumatori” dell’informazione geografica potrebbe non essere un fatto positivo e potrebbe immettere sul mercato (sulla rete) enormi quantità di dati geografici che, non essendo in qualche modo validati, non sono atti a essere inseriti all’interno di un Sistema Informativo Geografico propriamente detto.

A questo riguardo, nell’economia di un sistema informativo, se un dato non serve, non solo é inutile ma è potenzialmente dannoso. Inoltre, lo sviluppo degli ultimi decenni nel settore dei GIS è stato reso possibile proprio grazie allo sforzo di definizione e alla faticosa diffusione di standard molto rigidi per consentire l’interoperabilità dei dati geografici fra applicazioni e piattaforme software differenti. 

La direttiva INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe), per esempio, impone l’adozione di standard e formalismi molto precisi per la descrizione delle modalità di raccolta, costruzione, trasformazione e utilizzo dei dati geografici prodotti nei vari paesi dell’Unione, in modo tale da consentirne la libera circolazione e la fruibilità fra piattaforme e sistemi software differenti.

Dibattito aperto

Da una parte, gli addetti ai lavori sostengono che la sovra-produzione di dati geografici sul web rischia di rappresentare un pericoloso imbarbarimento delle buone pratiche. Dall’altra parte, i “neo-geographers”, producono e condividono mappe personalizzate combinando, con tecniche anarchiche di mash-up, dati provenienti dalle fonti più disparate. Personalmente mi limito a osservare che, analogamente a quanto avviene da sempre in altri settori, una cosa non esclude l’altra.

Se è vero, per esempio, che esiste un pubblico appassionato di bricolage e che esistono intere catene di distribuzione di prodotti per il fai-da-te, è pur vero che chi ha l’esigenza di dover ristrutturare il proprio appartamento, generalmente tende a rivolgersi a una qualche ditta specializzata in grado di garantire un risultato professionale e affidabile.

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D’altronde a chi verrebbe mai in mente, nella progettazione del percorso di una condotta di trasporto dell’energia o dell’acqua, di basarsi su dati cartografici o planimetrici imprecisi o di dubbia provenienza?

Certo, l’integrazione nelle mie app di navigazione turistica di dati non attendibili potrebbe espormi a qualche disagio, magari perché la mappa che ho scaricato online non è aggiornata. Non mi sembra, però, che questo di per sé possa rappresentare un danno concreto per l’industria dell’ICT o per le discipline geografiche, né credo che l’avvento di questa “nuova geografia” possa realmente mettere a repentaglio la produzione cartografica, secondo criteri scientificamente affidabili.

Niente di nuovo 

Alla fine, comunque, non c’è niente di nuovo sotto il sole, neanche la “neo-geografia”. Sentite cosa scriveva, nel 1940 circa, lo scrittore argentino Jorge Luis Borges in una sua novella fantastica: “In quell’impero, l’arte della Cartografia raggiunse tale diffusione che la mappa d’una sola provincia occupava tutta una città, e la mappa dell’Impero, tutta una provincia. Non ancora soddisfatti, i Collegi dei Cartografi eressero una nuova mappa che uguagliava in grandezza l’Impero e coincideva puntualmente con esso.

Le generazioni successive, meno dedite allo studio della cartografia, compresero che quella vasta mappa era inutile e la abbandonarono alle inclemenze del sole e degli inverni.

Nei deserti dell’Ovest rimangono lacere rovine della mappa, abitate da animali e mendichi; in tutto il paese non vi è altra reliquia delle discipline geografiche”.

 

Giovanni Maria Casserà, amministratore delegato di GESP – Sistemi Informativi Geografici