Un cloud per la robotica

Che ne è stato dei vecchi cari robot dalle fattezze umane che avrebbero dovuto servirci il pranzo con i loro movimenti impacciati e il procedere traballante? Non sono mai spariti: con mille forme diverse sono intorno a noi e hanno molto da insegnarci. Robot per la produzione e la logistica. Robot che tagliano l’erba e robot trasportatori. Robot per la sicurezza e la diagnostica. Robot per la progettazione e per gli usi domestici. Stiamo passando dall’era del personal computing a quella della personal robotics?

 

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Un cloud per la roboticaLa robotica personale o di servizio è destinata a essere “The Next Big Thing After Mobile”. Nella prospettiva imminente di vedere la grande industria delle automobili e dei computer superata da quella dei robot – il settore dell’intelligenza artificiale applicata all’automazione avanzata cresce sempre di più. 

Non tutti sanno che l’Italia è il secondo integratore di robotica in Europa. I poli italiani della robotica (Torino, Milano, Genova, Padova, Pisa, Catania, Napoli) hanno raggiunto livelli di grande eccellenza. L’Italia è entrata ufficialmente nel club europeo dei droni. I ministri della Difesa di Italia, Francia, Germania, Grecia, Spagna, Olanda e Polonia hanno firmato a Bruxelles un protocollo d’intesa per cooperare nella produzione di aerei da guerra senza pilota. E proprio un italiano, Arturo Baroncelli, manager di Comau Robotics (www.comau.com), è stato nominato nuovo presidente dell’International Federation of Robotics (IFR). Per la Commissione europea, bisogna rafforzare la presenza delle imprese europee nel mercato della robotica che vale, complessivamente, 15,5 miliardi di euro all’anno. Le più importanti istituzioni internazionali per la promozione e lo sviluppo della robotica concordano sulla futura crescita del mercato globale. Se da un lato i robot distruggono posti di lavoro, dall’altro a giudizio della Commissione, la robotica è un traino essenziale per la crescita e la competitività europea e mondiale: grazie all’impiego di un milione di robot industriali è stato possibile creare o mantenere tre milioni di posti di lavoro a livello mondiale.

Circa un quarto della produzione complessiva della robotica industriale è generata in Europa e le imprese del Vecchio continente detengono una quota di mercato del 50% nella robotica dei servizi professionali.

Entro il 2020, secondo Bruxelles, la robotica dei servizi potrebbe raggiungere un volume di mercato superiore ai 100 miliardi di euro all’anno. Un forte investimento nella ricerca sulla robotica significherebbe uno sviluppo delle competenze in molti altri settori fondamentali dell’economia – come l’automotive, l’ICT, la logistica, l’aerospazio – rispetto ai quali la robotica è assolutamente trasversale.

 

Cloud Robotics

Nel corso di pochi decenni, collaboreremo con un nuovo tipo di macchine automatiche. Il cloud computing permette la convergenza di scenari tecnologici e di servizio differenti. Lo stesso Jeff Bezos, CEO di Amazon.com ha annunciato il servizio di consegna pacchi attraverso droni comandati a distanza (Prime Air), che nel giro di un paio di anni permetterà – forse – di inviare pacchetti dal peso non superiore ai 2,3 chilogrammi (l’86% di quelli spediti dall’azienda), in meno di trenta minuti, a clienti che si trovino nel raggio di 16 chilometri dal magazzino di smistamento. Si tratta di un’idea sottoposta a molti vincoli sia per ragioni di privacy (a maggior ragione in Europa) sia perché l’azienda di Seattle dovrà ricevere il via libera dall’agenzia americana che sovrintende l’aviazione civile negli Stati Uniti. In tutti i casi, l’iniziativa di Amazon dimostra che lo sfruttamento dei robot di servizio per fini commerciali sarà uno dei temi caldi nei prossimi anni. Il cervello elettronico on cloud, per gli aggiornamenti software in automatico è una realtà che – però – espone i robot industriali e i robot di servizo alla minaccia di malware e “taroccamenti” al pari di qualsiasi altro sistema. I robot potranno collegarsi in modalità wireless a una memoria centrale in cloud computing, per svolgere determinate funzioni, ricevere assistenza e addirittura autoprogrammarsi interagendo con l’ambiente circostante. Combinando capacità di elaborazione su modelli smart grid on cloud, insieme a strumenti avanzati di controllo della forza, soluzioni 2D e di visione 3D, i robot potranno essere indipendenti e prendere decisioni in maniera autonoma.

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Il settore della cloud robotics in Italia è al momento spinto da un progetto di ricerca voluto e finanziato da Telecom Italia (www.telecomitalia.it), che coinvolge il CNR-IEIIT di Genova, lo IAS-Lab dell’Università di Padova e il DAUIN del Politecnico di Torino. Cloud robotics significa la possibilità di connettere e far comunicare piattaforme robotiche totalmente diverse fra loro attraverso la rete. In questo modo, robot diversi in luoghi lontani fra loro potranno condividere esperienze e informazioni. Il progetto italiano ha l’ambizione di portare avanti il cloud robotics come avviene in USA grazie a Willow Garage e a Google.

 

Sfide e opportunità

Lo sviluppo dei mercati di consumo richiede l’espansione delle capacità produttive. La diminuzione del ciclo di vita dei prodotti e la loro crescente varietà richiedono sistemi di automazione sempre più flessibili. I miglioramenti tecnici dei robot industriali guideranno anche l’introduzione di robot nell’industria generale e nelle imprese di piccole e medie dimensioni per applicazioni semplici in collaborazione con lavoratori umani. È sempre difficile guardare al futuro e fare previsioni, ma se una cosa è certa è che i robot saranno parte integrante dell’economia e delle nostre vite personali. Per esempio, i manager del futuro dovranno gestire le operazioni di intere classi di robot, per i servizi e la logistica ovunque si trovino tramite una connessione Internet per semplificare tutte le fasi di interazione (progettazione, vendita, installazione, messa in servizio, funzionamento, sorveglianza e servizio). Nel 2013, le vendite di robot globali sono aumentate secondo le previsioni dell’IFR del 2%, mentre il numero totale di robot di servizio professionali nello stesso periodo è cresciuto a un ritmo inferiore, se si confronta il balzo del 20% realizzato nel 2012 rispetto all’anno precedente. Sempre secondo le stime dell’IFR, nei prossimi tre anni saranno istallati circa 100mila nuovi robot di servizio per uso professionale, circa 22 milioni di robot di servizio per uso personale, 15,5 milioni di service robot per le attività domestiche (pulizia, rasatura del prato, pulitura di vetri e altri tipi) e circa 3 milioni di robot per l’istruzione e la ricerca. I robot di servizio sono destinati ad accompagnare gli esseri umani nella vita di tutti i giorni e potranno essere usati anche come compagni di giochi per i bambini e di vita per gli anziani, come i robot umanoidi e zoomorfi che si stanno diffondendo in Giappone. «Così come oggi non si fa quasi più caso alla presenza di un personal computer nelle abitazioni – avverte Bruno Siciliano, professore di Automatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II – la tecnologia robotica diventerà sempre più pervasiva». Ma i robot non sono solo intorno a noi, sono anche dentro di noi come i piccoli robot teleguidati dal medico che navigano nelle cavità del nostro corpo trasmettendo immagini all’esterno per eseguire biopsie, il rilascio di farmaci o l’asportazione di formazioni neoplastiche.

 

Piccoli robot crescono

Per Marco Gaspardone, project manager in Telecom Italia per l’innovazione Research & Prototyping, il dato più interessante è che la robotica si sta aprendo verso la rete. I robot che ci puliscono la piscina o che ci tagliano l’erba del prato sono già esempi di robot di servizio funzionanti e il loro software può essere pensato per una classe intera di macchine e quindi gestito in una prospettiva cloud.

Anche per Zucchetti Centrosistemi (www.centrosistemi.it) il modello cloud è fondamentale per la gestione degli aggiornamenti del loro prodotto di punta della divisione robotica, ossia il rasaerba automatizzato Ambrogio. La divisione Robotica della società, che da sola rappresenta il 73% del fatturato, progetta, produce e commercializza robot di varie tipologie, dai tagliaerba automatici alle mangiatoie robotizzate per animali. Le applicazioni industriali diventano commodity per lo sviluppo della robotica di servizio e il cloud si traduce in una maggiore autonomia gestionale. «I vantaggi – dice Fabrizio Bernini, presidente di Zucchetti Centrosistemi – sono anche per l’utilizzatore finale del prodotto, grazie alla disponibilità di app in grado di collegarsi al robot per la guida, l’aggiornamento del software e la configurazione delle impostazioni, senza ricorrere all’installatore». Ma i robot saranno in grado di inventarsi da soli? «Alla base dell’intelligenza dei robot ci sarà sempre la creatività dell’uomo» – risponde Fabrizio Bernini. «La tecnologia non si inventa da sola e non si autoalimenta. Le idee alla base del rasaerba Ambrogio, della mangiatoia automatica per cavalli “Groom”, del nuovissimo robot pulisci piscina – che stiamo per lanciare sul mercato – dei sistemi automatici per la gestione delle lavanderie e di tanti altri robot che abbiamo inventato, sono nate perché abbiamo pensato di realizzare prodotti in grado di risolvere in modo nuovo esigenze comuni come tagliare l’erba, dare da mangiare agli animali, pulire le piscine o gestire il lavaggio degli abiti del personale di un hotel con più di quattromila dipendenti come il Venetian di Las Vegas. Il cloud è una modalità che aiuta a lavorare meglio, che migliora le attività di manutenzione, aggiornamento e assistenza, ma che non potrà mai sostituire il valore dell’apporto umano».

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I robot diventano personal

I robot saranno i veri protagonisti della nascente Internet delle Cose. L’interesse di Telecom Italia nella robotica di servizio è motivato dalla convinzione che la robotica sia sul punto di effettuare quel salto di qualità che la porterà a entrare nella nostra quotidianità come è avvenuto con i computer, che ormai permeano ogni aspetto della nostra vita: da quello lavorativo, a quello del gioco e dell’intrattenimento, fino alla nostra vita sociale. Il ROS (Robotic Operating System) è uno dei più promettenti framework open source di programmazione del momento. Il Robot Operating System può esser distribuito su piattaforme hardware differenti, aprendo questo settore alla forza e alla potenzialità degli sviluppatori. Il ROS fornisce non solo le librerie e gli strumenti per aiutare gli sviluppatori di software a creare applicazioni robotiche, ma anche la struttura hardware, i driver di periferica, le biblioteche, i visualizzatori, la gestione dei pacchetti e molto altro ancora. Un semplice aspirapolvere dotato di telecamera potrebbe diventare un sistema domestico di controllo ambientale. Telecom Italia è impegnata da tempo in progetti che hanno l’obiettivo di avvicinare sia il mondo della ricerca e quello dell’industria (con una joint venture con la Scuola Superiore Sant’Anna – www.sssup.it) sia di facilitare il rapporto tra didattica e formazione (con la Scuola di Robotica di Genova – www.scuoladirobotica.it).

 

Robot più intelligenti

I robot saranno più intelligenti grazie al cloud? «Se parliamo di “intelligenza” intesa come capacità di eseguire elaborazioni e prendere decisioni complesse basandosi su quantità di dati raccolti in real time – spiega Marco Gaspardone (Telecom Italia) – certamente, la possibilità di sfruttare il cloud come base di calcolo permetterebbe ai robot di essere più capaci. I chip maker – però – non resteranno a guardare e realizzeranno processori in grado di svolgere le stesse funzioni in tempi più brevi direttamente a bordo dei robot. In questa competizione, la connettività tra i robot e il cloud sarà, in alcuni casi, l’ago della bilancia tra i due approcci. Banda mobile adeguata, tempi di latenza ridotti, affidabilità della rete: questo è il mix che permetterà al cloud di essere una valida estensione all’intelligenza dei robot».

L’importanza della rete di telecomunicazioni che unisce le persone impallidisce di fronte alle potenzialità della rete globale che potrebbe unire le “cose”. In questo contesto appare evidente il ruolo che possono giocare i robot nella comunicazione M2M. I robot “connessi” hanno la capacità di diventare tra le fonti principali di informazioni e funzionalità fornite dall’Internet delle Cose anche per l’evoluzione delle smart city. Nel prossimo futuro, non solo i robot ci aiuteranno nella gestione delle informazioni, ma i data center stessi saranno robotizzati. Un gruppo di ingegneri di EMC (italy.emc.com) sta lavorando al progetto di una piattaforma robotica a basso costo per monitorare i parametri ambientali in un data center.

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Nei data center sono numerose le attività nelle quali l’uomo può essere supportato da sistemi robotici. In questo campo, Telecom Italia, grazie al progetto di ricerca avviato da qualche anno a Torino sulla “Connected Robotics”, cerca proprio di trovare applicazioni di questa nuova famiglia di robot di servizio, partendo anche dalle necessità presenti nei propri edifici. «Sperimentazione – racconta Gaspardone – che si basa su robot per il monitoraggio di differenti aspetti nelle sale server, sempre connessi alla piattaforma di Cloud Robotics e che sono in grado di raccogliere informazioni attraverso sensori e di aggregarle con dati raccolti da altri sistemi già installati e di richiedere maggiori indagini prima di allertare gli operatori per un controllo umano».

 

Il luogo dove vivono i robot

Rapyuta (rapyuta.org) è la piattaforma PaaS (Platform as a Service) sviluppata nell’ambito del programma RoboEarth (www.roboearth.org). Un team di ricercatori di cinque diverse università europee ha realizzato la piattaforma cloud che consente ai robot di accedere a un vastissimo database e a potenti risorse di calcolo per migliorare il loro apprendimento e la loro attività. Il progetto nato nel 2011 e finanziato dall’Unione europea ha l’obiettivo di costruire una rete Internet dedicata esclusivamente alle macchine robotiche. Paragonata all’immaginaria rete di supercomputer SkyNet, la piattaforma Rapyuta – (ispirata dal nome che indica il luogo dove vivono i robot nel film di animazione giapponese “Laputa, Castello nel cielo” di Hayao Miyazaki) – rappresenta il punto di arrivo di un progetto precedente finalizzato a costruire una memoria centrale dislocata rispetto al corpo robotico per rendere possibile l’esecuzione di compiti complessi, senza bisogno di attività a bordo, riducendo in questo modo i costi di gestione e aumentando la versatilità delle macchine. Il principio è di trasferire il carico elaborativo dalle macchine alla nuvola informatica, costituendo un unico “cervello” online al quale ogni automa può collegarsi in modalità wireless per svolgere determinate funzioni, essere assistito nell’operatività o per risolvere in totale autonomia situazioni nuove, interagendo con l’ambiente circostante.

La gestione delle API

Ma se il cloud amplia i confini della robotica, quali sono i rischi da affrontare dal punto di vista della sicurezza informatica? Con la crescita esplosiva dei dispositivi interconnessi, siano essi robot, device generici o micro-controllori embedded in oggetti d’uso quotidiano, la sicurezza diventa sempre più un fattore di estrema importanza. Le API sono essenziali per i computer e i sistemi robotici come gli standard elettrici lo sono per una casa. «In un recente articolo – spiega Luca Rossetti, senior business technology architect di CA Technologies (www.ca.com/it) – il Wall Street Journal ha riportato come le “smart home” sono a rischio di hacking attraverso attacchi remoti in grado di abilitare e gestire le videocamere embedded nei televisori moderni. Non solo. Violando la sicurezza in maniera fraudolenta di una autovettura interconnessa, questa può essere accesa o aperta. Di pari passo, con i vantaggi offerti dall’interconnessione dei device d’uso quotidiano e dei robot industriali, assistiamo anche ai rischi derivanti da una mancata protezione di tutti gli asset coinvolti». L’Internet of Things è infatti accessibile via API, che sono il fondamento della nuova piattaforma aperta che consente la connettività fra tutti questi device. «Le API connettono e abilitano, arricchiscono l’esperienza mobile e di M2M, consentono ai dispositivi connessi a Internet di comunicare. Inoltre hanno permesso di costruire un “open space” dove esporre e condividere contenuti e dati tra le comunità, le applicazioni e i device. Tutte le organizzazioni che si stanno aprendo in tal senso devono pensare a una strategia che metta al centro la gestione e la sicurezza delle API, anche attraverso l’adozione di piattaforme standard che ne facilitino l’attivazione e la realizzazione».