Smartphone e autonomia: il segreto è il grafene

E’ tutta italiana la tecnologia che permetterà a smartphone e tablet di restare carichi più a lungo grazie alle capacità di conduzione del grafene

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L’Università di Trieste è l’istituto italiano che permetterà di considerare diversamente la natura delle batterie per i moderni dispositivi hi-tech. Grazie al lavoro di Alessandro Baraldi, docente di Fisica della materia e responsabile del Laboratorio di Scienze delle superfici del Centro elettra sincrotrone Trieste, sarà possibile utilizzare il grafene per migliorare non solo l’autonomia di cellulari e tablet ma anche per realizzare monitor più sottili, chip più potenti e ridurre il riscaldamento di computer tower e notebook, tutto grazie alle proprietà del materiale resistente come il diamante e flessibile come la plastica. Dall’era del silicio a quella del grafene. Così Baraldi ha sintetizzato i risultati del lavoro del proprio team e di quello di ricercatori del Cnr e provenienti dalla Spagna, Danimarca e Regno Unito. Proprio le capacità del grafene consentirebbero l’utilizzo in vari campi e per applicazioni differenti, un salto in avanti fondamentale per il nuovo corso della produzione di oggetti tecnologici.

Non bisogna surriscaldarsi

Non a caso il grafene è un “erede” del silicio. Entrambi sono eccellenti conduttori di corrente ma le nuove applicazioni permetteranno una dispersione del calore davvero ridotta. A differenza del silicio, che con l’elevato utilizzo tende a far riscaldare tutto il dispositivo, il grafene permette il passaggio di corrente “a temperatura ambiente”, un vantaggio non da poco se si vuole progredire verso strutture (sia desktop che mobili) sempre più potenti. Il lavoro del gruppo triestino ha permesso di combinare il grafene con l’ossido di alluminio, una tecnica che permette di utilizzare il materiale anche nei dispositivi elettronici (combinato quindi ad altri) senza un’alterazione della sua struttura primaria, evitando un declassamento delle sue proprietà. La prima applicazione potrebbe riguardare proprio batterie per device mobili più potenti ma ridotte in termini di dimensioni e prive di un riscaldamento eccessivo. Partendo dalle applicazioni di Andre Geim e di Kostantin Novoselov dell’Università di Manchester (entrambi Premi Nobel per la Fisica nel 2010) si può guardare al futuro del grafene in maniera decisamente più ottimista.

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